Ciò è particolarmente importante per le cellule tumorali perché i problemi in fase di replicazione sono frequenti come pure i fenomeni di resistenza ai chemioterapici. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications
Identificata la proteina “scudo” RAD52 che fa sì che il processo di replicazione del Dna fili liscio, protetto da tutti gli ostacoli in grado di bloccarne la progressione. Ciò è particolarmente importante per le cellule tumorali perché i problemi in fase di replicazione sono frequenti come pure i fenomeni di resistenza ai chemioterapici. Fondamentale per l’identificazione il team di ricercatori dell’Istituto superiore di sanità guidato da Pietro Pichierri e Annapaola Franchitto, in collaborazione con i colleghi dell’Università dell’Iowa (centro degli Stati Uniti), coordinati da Maria Spies. Lo studio che pubblica la scoperta è stato pubblicato su Nature Communications. Potrebbe divenire un bersaglio di nuove terapie antitumorali perché inibendola si potrebbe prevenire la proliferazione delle cellule malate e/o impedire che i tumori acquisiscano resistenze farmacologiche.
“Come spesso accade nella ricerca un elemento già conosciuto per altre funzioni o in altre dinamiche cellulari si rivela poi fondamentale in meccanismi non indagati fino a quel momento. La proteina RAD52, infatti, era precedentemente conosciuta – spiega Pichierri – per svolgere un ruolo accessorio in uno dei sistemi di riparazione delle doppie rotture al Dna, ma ci siamo accorti in questo studio che svolge una funzione rilevante durante la replicazione del Dna, quando i sistemi possono trovare ostacoli e bloccarsi. Durante ogni ciclo di replicazione del Dna – spiega ancora l’esperto – le cellule sperimentano molte situazioni durante le quali i singoli apparati che svolgono il processo di duplicazione incontrano delle difficoltà che ne bloccano la progressione. In queste situazioni, le cellule devono poter risolvere il blocco, evitando di accumulare danni al Dna che possono dare origine a dei riarrangiamenti nei cromosomi”.
Questi meccanismi “sono rilevanti anche per la biologia dei tumori, perché le cellule tumorali sono caratterizzate da un livello molto alto di problemi in replicazione, legati all’elevato tasso di proliferazione scatenato a seguito dell’attivazione degli oncogeni. Inoltre, mutazioni in questi meccanismi di salvataggio della replicazione causano nei tumori fenomeni di resistenza o sensibilità a specifici trattamenti chemioterapici. Quindi identificare questi meccanismi e capire quali sono attivati in ciascun tipo tumorale può aiutare a definire approcci terapeutici più appropriati e target terapeutici specifici”.
Quando i sistemi di replicazione incontrano ostacoli che li farebbero bloccare, “RAD52 svolge un ruolo di gatekeeper – precisa Eva Malacaria, prima autrice del lavoro – ovvero di ‘portiere’ molecolare, in grado di legarsi alla forcella di replicazione e di indurne un cambiamento di conformazione che chiude l’accesso ad altri fattori che, se caricati sulla forcella di replicazione in maniera non controllata, possono determinare fenomeni di degradazione patologica del Dna appena replicato. Questo meccanismo è del tutto inatteso e rappresenta un sistema di protezione completamente nuovo rispetto ai sistemi conosciuti”. In assenza di questo “portiere” molecolare, le cellule diventano meno capaci di proteggere gli apparati di replicazione e alla fine sono costrette a utilizzare dei sistemi post-replicativi per potersi dividere correttamente.
Ma non è tutto. “I sistemi che compensano la perdita della proteina o la sua inibizione – conclude Annapaola Franchitto – coinvolgono la proteina RAD51, che assieme a BRCA2, uno dei geni di predisposizione al tumore al seno, è necessaria alla vitalità delle cellule deficienti di RAD52. Questo ruolo pone le basi per l’utilizzo degli inibitori di RAD52 come targeted therapy (terapia mirata) in tutti i tumori con espressione ridotta di RAD51 o BRCA2“.