Rimuovere o non rimuovere? “Ignore” or “delete”? Questo è il problema. Benvenuti nel mondo dei pulitori dei social. Professione impiegatizia segretissima, ma identica e confondibile con qualsiasi altro lavoro da impiegato di banca davanti a un monitor. S’intitola Quello che i social non dicono – The Cleaners, è un documentario diretto da Hans Block e Moritz Riesewick, ed uscirà nelle sale italiane dal 14 al 17 aprile 2019. Sintetico, diretto, chiarissimo, il film fa parlare quelle persone ingaggiate da Google, Facebook&Co. che cancellano immagini, testi, video e audio che violano le norme del web. Nello specifico l’occhio dei due documentaristi cade su donne e uomini di un enorme ufficio di Manila, nella Filippine, da dove si mette mano radicalmente a molti contenuti che vengono postati da utenti di Europa e Stati Uniti.
“Senza di noi internet sarebbe un casino”, spiegano attenti, corrucciati e anche parecchio emozionati i protagonisti di questa rapida e densa inchiesta documentario su una delle pratiche dell’agire contemporaneo più invasive e presenti nella nostra quotidianità. Si parla di oltre 3 miliardi di utenti connessi ai social ogni giorno. E basta fare un paio di conti: se li si controlla facendoli apparire o scomparire dal web si governa una bella fetta di mondo. I cleaners parlano di rendere le “piattaforme più sane”, ma poi, ed è qui che il documentario di Block&Riesewick prende corpo, il rischio è impantanarsi tra la logica cancellazione per oggettiva gravità dei contenuti postati e la censura tout court. Sarà capitato anche a voi, diceva la canzone, ma gli esempi riportati da The Cleaners sono davvero paradigmatici. C’è quello dell’artista americana che ha dipinto un Trump nudo e con un piccolissimo pene, lanciando l’immagine su Facebook, registrando 50 milioni di condivisioni in tre giorni, e ricevendo la mannaia del “delete”.
C’è il cittadino turco anti Erdogan che calcola la quantità immensa di post e foto cancellate dai suoi account social, sottolineando che le grandi aziende del web fanno accordi con singoli stati, o magari addirittura esclusivamente con singoli governanti. C’è anche la riflessione sull’ipotesi che secondo i canoni attuali di Facebook&Co. perfino la celebre foto della guerra in Vietnam, quella della bimba nuda, bruciata dal napalm statunitense, secondo i codici da tenere non potrebbe apparire su un post o tweet. Insomma, la materia è ricca e ingarbugliata. The Cleaners districa un po’ la matassa degli interrogativi, propone paradossi, esemplifica possibili scenari oscurantisti, insomma crea un meccanismo dialettico come i documentari dovrebbero essere in grado di fare. Un unico peccato: quel parallelismo tra gli impiegati pulitori filippini del web “salvati” da questo “lavoro” mentre si parla e si mostrano immagini di quei bambinetti poveracci costretti a vivere tra le montagne d’immondizia della capitale filippina.