Hanno eletto il segretario nello stesso giorno, l’ultima domenica di marzo. Due congressi che sembrano uscire direttamente dalla Prima Repubblica quelli dei socialisti e dei repubblicani. E invece no: perché il Psi e il Pri esistono ancora. Anzi resistono. Persino oggi che il cosiddetto governo del cambiamento sostiene di aver spazzato via non la Prima, ma sopratutto la Seconda di Repubblica. Sono sopravvissuti a Tangentopoli, che ne ha decapitato vertici e leader a colpi di arresti e avvisi di garanzia. Ma anche al ventennio berlusconiano che li spaccati, assorbendoli a corrente alternata: a un certo punto gli ex socialisti alla corte dell’ex premier non si contavano più, ma anche Giorgio La Malfa guadagnò il Parlamento con il Pdl. E adesso si riuniscono a Roma, in piena Terza Repubblica, o presunta tale.
Dopo la liquidazione del partito storico – nato nel 1892 – travolto da Mani Pulite, e la scissione in due nel 1994, da un decennio i nipotini di Pietro Nenni hanno definitivamente rotto con le ambiguità, posizionandosi a sinistra con la guida di Riccardo Nencini. All’ultimo congresso hanno ricevuto persino la visita del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e hanno eletto alla quasi unanimità (un’astensione) il nuovo segretario: è Enzo Maraio, consigliere regionale in Campania. “Possiamo essere tutti d’accordo che in questo congresso si è sancita la centralità del Psi nel centrosinistra. La presenza di Zingaretti e di Della Vedova come ospiti a questo congresso non era scontata. Spero però che la stagione della vocazione maggioritaria del Pd sia stata messa in soffitta. La logica di coalizione deve essere plurale e rispettosa di tutte le storie: su questa sfida Zingaretti poteva essere più coraggioso”, ha detto il neosegretario, sedendosi sulla poltrona che fu di Bettino Craxi. Curiosamente Maraio viene eletto nell’anniversario numero 32 di quello che è probabilmente il più celebre congresso del Psi: il 31 marzo del 1987 si apriva a Rimini la convention ospitata dal finto “tempio greco”, creato da Filippo Panseca, noto architetto turbo craxiano. Tre mesi dopo i socialisti sfondarono il 14% alle politiche: fu un record. Altri tempi. Oggi Maraio può contare sull’appoggio del segretario uscente Nencini. “Il Psi apre un nuovo ciclo. Sono orgoglioso di passare il testimone nel segno di una continuità, di una storia, che ha reso l’Italia più libera e più civile”, ha detto l’ex viceministro del governo di Matteo Renzi. Ma cosa si è deciso al congresso del Psi? “È emersa forte l’esigenza di rimanere nell’alveo del Pse, dove siamo collocati storicamente. Quindi, diventerebbe molto più problematico ragionare su un’alleanza con +Europa che, a livello europeo, sta in una casa diversa. Siamo aperti a qualsiasi sfida, ma nel rispetto del Psi, della nostra storia”, dice Maraio, pensando già alle Europee.
Molto più moderato l’umore dalla parte dei Repubblicani, che invece possono ancora vantare il simbolo originario con l’edera nell’emblema, risalente al 1895. Gli eredi di Giovanni Spadolini – ma qualcuno su facebook rilancia persino Giuseppe Mazzini – hanno rieletto “a grandissima maggioranza” Corrado De Rinaldis Saponaro. Autore solo due giorni fa di una “nota politica” al vetriolo pubblicata sul sito del partito, ma inspiegabilmente ignorata dalla stampa. L’obiettivo di De Rinaldis Saponaro? Lo stesso dei Repubblicani di un secolo fa: il Papa. “Il pontefice – scrive il segretario – può ricevere o non ricevere chi più preferisce, ma se la ragione dei suoi incontri riposa sulla coincidenza del pensiero del suo interlocutore con quello della Chiesa e presupponesse che il suo interlocutore dovesse rimettersi interamente al pensiero della Chiesa abbandonando il proprio, la Chiesa rinuncerebbe al suo ecumenismo per scoprirsi integralista. Nel caso in cui fosse un uomo di Stato a dover rinunciare alle sue convinzioni per essere ricevuto del santo padre, ci troveremmo di fronte ad un’ingerenza inaccettabile per uno Stato laico, oltre che ad una violazione palese del Concordato”. Dunque, alla fine del lungo preambolo che inneggia alla laicità dello Stato, ecco il cuore della questione: “Vogliamo sperare che le notizie relative ad un eventuale incontro fra il ministro Salvini ed il pontefice, siano infondate“. Nessuna replica: né dal leader della Lega e neanche da Papa Francesco.
Per tornare alla cronaca, la notizia più fresca emersa dall’ultimo congresso è l’ascesa nel partito dei repubblicani di Ravenna, che hanno ottenuto in direzione 5 membri su 35, compreso il vicesegretario: è Eugenio Fusignani, vicesindaco della città romagnola. D’altra parte Ravenna è l’unica città dove il Pri ha eletto qualcuno in consiglio comunale negli ultimi anni. Fallimentare, invece, l’intesa con Ala di Denis Verdini alle politiche. Fusignani ha dunque le idee chiare per il futuro: “È per me motivo di grande orgoglio questa nomina che da un lato consolida il lavoro fatto in questi mesi e anni a Ravenna e dall’altro dà mandato al partito e a me come vicesegretario nazionale vicario con delegato agli enti locali di ricostruire il partito partendo dalle città”. E se i socialisti hanno rinunciato a discutere con +Europa per le europee, al contrario i radicali è proprio con + Europa che intendono “proseguire gli incontri”. La soglia di sbarramento è lontana anni luce: il Pri, però, sembra pronto a resistere all’ennesima eventuale sconfitta. Arriverà anche la Quarta Repubblica, ma Repubblicani e Socialisti rimarranno su piazza.