L'intervista di Nicola Morra al Fatto Quotidiano scatena un dibattito tra il dicastero del leader della Lega e il presidente della commissione Antimafia. Fonti del Viminale fanno sapere che il ministero aveva segnalato la propria intenzione di costituirsi parte civile a palazzo Chigi il 12 ottobre del 2018. Ma la presidenza del Consiglio dei ministri "ha negato la richiesta di autorizzazione sulla base del parere contrario reso dall’Avvocatura dello Stato il 16 ottobre 2018". Palazzo Chigi: "Avvocatura difendeva già uno degli imputati"
La mancata costituzione di parte civile del Viminale al processo di Antonello Montante? È stata voluta dal presidente del consiglio, Giuseppe Conte. L’intervista di Nicola Morra al Fatto Quotidiano scatena un dibattito tra il ministero dell’Interno e il presidente della commissione Antimafia. “Il fatto che il Viminale rinunci a essere attore in un processo che coinvolge agenti, dirigenti della Direzione investigativa antimafia e dei Servizi di sicurezza mi pare rilevante. E bisogna capire se sia frutto di una distrazione, oppure frutto di una scelta che io non posso condividere. Lo Stato è stato abbondantemente infiltrato, e doveva costituirsi, per rispetto a tutti coloro che lo servono fedelmente. Vorrei capire se il ministro dell’Interno Salvini sia a conoscenza di tutto questo”, ha detto il presidente della commissione che ha sede a Palazzo San Macuto. Anticipando l’intenzione di convocare Salvini in Antimafia. “È un motivo di grande curiosità della Commissione – dice l’esponente del M5s – capire cosa ha indotto il Viminale a non costituirsi parte civile in questi procedimenti. Il caso Montante ha fatto capire che coloro che si presentavano come antimafia erano soprattutto ‘promafià e di certo non ‘antimafià”.
Il riferimento è per il processo in corso a Caltanissetta che vede imputato Montante, ex numero uno di Confindustria Sicilia considerato per anni un paladino dell’Antimafia: imputato di corruzione, favoreggiamento, rivelazioni di segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico. Il ministero guidato da Salvini non si è costituito parte civile. E fornisce “doverosa risposta” a Morra. Fonti del Viminale fanno sapere che il ministero dell’Interno aveva segnalato la propria intenzione di costituirsi parte civile a palazzo Chigi il 12 ottobre del 2018. Ma la presidenza del Consiglio dei ministri “ha negato la richiesta di autorizzazione sulla base del parere contrario reso dall’Avvocatura dello Stato il 16 ottobre 2018″. “Per ulteriori delucidazioni – proseguono le fonti del Viminale – Morra potrà rivolgersi al presidente Conte”. A stretto giro arriva la replica del presidente dell’Antimafia: “Prendo atto della nota del Viminale. Nella mia qualità di presidente della commissione Antimafia chiederò spiegazione a tutti i livelli istituzionali per comprendere la scelta di non costituzione di parte civile del ministero dell’Interno nel processo a Montante”.
Anche Palazzo Chigi, pero, replica: la decisione della Presidenza del Consiglio di non costituirsi parte civile è legata al fatto che l’Avvocatura dello Stato, per conto della stessa Presidenza del Consiglio, aveva già assunto la difesa di uno degli imputati, ossia Andrea Cavacece, capo reparto dell’Aisi. “Con riferimento alla richiesta di autorizzazione alla costituzione di parte civile nel procedimento penale indicato”, si legge nel documento che palazzo Chigi inviò in proposito il 6 novembre scorso al Ministero dell’Interno, “questa Presidenza, tenuto conto di quanto rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato circa l’intervenuta assunzione del patrocinio legale in favore di uno degli imputati e del parere contrario reso, allo stato degli atti, alla costituzione di parte civile, non ravvisa l’opportunità, allo stato, di dare luogo al relativo procedimento”.
Per la ricostruzione dettagliata dei reati contestati, il documento rimanda alla richiesta di rinvio a giudizio, limitandosi a riassumere che “i fatti, per quanto di interesse, attengono alla realizzazione di una struttura associativa principale cui avrebbero partecipato ex appartenenti all’Aisi (gen. A. Esposito; col. G. D’Agata) nonché ad altre Amministrazioni dello Stato e una struttura associativa di supporto cui avrebbero partecipato, tra gli altri, il dott. A. Cavacece e il dott. A. Grassi (già dirigente dello Sco di Roma), struttura di supporto che avrebbe avuto la finalità di far eludere le attività investigative degli Organi preposti, rivelando altresì notizie che avrebbero dovuto rimanere riservate. Allo stato degli atti – conclude il parere – viste le contestazioni formulate nei capi di imputazione, non si ritiene sussistano ragioni per le quali l’Amministrazione dell’Interno ovvero altre Amministrazioni dello Stato, si costituiscano eventualmente parte civile”.
Recentemente del caso Montante si è occupata la commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana. L’organo guidato da Claudio Fava ha prodotto una relazione sulla vicenda. Un dossier in cui parla di una “lunga stagione di anarchia istituzionale“, una “deregulation perfino ostentata”, una “promiscuità malata” fra interessi pubblici e privati. E l’antimafia usata come arma: scudo per difendersi da ogni tipo di accusa, “scimitarra” per decapitare “disobbedienti” e ogni genere di nemico. Nella relazione dell’Antimafia Sicilia a un certo punto spuntano anche i servizi segreti. Accade quando la commissione si occupa del caso di Banca Nuova. Più o meno com’era successo alla trasmissione televisiva Report, che a Montante aveva dedicato un’inchiesta. “Ero convinto che Montante fosse un uomo dei servizi“, dirà all’inviato di Sigfrido Ranucci l’ex governatore della Sicilia Rosario Crocetta. La delega ai servizi segreti non è stata assegnata dal premier Conte a nessun sottosegretario: il presidente del consiglio ha deciso di tenerla per sè.