Antiabortisti, membri di organizzazioni che combattono i diritti Lgbt e attivisti pro-life arrivano da Europa, America, Africa e Oceania per partecipare al Congresso Mondiale della Famiglia, a Verona. Ma la discussione sulla difesa di quella che gli organizzatori definiscono “la famiglia naturale o tradizionale” non sarà il solo collegamento tra chi prenderà parte all’evento, compresi anche gli esponenti del governo italiano come il vicepremier Matteo Salvini, il ministro per la Famiglia e la Disabilità, Lorenzo Fontana, e quello dell’Istruzione, Marco Bussetti. Tra membri della cultura, dello sport, della politica, dell’associazionismo, ci saranno anche rappresentanti di governi stranieri che non nascondono la collaborazione con il Carroccio. La “famiglia naturale” non è solo una battaglia di principio, ma un punto d’incontro per creare alleanze politiche che avvicinano la Lega alla Russia di Putin e a Budapest, capitale del sovranismo europeo.
Vista sul Cremlino, in nome della lotta contro i diritti Lgbt
Primo e più importante anello che lega Roma a Mosca è Alexey Komov, presidente onorario di quell’associazione Lombardia-Russia che è di fatto un canale di collegamento diretto tra i membri del Carroccio e il Cremlino. Komov è anche membro della Fondazione San Basilio Magno, la più ricca di Russia con un budget di oltre 40 milioni di dollari, finanziata da Konstantin Malofeev, oligarca legato a doppio filo a Vladimir Putin e, secondo il Dipartimento del Tesoro americano, “uno dei principali finanziatori dei gruppi separatisti ucraini”. Se Russia Unita è da anni fonte d’ispirazione per la Lega in diversi campi, la presenza di Komov, già ospitato in precedenti congressi del Carroccio, e di numerosi rappresentanti del partito di governo italiano suggerisce che questa sintonia si ritrovi anche sul tema della famiglia.
In un’intervista a Il Giornale del 2016, il relatore russo, che è anche membro del consiglio d’amministrazione di CitizenGo, gruppo internazionale che organizza campagne come quella che indicava l’aborto come prima causa di femminicidio nel mondo, ha espresso le sue idee in fatto di famiglia e diritti Lgbt, non nascondendo il suo sostegno per il modo in cui certi temi vengono affrontati in patria da Vladimir Putin, sotto la cui presidenza è stata approvata la legge che vieta la “propaganda omosessuale” poi dichiarata “discriminatoria e contro la libertà d’espressione” dalla Corte europea dei diritti umani. Nel rispondere alle domande del quotidiano, Komov si dichiarava contrario a riconoscere “la stessa dignità a ogni tipo di orientamento sessuale. Ricordiamoci che adozioni gay, utero in affitto, gender nelle scuole, sono elementi di una grande rivoluzione antropologica che mira a distruggere l’identità più profonda dell’essere umano e a trasformarlo in un ente indistinto alla mercé dei grandi potentati che dominano il mondo”.
L’altro fedelissimo di Mosca presente al congresso arriva da Chișinău, capitale della Moldavia, ed è il Presidente della Repubblica Igor Dodon. Anche lui fedelissimo di Vladimir Putin, tanto da dichiarare la Crimea territorio russo, nonostante il Paese non abbia mai riconosciuto ufficialmente questa sua posizione, pochi giorni dopo la sua elezione, nel dicembre 2016, ha fatto rimuovere la bandiera dell’Ue dal palazzo presidenziale e avviato una manovra di avvicinamento per tentare l’entrata nell’Unione Economica Euroasiatica.
In Moldavia, non a caso, l’atteggiamento delle istituzioni nei confronti della comunità Lgbt non si discosta molto da quello russo. Durante il Pride 2017, la polizia ha interrotto la marcia con la scusa di non poter garantire la sicurezza dei partecipanti in caso di attacchi da parte di contromanifestanti. Ma l’evento era stato criticato proprio dal presidente che lo ha definito contrario ai “valori tradizionali” del Paese.
Sempre dalla Russia arriva poi Dmitri Smirnov, arciprete della Chiesa ortodossa che in patria è diventato una vera star propinando messaggi ultraconservatori e radicali riguardo ai diritti Lgbt. In questo caso, però, nessun contatto diretto con il Cremlino. Smirnov paragona “l’omosessualismo”, termine utilizzato con accezione negativa, all’abuso di droghe, alcool e all’omicidio. In un’intervista a un giornale russo ha dichiarato che uomo e donna non sono uguali, con i primi che godrebbero di “un’intelligenza superiore”. Ha poi definito l’aborto “un innaturale massacro” e dichiarato che “uccidere il proprio figlio è molto brutto. Dopo che le tue braccia saranno macchiate di sangue fino ai gomiti, e che tra i tuoi piedi sarà passato il sangue dei tuoi figli assassinati, non puoi sperare di trovare la felicità. Una persona non può trovare la felicità se è l’assassino dei propri figli. Questi cannibali devono essere cancellati dalla faccia della Terra”.
