Il mondo dello sport è stato sconvolto dalla riforma del governo: fine dell’egemonia del Coni, nascita di una nuova società statale che gestirà soldi e potere. Tra le pochissime certezze sembra esserci solo la legge sul limite dei mandati: massimo tre per tutte le cariche sportive, a partire dal presidente del Coni e delle Federazioni. E se venisse meno pure questa?

Siamo in un momento di grande caos. I presidenti federali si muovono in ordine sparso, si accreditano in continuazione a Palazzo Chigi per avere rassicurazioni sul futuro, provare a strappare questo o quel trattamento di favore da un governo che ha dimostrato di non avere grande simpatia per Giovanni Malagò e l’ente da lui rappresentato. Fanno da soli, in modo individuale, ciò che prima era delegato per rappresentanza al Coni. Così però c’è il rischio di agitare ulteriormente le acque.

È quanto emerso nell’ultimo Consiglio nazionale del Coni, dove Malagò ha dato una pubblica “tirata d’orecchie” a Ugo Matteoli. Matteoli è il numero uno della Federazione italiana Pesca sportiva e attività subacquee, disciplina non proprio di primissimo piano se non fosse per la grande passione di Matteo Salvini, che l’ha portata di recente alla ribalta. Chissà quanto c’entra l’hobby del vicepremier e leader leghista. Sta di fatto che di recente Matteoli si è recato a Palazzo Chigi per incontrare il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e fare una lunga chiacchierata a 360 gradi sul mondo dello sport, in cui si è toccato anche l’argomento del limite dei mandati: il presidente federale ha posto il problema degli organi territoriali, cariche del tutto (o quasi) a titolo gratuito per cui potrebbe essere molto difficile trovare continuo ricambio. Matteoli ha auspicato una revisione della legge a riguardo. E Malagò l’ha “sgridato”.

Non perché l’obiezione sia infondata: il problema è vivo e sentito da tempo. La famosa legge 8/2018 fu uno degli ultimissimi atti del governo Pd, fortemente voluta dal ministro Luca Lotti, ultimo regalo all’“amico” Malagò: un altro possibile quadrienno alla guida del Coni. La norma, infatti, istituendo un limite di tre mandati (come per il Cio), ne consentiva un altro al presidente uscente (già a quota due), garantendo un’ulteriore rielezione anche a tutti i presidenti in carica con una norma transitoria molto discussa. I 5 stelle, ad esempio, avrebbero voluto un tetto di due mandati, per giunta retroattivo, così da far piazza pulita alla prossima tornata elettorale in tutte o quasi le Federazioni, dove ci sono gli stessi presidenti in carica da decenni. Alla fine è passata in extremis questa legge, che alla lunga porterà il rinnovamento auspicato, nell’immediato tutela gli interessi della “casta sportiva”. Tutto sommato un buon compromesso, specie per Malagò che eventualmente avrà la possibilità di farsi rieleggere anche dopo Tokyo e rimanere in sella fino al 2025 (ammesso che gli interessi, con un Coni ridimensionato da “Sport e Salute”).

Evidentemente la prospettiva non gli è così sgradita, visto il battibecco con Matteoli: “Caro Ugo, il tuo discorso ha senso ma ti prego di evitare di sollevare l’argomento, perché non sappiamo cosa può succedere”, il sunto del suo discorso. Tradotto: la legge sul limite dei mandati ormai è archiviata, sicuramente non è la migliore possibile, ma neanche poi così male. È davvero una mossa furba riscoperchiare il vaso di Pandora per intervenire su un aspetto tutto sommato marginale come gli organi territoriali? Proprio ora, poi, che al governo c’è il Movimento 5 stelle, che ha dimostrato di non amare particolarmente il Coni e che in passato si era già schierato per una norma più severa. Qualcuno potrebbe approfittarne per provare a ritoccare al ribasso il limite dei tre mandati, o magari cancellare la norma transitoria. Ci rimetterebbe non solo il Coni, ma tutti i presidenti. “Io ho imparato a non fidarmi di nessuno”, ha detto Malagò. E su questo ha ragione: sul limite dei mandati meglio non svegliare il can che dorme.

Twitter: @lVendemiale

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