Quello di Papa Francesco può essere definito un pontificato antifemminista? Sono sotto gli occhi di tutti gli appelli e i gesti concreti che Bergoglio ha fatto in favore delle donne in questi sei anni di pontificato. Ignorarlo è un segno di cattiva fede. Così come lo è far passare il Vaticano di oggi come un luogo misogino. Sono tante le donne, laiche e consacrate, che nel silenzio ogni giorno lavorano nello Stato più piccolo del mondo. Così come si può affermare, senza paura di smentita, che tutti gli ultimi Papi hanno posto un’attenzione particolare all’universo femminile. Basterebbe semplicemente avere un po’ di memoria storica.

È l’8 dicembre 1965 quando San Paolo VI invia un messaggio alle donne al termine del Concilio ecumenico Vaticano II. “Ed ora – scrive Montini – è a voi che ci rivolgiamo, donne di ogni condizione, figlie, spose, madri e vedove; anche a voi, vergini consacrate e donne nubili: voi siete la metà dell’immensa famiglia umana! La Chiesa è fiera, voi lo sapete, d’aver esaltato e liberato la donna, d’aver fatto risplendere nel corso dei secoli, nella diversità dei caratteri, la sua uguaglianza sostanziale con l’uomo. Ma viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si completa in pienezza, l’ora in cui la donna acquista nella società un’influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto”. E conclude: “Donne di tutto l’universo, cristiane o non credenti, a cui è affidata la vita in questo momento così grave della storia, spetta a voi salvare la pace del mondo!”.

Indimenticabile rimane l’Angelus pronunciato da Giovanni Paolo I il 10 settembre 1978. “Noi – affermò Luciani – siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore”.

Di San Giovanni Paolo II è memorabile la lettera alle donne scritta il 29 giugno 1995. “Grazie a te, donna, – afferma Wojtyla – per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani. Ma il grazie non basta, lo so. Siamo purtroppo eredi di una storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò le ha impedito di essere fino in fondo se stessa, e ha impoverito l’intera umanità di autentiche ricchezze spirituali”.

Come non citare anche la lettera apostolica del Papa polacco Mulieris dignitatem sulla dignità e vocazione della donna, datata 15 agosto 1988. In essa, Wojtyla scrive: “La Chiesa rende grazie per tutte le donne e per ciascuna. La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del ‘genio’ femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità: ringrazia per tutti i frutti di santità femminile”.

Benedetto XVI non ha mancato di evidenziare, nella catechesi dell’udienza generale del 14 febbraio 2007, che “la storia del cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne”. Nell’Angelus dell’8 marzo 2009, Ratzinger sottolineò l’importanza di “riflettere sulla condizione della donna e rinnovare l’impegno, perché sempre e dovunque ogni donna possa vivere e manifestare in pienezza le proprie capacità ottenendo pieno rispetto per la sua dignità”. Aggiungendo, inoltre, che “più degli stessi documenti, però, valgono le testimonianze dei santi; e la nostra epoca ha avuto quella di Madre Teresa di Calcutta: umile figlia dell’Albania, diventata, per la grazia di Dio, esempio a tutto il mondo nell’esercizio della carità e nel servizio alla promozione umana. Quante altre donne lavorano ogni giorno, nel nascondimento, per il bene dell’umanità e per il regno di Dio! Assicuro oggi la mia preghiera per tutte le donne, perché siano sempre più rispettate nella loro dignità e valorizzate nelle loro positive potenzialità”.

Francesco si è molto speso per il mondo femminile. Partendo innanzitutto da un concetto a lui tanto caro ripetuto numerose volte: “La Chiesa è donna, la Chiesa non è maschio, non è ‘il’ Chiesa. Noi chierici siamo maschi, ma noi non siamo la Chiesa. La Chiesa è donna perché è sposa”. Ma con uno sguardo concreto anche ai tanti problemi dell’universo femminile. Dalla denuncia dello sfruttamento delle donne, a quella delle tante madri licenziate perché incinte, fino alla condanna della scandalosa disparità di retribuzione tra l’uomo e la donna. E non è un mistero che Bergoglio da tempo vuole nominare proprio una donna come capo dicastero della Curia romana. Una volontà che molto probabilmente sarà concretizzata dopo lo scontro di potere avvenuto all’interno del mensile femminile de L’Osservatore Romano. Una vicenda che non può certo cancellare tutta l’attenzione che la Chiesa cattolica ha per le donne.

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