Quello dell’accoglienza e di fare qualcosa per aiutare e promuovere le donne è un pallino che Sarah Grimaldi, 35enne romana, ha sempre avuto in testa. Prima lo ha fatto con il ristorante Orient Experience, aperto a Venezia con due soci e gestito anche con migranti e rifugiati, e poi con El cafè de las mujeres (Il caffè delle donne), inaugurato lo scorso febbraio a Santiago in Cile.
Un luogo magico e unico, fatto e pensato per dare spazio all’imprenditoria femminile a tutto campo, un posto per le donne ma aperto anche agli uomini. L’idea le è venuta una mattina, in un periodo della sua vita in cui si trovava a dover ricostruire tutto. Ma una volta deciso, le cose sono andate per il verso giusto, e a lei si sono unite strada facendo altre due socie. Brooke, 34enne americana, e Fernanda, 37enne cilena. “La mia esperienza con il ristorante a Venezia si era conclusa dopo 15 anni per motivi personali – racconta Sarah –. Avevo un amico in Cile e sono andata a trovarlo per alcuni mesi nel 2017. Poi, tornata in Italia, mi sono trovata nella condizione di dovermi reinventare una vita”. Così va a Firenze a insegnare pattinaggio sul ghiaccio, sport che aveva praticato a livello agonistico in gioventù. Lì conosce Brooke, anche lei dipendente del centro di pattinaggio, che diventa sua grande amica.
Mi mancano i miei affetti, ma non tanto l’Italia. Mi sembravano tutti arrabbiati e un po’ tristi. Mi mancava il Cile
“Un giorno mi è uscito dalla mente il progetto del caffè. Ho scelto il Cile perché c’era questo amico, diventato per un periodo il mio fidanzato, e soprattutto perché c’era un movimento femminista molto forte”. Così, in un paio di mesi vende la sua quota del ristorante a Venezia e parte per Santiago con questo sogno. Poco dopo esserci arrivata, la chiama Brooke dall’Italia per dirle che anche lei vuole partecipare al progetto, investendo i suoi risparmi. E a loro si unisce Fernanda, che Sarah aveva conosciuto nel suo primo viaggio in Cile e che ora è anche sua coinquilina. “Ognuna di noi ha un ruolo nel caffé – spiega Sarah –. Io mi occupo di organizzare gli eventi, prendere i contatti con le imprenditrici e promuovere le iniziative sui social media. Brooke è il nostro braccio operativo, lavora al bancone e aggiusta tutto. Fernanda invece si occupa della parte contabile e finanziaria”.
L’idea alla base del Caffè delle donne è quello di dare spazio alle donne e alle loro iniziative, dalle fornitrici di cibi e bevande per il ristorante, fino alle artiste. Ogni mese vengono presentate due imprenditrici, che con i loro prodotti possono entrare a far parte del menù, o vengono presentate ai clienti. C’è chi fa i dolci, chi marmellate, cereali, caffé o prodotti naturali per il corpo. Anche il menù è tutto al femminile – tranne per lo chef, che è un ragazzo venezuelano -: è pensato per le donne e ogni piatto ha il nome di una scrittrice, di una poetessa e altre donne importanti per il cammino di vita delle creatrici del Caffé. “Vogliamo parlare di femminismo, ma non in modo integralista – precisa Sarah –. A un certo punto abbiamo dovuto specificare che il locale era aperto anche agli uomini. Li vedevamo gironzolare fuori, senza avere il coraggio di entrare”. Anche se partito da poco il progetto ha avuto una buona risposta, nonostante il Cile sia un paese ancora molto maschilista. “Forse ci prendono in considerazione in modo diverso perché siamo straniere e veniamo da fuori – prosegue Sarah –. Comunque ci stanno arrivando tantissime proposte di donne e imprenditrici che vogliono collaborare con noi e presentare le loro iniziative. Stiamo organizzando anche corsi di poesia e scrittura, cucito e su come affrontare la violenza. La risposta mi sembra buona. Abbiamo anche uno spazio dedicato alla presentazione dei libri e da cui si possono prendere libri in prestito”. L’idea è quella di far conoscere scrittrici e poetesse latinoamericane poco conosciute.
A un certo punto abbiamo dovuto specificare che il locale era aperto anche agli uomini. Li vedevamo gironzolare fuori, senza avere il coraggio di entrare
Ormai da un anno in Cile, Sarah è entusiasta della sua esperienza all’altro capo del mondo. Santiago è una città viva, che offre molte opportunità. Certo, ammette, “mi mancano i miei affetti, ma non tanto l’Italia. Quando sono rientrata per le vacanze di Natale è stato abbastanza forte. Mi sembravano tutti arrabbiati e un po’ tristi. Mi mancava il Cile. Qui mi sveglio la mattina e mi sento felice, e quando sono triste vado verso l’oceano. Nel momento in cui non mi sentirò più bene, allora chissà guarderò altrove, ma non so se sarà l’Italia. Il mio concetto di casa è cambiato con gli anni. Qualsiasi posto mi faccia sentire me stessa o permetta la realizzazione dei miei sogni, diventa automaticamente la mia casa”.