Questa volta il mio intervento sul blog non contiene un’analisi, una tesi da dimostrare, un’opinione da discutere. Questa volta è un appello, un grido di aiuto, un sos: Salviamo San Siro! O anche: Non Mettiamoci il Cuore in Pace. Il perché di quest’ultimo titolo ve lo spiego dopo. Dunque pare che ci sia una forte corrente di pensiero che ha decretato l’assoluta necessità di abbattere il vecchio stadio milanese di San Siro (io non sono mai riuscito a chiamarlo Meazza, e mi sembra di non essere il solo) per costruirne un altro o addirittura altri due.

Già in generale tutta questa esigenza di fare nuovi stadi in Italia non la capisco. Costruirne di nuovi perché quelli vecchi sono troppo grandi per un pubblico che tende a diminuire mi sembra una contraddizione. Mai visto investire dei soldi in un’attività che sta perdendo interesse. Qualcuno dice che un impianto che serve solo per vedere le partite di calcio non è più nei gusti del nostro tempo, che attorno bisogna costruirci un’ampia cornice con supermercati, boutique, ristoranti, altre forme di svago. Ma a me sembra un po’ un pretesto: se voglio vedere una partita vado allo stadio, se devo fare la spesa vado al supermercato. Certo è bene che lo stadio sia comodo, con i servizi essenziali funzionanti, bello anche esteticamente.

E qui arriviamo al punto: San Siro è bellissimo. Lo era ancor di più prima della costruzione del terzo anello e delle torri, ma anche dopo la sua ristrutturazione conserva quell’imponenza, quella maestosità e insieme quella linearità e quell’accoglienza che lo hanno posto ai vertici della classifica degli stadi più belli del mondo secondo il Times. A chi lo scorge arrivando a Milano da ovest procura la stessa emozione che provò Renzo Tramaglino quando gli apparve “quella gran macchina del Duomo”. Eppure c’è chi lo vuole abbattere. E senza pensar male, alle colate di cemento e a quelle di mazzette che di solito accompagnano simili operazioni, c’è da indignarsi.

Non voglio tediare nessuno con i miei ricordi personali, con la prima partita vista a San Siro, un Milan-Triestina che si perde nella notte dei tempi, con la mia prima notturna nel 1958 – il Brasile di Pelè affrontava l’Inter in un’amichevole di preparazione ai mondiali di Svezia -, con le finali di Coppa dei Campioni (ne ho viste due su quattro). Poi la festa dello scudetto rossonero della stella e Rivera che deve rivolgere ai tifosi un appello affinché abbandonino i settori in ristrutturazione e, ancora, siccome non ci sono solo bei ricordi, i sessantamila milanisti presenti a una partita di serie B contro la Cavese. Insomma niente nostalgia, ma la storia sì. E la storia è passata di lì. “Sarebbe come abbattere il Colosseo” ha detto Chicco Evani.

Ma c’è chi si spinge oltre nella gara di assurdità e propone di abbattere il Colosseo per costruirne un altro nel piazzale antistante. Poi arriva l’architetto Antonio Cunazza del portale Archistadia, esperto di stadi e collaboratore di Juventibus, che dall’alto della sua scienza e forse anche un po’ della sua appartenenza ci dice che San Siro sarà abbattuto, che dobbiamo metterci il cuore in pace. Invece no, proprio no, fondiamo il comitato NMCP, Non Mettiamoci il Cuore in Pace, con buona pace dei vari Cunazza.

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