Michele Donferri Mitelli, da poco trasferito ad altro incarico, e Antonio Galatà, il numero uno della società controllata del gruppo Atlantia che si occupa delle manutenzioni, sono accusati di falso. I loro nomi si aggiungono a quelli di 10 tecnici delle due società già sotto inchiesta per la presunta edulcorazione dei risultati dei test
L’ex responsabile nazionale delle manutenzioni di Autostrade e l’amministratore delegato di Spea sono indagati nell’inchiesta-bis, aperta dopo il crollo del ponte Morandi, per i falsi report su cinque viadotti autostradali. Michele Donferri Mitelli, da poco trasferito ad altro incarico, e Antonio Galatà, il numero uno della società controllata del gruppo Atlantia che si occupa delle manutenzioni, sono accusati di falso. Secondo la procura di Genova, i manager ai vertici delle due società erano a conoscenza della presunta falsificazione, avvenuta dopo il collasso del Morandi, dei report sullo stato di salute di alrti ponti.
I loro nomi si aggiungono a quelli di 10 tecnici di Autostrade e di Spea già iscritti nel registro degli indagati dopo gli accertamenti della Guardia di finanza sui risultati ‘edulcorati’, secondo gli investigatori, di alcune ispezioni su cinque ponti nel corso delle quali sarebbero stati riscontrati ammaloramenti in piloni e solette. Per l’accusa, in certi casi, i report erano quasi routinari e quindi non corrispondenti al vero stato dei viadotti Paolillo sulla Napoli-Canosa in Puglia, il Pecetti e il Sei Luci a Genova, il Moro vicino a Pescara e il Gargassa a Rossiglione. Con i nomi di Donferri Mitelli e Galatà, insomma, l’inchiesta fa un salto di qualità arrivando nelle stanze dei manager di Autostrade e Spea.
La circostanza era emersa nel corso degli interrogatori dei testimoni durante le indagini sul crollo di ponte Morandi. In particolare i tecnici di Spea avevano raccontato agli inquirenti che i report “talvolta erano stati cambiati dopo le riunioni con il supervisore Maurizio Ceneri (ingegnere di Spea) mentre in altri casi era stato Ceneri stesso a modificarli senza consultarsi con gli altri”.
Alla luce delle relazioni acquisite negli scorsi mesi e delle dichiarazioni rese da testimoni e indagati nel filone sul crollo del ponte Morandi, collassato il 14 agosto 2018 provocando 43 morti, la procura di Genova aveva inoltre allertato il ministero delle Infrastrutture su cinque ponti proprio per fare avviare accertamenti. A supporto delle indagini, ci sono anche alcune intercettazioni telefoniche pubblicate da Il Fatto Quotidiano lo scorso 9 marzo.
A quanto emerge dai colloqui telefonici tra i tecnici è il dirigente di Autostrade Gianni Marrone (indagato per falso), direttore del tronco pugliese già condannato in primo grado per i 40 morti sul bus precipitato dal viadotto Acqualonga di Monteforte Irpino, a volere a tutti i costi correggere le relazioni tecniche sul Paolillo sulle discrepanze tra il progetto del ponte e la sua effettiva realizzazione. Per il ministro Danilo Toninelli, il filone d’inchiesta sui presunti falsi report “sta prendendo una piega che insieme mi preoccupa e mi fa arrabbiare”. Se le ipotesi accusatorie fossero confermate, afferma il titolare delle Infrastrutture, “saremmo di fronte a uno scenario gravissimo”.
In un lungo post su Facebook, Toninelli aggiunge: “Ho deciso di cambiare alla radice lo stato di cose che l’inchiesta fotografa. Sono ripresi i controlli effettivi sulla sicurezza delle autostrade, lo dimostrano le prove di carico sulla A24 che vi abbiamo raccontato, e si inizia a valutare nel merito la sorveglianza e i calcoli sulla stabilità effettuati dai concessionari. Non mi fido più solo delle carte, come è avvenuto per troppo tempo”. Purtroppo, prosegue il responsabile del Mit, “questa inchiesta sembra confermare che il mio non è mai stato allarmismo, ma una decisiva presa di coscienza sulle lacune nel sistema dei controlli, lacune che ho ereditato e che stiamo colmando”.