Un ex ultras dei Drughi, di cui era ai vertici. Poi collaboratore al “Supporter liaison officier” della Juventus per la gestione dei gruppi della curva. Ma anche informatore della Digos e, infine, dei servizi segreti. Sono le varie vite di Raffaello Bucci, nato il 25 aprile 1976 a San Severo (Foggia), morto suicida il 7 luglio 2016, quando un sabato mattina si è buttato da un cavalcavia di Fossano (Cuneo). Per far luce su quella giornata, che ha alcuni buchi neri, stamattina il suo corpo è stato riesumato per una nuova autopsia eseguita dai medici legali Lorenzo Varetto e Roberto Testi. L’ex moglie Gabriella Bernardis, assistita dall’avvocato Paolo Verra, teme che Bucci sia stato indotto a suicidarsi, ragione per cui hanno chiesto di riaprire l’inchiesta. Bisognerà capire se le lesioni al volto siano compatibili con eventuali percosse subite prima della decisione di lanciarsi dal ponte. E di conseguenza indagare su chi l’abbia aggredito, accelerando il malessere che Bucci stava vivendo.
Era stato sentito come persona informata sui fatti il giorno prima. I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Torino stavano conducendo un’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose all’interno dei gruppi della Curva Scirea. Lui, con la sua esperienza e i suoi infiniti contatti, poteva dare un grande aiuto a quell’indagine chiamata “Alto Piemonte”, quella che ha portato all’arresto e alla condanna per mafia (in primo e secondo grado) di Rocco Dominello, ultras influente legato alle cosche di Rosarno e garante della “pace” in curva. “Affianco lo Slo Juventus che attualmente è Pairetto Alberto. Non sono un dipendente – aveva detto Bucci ai pm -. In ragione del mio passato nei gruppi ultrà mi occupo di avere un dialogo con loro”. Fino alla stagione 2014/15 era stato uno dei Drughi, guidati da Dino Mocciola: “Coordinavo il gruppo, mi interfacciavo con le sottosezioni”. I pm gli chiedono dei biglietti e del bagarinaggio: “Il business c’è. Il gruppo si autofinanzia e in qualche modo deve avere un ricavo, quindi qualche sovrapprezzo c’è”. Nell’interrogatorio, alle domande su Dominello, definito “elemento di equilibrio”, Bucci va in confusione. D’altronde l’ultima volta che si erano visti era il settembre 2014, mentre con Mocciola c’erano stati incontri più recenti: “Qualche giorno fa l’ultima volta. I rapporti sono rimasti buoni con lui”. Incalzato sulle ragioni del suo allontanamento, poi, ricorda alcuni dettagli: “Sono stato aggredito, ma non ho fatto denuncia”. Era all’inizio della stagione 2014/15, quando trapela la notizia del suo passaggio alla Juventus: “Qualcuno mi ha messo in cattiva luce con Dino. Andai per motivi personali a San Severo e sono rimasto un annetto giù”. Aveva percepito invidia nei suoi confronti: “Avevo ricevuto due schiaffi da Dino”, con cui dopo ha ripreso i rapporti.
Il giorno della sua morte, il responsabile della sicurezza della Juventus, Alessandro D’Angelo, dà la notizia ai conoscenti. Chiama alcune persone, tra cui Leonardo Bonucci e il presidente Andrea Agnelli: “È morto – dice in lacrime a quest’ultimo -. Aveva paura che l’ammazzassero (…). Continuava a dire ‘Sono un uomo morto, è finita’”. E ancora: “È andato fuori di testa ieri. Si è spaventato, ha avuto paura, non capiamo di cosa”. Agli agenti della Squadra mobile, la cognata di Bucci rivela che “Ciccio veniva minacciato da anni” e che “negli ultimi giorni Ciccio era preoccupato per problemi gravi di lavoro a causa di indagini della Guardia di finanza. Ha aggiunto che temeva di essere arrestato e che qualcuno lo voleva fuori dai giochi”. Prima di uccidersi Bucci aveva telefonato alla ex moglie per chiederle scusa e si era scusato anche con D’Angelo: “Ti chiedo perdono se te l’ho messa nel culo”.
Di cosa avesse esattamente paura Bucci non si è ancora capito. Dagli atti dell’inchiesta successivi alla sua morte è emerso che custodiva del denaro sospetto. Report ha poi rivelato l’accumulo biglietti del Lotto e di Gratta&Vinci tutti vincenti, una maniera per ripulire soldi sporchi. Forse per questo temeva l’arresto, ma non solo. C’è poi un buco nero su cosa abbia fatto la mattina prima di uccidersi. Avrebbe dovuto vedere un ispettore della Digos, incontro saltato, e forse potrebbe avere visto altre persone, ma non si sa molto perché a metà mattina i server su cui venivano registrate le intercettazioni non funzionano. A infittire il mistero, poi, si è aggiunto un nuovo aspetto sulla vita di Bucci. Il 29 settembre 2016 in procura viene sentito un agente dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) negli atti identificato come “Gestore” perché “gestisce” gli informatori, tra i quali c’era Bucci: “Avevo un rapporto con lui relativo alla infiltrazione di frange eversive e di estrema destra nelle curve”. A lui Bucci aveva anche parlato anche di Dominello e Fabio Germani, un ex ultrà condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Con quelle informazioni “Gestore” avrebbe scritto un documento riservato, trasmesso all’Aise nel 2013, sugli interessi della “famiglia Ursini”, una storica cosca di Torino. Bucci e il suo “Gestore” si erano visti nei giorni prima della morte: “Mi mandò un sms domenica 3 luglio chiedendomi di vederlo. Mi disse di essere preoccupato, che era uscita una bomba, che rischiava il posto in Juventus, cosa a cui teneva”. E ancora: “Era agitato, ma l’ho rassicurato. Viste le modalità non era certamente indagato”. Una rassicurazione che, però, non è servita.