La donna, mentre era in servizio esterno, fu trovata in fin di vita in un ascensore dell'ospedale di Venezia. Anche una verifica sul suo computer non ha trovato interventi di formattazione. Viste le conclusioni, afferma l'avvocato Fabio Anselmo che assiste i famigliari, saranno necessari ulteriori approfondimenti
Sull’arma di Sissy Trovato Mazza c’è solo il suo dna, anche se il “posizionamento e l’unicità” delle tracce di sangue potrebbero derivare anche da un imbrattamento nelle fasi successive all’evento. I consulenti di parte, chiamati ad approfondire la dinamica della morte dell’agente di polizia penitenziaria che fu trovata in fin di vita in un ascensore dell’ospedale di Venezia l’1 novembre 2016, hanno depositato la loro perizia. Viste le conclusioni, afferma l’avvocato dei famigliari Fabio Anselmo, saranno necessari ulteriori approfondimenti per stabilire l’effettiva dinamica del fatto.
Il padre di Trovato Mazza, deceduta il 12 gennaio scorso dopo due anni di agonia, non crede all’ipotesi del suicidio e aveva presentato opposizione alla richiesta di archiviazione della procura di Venezia, evidenziando diverse incongruenze nel corso dell’indagine. Così il gip aveva ordinato ulteriori accertamenti ma la nuova consulenza non svela sorprese che smontino la convinzione della Procura.
La famiglia di Sissy Trovato Mazza, di origini calabresi, non ha infatti mai creduto che la giovane si fosse tolta la vita. Anche sulla base di un scritto trovato in cassetto dopo la sua morte in cui la donna chiedeva un appuntamento alla direttrice del carcere femminile della Giudecca, perché a conoscenza di “fatti gravi” su alcune sue colleghe.