Primo giorno di sciopero, in un pacchetto di tre votato settimana scorsa, per Lettera43.it e LetteraDonna.it. La decisione è stata comunicata dal Comitato di redazione, l’organismo sindacale interno all’azienda, e segue la risposta dall’editore News 3.0 al comunicato dello stesso cdr che proclamava lo stato di agitazione “per la mancanza di un piano editoriale adeguato“. In nuovo comunicato, il cdr parla di “una serie di gravi inesattezze e passaggi del tutto fuorvianti rispetto alle richieste presentate e alla realtà lavorativa interna all’azienda” contenute nella risposta dell’editore, la società del banchiere Matteo Arpe.
“Innanzitutto si vuol far credere che la richiesta di un piano editoriale nasca solo da una ‘banale modifica nell’organizzazione del lavoro’ consistente nell’’anticipare l’orario di inizio della giornata lavorativa’ la mattina”, spiega il Cdr, “quando invece la direzione aveva parlato di fronte all’intera redazione riunita di uno scenario emergenziale che implicava l’urgenza di raddoppiare il numero di contenuti pubblicati ogni giorno sul sito. Input del tutto omesso dal comunicato aziendale e che invece era alla base della necessità manifestata dalla redazione di un nuovo piano editoriale”.
“La redazione – prosegue il Cdr – si meraviglia della ‘meraviglia’ con cui News 3.0 ha accolto l’eventualità di uno sciopero, definita ‘anacronistica’ in relazione all’’attuale situazione in cui versa l’editoria’, come se nel giornalismo online i dipendenti non potessero esercitare i propri diritti sindacali”. I giornalisti evidenziano anche che “per sette anni la quasi totalità delle posizioni dei dipendenti non è stata regolare. Solo una lunga trattativa impostata dal cdr nato a fine 2017 ha portato a un lento e parziale processo di regolarizzazione ancora lontano dall’essere ultimato”. Ed evidenziano anche come “lo stato di agitazione proclamato sia stato finora puramente simbolico, senza alcuna ripercussione pratica sullo svolgimento del lavoro”.
“Venendo al punto centrale della questione, non si può non ritenere il vecchio piano editoriale in gran parte superato“, afferma il cdr nel comunicato. Che per sostenere questa tesi evidenzia quattro punti. “Veniva ancora annoverata una sezione del giornale di inchieste e approfondimenti a pagamento con il marchio pagina99, che però non viene aggiornata da maggio 2018“. Inoltre, “era specificato che occorrevano 40 contenuti giorno al solo scopo di generare traffico. Ora se ne chiedono 70 a una redazione rimasta orfana nel frattempo di quattro giornalisti”. Poi “si preannunciava l’abbandono della pretesa di essere omnicomprensivi nella copertura dell’attualità, indirizzo invece ormai diventato centrale nel lavoro giornalistico chiesto alla redazione”. Infine, “veniva annunciata la nascita di una redazione unica che si sarebbe occupata sia di Lettera43.it sia di LetteraDonna.it: ma a lavorare al sito femminile di fatto sono rimaste solamente le due persone ‘sopravvissute’ ai tagli di quel settore”.