È pace fatta fra Vivendi e Elliott, i due maggiori soci di Telecom. La Borsa festeggia (+2,5% il titolo) e il management promette un futuro di rilancio. Ma resta un mistero quale sia la contropartita francese per la resa delle armi dopo una lunga guerra iniziata il 4 maggio dello scorso anno con il defenestramento dei rappresentanti parigini in consiglio. Nulla esclude peraltro che la mossa a sorpresa di Vivendi possa avere a che fare con l’ipotesi spezzatino dell’ex monopolista, già circolate in passato. L’opzione, che ha messo in allerta i sindacati, non sarebbe del resto peregrina in funzione di possibili nozze con Open Fiber, controllata dall’Enel e da Cdp. “Avete sotterrato l’ascia di guerra, ma a quale prezzo?” ha chiesto l’azionista-dipendente, Cesare De Septis Gaeta, nel suo intervento in assemblea evidenziando che nell’organigramma brasiliano non ci sono più manager italiani. A suo parere, questo è un segnale chiaro dell’intenzione dei vertici aziendali di abbandonare il mercato sudamericano che da sempre interessa a Vivendi. E quindi di procedere ad una frammentazione dell’azienda funzionale al progetto di aggregazione con la rivale Open Fiber. Con la benedizione del governo gialloverde.
Ufficialmente, il gruppo francese controllato da Vincent Bolloré ha ritirato la richiesta di revoca di cinque consiglieri sostenuti dai soci Elliott (9,4%) e Cdp (vicino al 10%) per il bene dell’azienda. E soprattutto in nome dei 4 miliardi investiti in Tim. “Come socio industriale di lungo termine, Vivendi vede un grande potenziale in Telecom Italia e ha sempre espresso la sua volontà di creare le migliori condizioni per aumentare il valore di Telecom – ha spiegato il rappresentante del gruppo francese in assemblea – Vivendi è più interessato di ogni altro azionista a ristabilire una governance collegiale e armoniosa nel board che sostenga il management nel definire e attuare il piano nell’interesse di tutti gli azionisti, della società e di tutti i dipendenti“.
Basta guerre quindi, sia pure con un cambio di passo nella governance “perché quello che è successo ha pesato sulla quotazione di borsa e sul funzionamento del business“. A patto di avere un consiglio più efficace, indipendente e trasparente. “Siamo pronti a dare credito a quello che ha detto il ceo Luigi Gubitosi e di conseguenza, seguendo il suo suggerimento, abbiamo deciso di non dare seguito oggi alle nostre proposte di revocare e sostituire cinque consiglieri, a patto che questo sia il voto dell’assemblea” ha concluso il rappresentante dei francesi che sono il primo azionista di Tim con il 24% del capitale. Musica per le orecchie del presidente, Fulvio Conti, che ha evidenziato come Vivendi sia “un azionista importante e indispensabile per il futuro dell’azienda” e che “potrà contare sulla nostra lealtà”. Una lealtà che si spera possa anche far bene all’azienda visto che il gruppo ha archiviato il bilancio 2018 con una perdita netta da 1,854 miliardi, coperta utilizzando le riserve. Ciò non ha impedito ai soci di “deliberare il pagamento alle sole azioni di risparmio del dividendo privilegiato mediante distribuzione di riserve in ragione di 2,75 centesimi per azione” come spiega la nota della società.