Roberto Formigoni deve stare in carcere come era accaduto anni fa per l’ex patron della Parmalat Calisto Tanzi. A fare il paragone è stato oggi in aula il sostituto procuratore generale di Milano Antonio Lamanna nel corso dell’incidente di esecuzione davanti alla corte d’appello con al centro la legittimità dell’ordine di carcerazione che, anche in base alla legge spazzacorrotti, lo scorso 22 febbraio ha fatto finire in cella a Bollate l’ex governatore lombardo per scontare 5 anni e 10 mesi per corruzione nell’ambito del caso Maugeri-San Raffaele.
I difensori di Formigoni, Luigi Stortoni e Mario Brusa, in aula, hanno invece insistito con la richiesta di dichiarare l’inefficacia del provvedimento di esecuzione firmato dallo stesso Lamanna, in quanto dopo la sentenza passata in giudicato, il loro assistito “aveva il diritto di chiedere” entro 30 giorni “la detenzione domiciliare” in ragione del fatto che è ultrasettantenne. Inoltre, sostenendo la irretroattività della nuova norma che ha imposto una stretta sulle misure alternative al carcere per i condannati per reati contro la pubblica amministrazione, hanno chiesto alla Corte, presieduta da Renato Brichetti, di eccepire l’incostituzionalità della legge e di trasmettere gli atti alla Consulta. I giudici si sono riservati di decidere.
Il pg Lamanna in aula ha sottolineato che l’ordine di carcerazione da lui firmato è “valido, legittimo ed efficace” aggiungendo che “la legge dice che uno sopra i 4 anni va in galera e Formigoni è stato condannato a 5 anni e 10 mesi” e poi che è compito del magistrato di Sorveglianza, e non della Procura Generale, decidere se concedere la detenzione domiciliare. Detenzione per la quale la difesa non ha fatto istanza al magistrato della sorveglianza Gaetano Larocca. “Allora se dobbiamo ridiscutere tutto sulle modalità di esecuzione della pena – ha proseguito Lamanna – dobbiamo anche considerare se il condannato viene mandato a Bollate (dove ora si trova Formigoni, ndr) che è un carcere a cinque stelle, e sta tutto il giorno fuori e può frequentare diversi laboratori in una struttura che non sembra neanche un carcere o se viene mandato a Opera o a Busto Arsizio dove per lui la situazione cambia parecchio. Ma sempre di esecuzione della pena si tratta”.
Il ragionamento dei difensori – che riferendosi anche alla recente sentenza del gip di Como Luisa Lo Gatto la quale ha ritenuto di non applicare retroattivamente la spazzacorrotti, hanno chiesto in pratica la scarcerazione e la detenzione domiciliare – è partito dai principi introdotti sia dalla Costituzione, sia dal codice penale sia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che tutela il cittadino rispetto a possibili abusi di potere legislativo. Fuori dall’aula l’avvocato Brusa, davanti alle telecamere e ai taccuini, a chi gli ha chiesto come stesse Formigoni, ha risposto: “È una persona seria in grado di valutare dove si trova, la fatica che sta affrontando e di sostenere la strada che sta facendo in modo dignitoso. È in un albergo a cinque stelle e quindi non può che stare bene”.