Fidesz, l’amico sovranista
Nel 2017 fu l’Ungheria a ospitare il Congresso Mondiale della Famiglia, con il premier Viktor Orbán che per questo attirò le critiche dell’opposizione. Le proteste sono tornate a farsi sentire anche un anno dopo, quando il governo ungherese, insieme a quello polacco, si è opposto a una risoluzione del Consiglio Ue che inseriva tra le categorie da proteggere gli Lgbt. Una delegazione dell’esecutivo di Budapest, modello di governo sovranista anche per Matteo Salvini che avrebbe tanto voluto accoglierlo nella coalizione che a maggio sfiderà le storiche famiglie politiche europee, sarà comunque presente anche all’edizione veronese. Tra i relatori ci saranno Atilla Beneda e Katalin Novák, rispettivamente viceministro e ministro per la Famiglia. Novák, in realtà, si era conquistata la nomea di faccia pulita del partito anche all’interno della comunità Lgbt magiara. Poi la sua posizione è cambiata, allineandosi a quella del partito. Novák ha dichiarato che la famiglia tradizionale è una base fondamentale, formata da una donna e un uomo e che non si deve avere timore di affermarlo: “Alcuni stanno combattendo per i diritti di una piccola minoranza e dimenticano la maggioranza. Non dovremmo dimenticare la maggioranza, dovremmo difendere i loro valori e dichiarare che un uomo e una donna sono necessari per una famiglia e un uomo e una donna sono sufficienti per una famiglia”.
Africani, americani e australiani. “L’omosessualità è uno strumento di Satana”
Non solo Europa, però. A mostrare il proprio sostegno alla “famiglia naturale” sono arrivati rappresentanti di altri tre continenti. È folta la rappresentanza dei membri di CitizenGo. Oltre a Komov, interverranno anche il presidente, Ignacio Arsuaga, spagnolo e antiabortista convinto che nel 2017 lanciò una campagna transfobica portando in giro per Madrid un bus con su scritto: “I bambini hanno il pene, le bambine la vagina, non farti ingannare. Se nasci uomo sei un uomo, se nasci donna lo continuerai a essere”. A Verona arriveranno anche altri membri di CitizenGo, come lo statunitense Brian Brown che è anche Presidente dell’Organizzazione Internazionale per la Famiglia che organizza il congresso. Nel suo curriculum vanta battaglie contro i diritti di trans e omosessuali, sostenendo che l’omosessualità sia degradante per l’essere umano e contro natura. Ha difeso i commercianti che si sono rifiutati di servire i gay e sostiene che l’omosessualità sia curabile.
Ma il gruppo degli americani non finisce qui. Ci saranno anche Christine de Marcellus Vollmer, fondatrice di Alleanza per la Famiglia, preoccupata dal fatto che “il Pontificato di Francesco sia stato dirottato dalla lobby gay così discussa di recente e che sia manipolato da prelati omosessuali”. Si è anche detta convinta che “il fumo di Satana si è infiltrato nella Chiesa”. Ci sarà John Eastman, professore di diritto e servizio comunitario presso la scuola di legge Fowler della Chapman University, che ha definito aborto e omosessualità “le due forme di barbarie del XX secolo”. E infine il Pastore Jim Garlow, convinto che le cliniche dove si praticano aborti saranno visitate in futuro come i campi di concentramento e che Satana sta usando l’omosessualità per distruggere l’immagine di Dio sulla Terra. Schierandosi contro le adozioni per persone dello stesso sesso, ha paragonato i figli di coppie omosessuali agli orfani dell’11 settembre.
Dall’Africa arrivano rappresentanti come la nigeriana Theresa Okafor, contraria all’uso dei contraccettivi in uno dei Paesi primi al mondo per tasso di natalità e numero di persone affette da Hiv, e il ministro ombra per lo Sviluppo Sociale dell’Uganda, Lucy Akello, antiabortista e accusata di essere una sostenitrice della cosiddetta “Kill the gays bill”, legge bocciata dalla Corte Costituzionale nel 2014 che prevedeva dieci anni di carcere per chi diffondeva messaggi a sostegno dei diritti Lgbt e fino alla pena di morte, poi ridotta all’ergastolo, per chi compie atti omosessuali.
Alcuni relatori arrivano addirittura dall’Australia. Fra questi spicca Damian Wyld, direttore dell’Australian Family Coalition, organizzazione che ha fatto parlare di sé per aver prodotto una pubblicità con un cappio arcobaleno avvolto intorno al collo di una ragazza. Il messaggio che voleva lanciare era molto chiaro: il matrimonio tra persone dello stesso sesso aumenterà il numero di suicidi tra le persone che sono contrarie, visto che saranno vittime di bullismo per le loro opinioni.