Andrea Mantella nel 2006 aveva simulato il suicidio quando era detenuto nella casa circondariale di Siano: il bluff consentì ai periti di parte di sostenere che le condizioni di salute del boss erano incompatibile con il regime carcerario e per questo andava posto ai domiciliari. Quando l'uomo iniziò a collaborare, confermò ai pm che era tutto falso: ora chi ha cercato di farlo scarcerare è accusato di false dichiarazioni, false attestazioni a pubblico ufficiale, corruzione in atti giudiziari, favoreggiamento, false dichiarazioni al difensore, concorso esterno in associazione mafiosa
Avvocati di grido, medici legali nominati dai giudici e medici di parte incaricati dalla difesa di Andrea Mantella, ex boss del Vibonese da qualche anno collaboratore di giustizia. Tutti sono stati iscritti nel registro degli indagati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che, nei giorni scorsi, ha notificato l’avviso di garanzia e contestuale avviso di conclusione indagini per false dichiarazioni, false attestazioni a pubblico ufficiale, corruzione in atti giudiziari, favoreggiamento, false dichiarazioni al difensore, concorso esterno in associazione mafiosa. Oltre ad Andrea Mantella, l’avviso di garanzia è stato notificato ai suoi ex avvocati Salvatore Maria Staiano e Giuseppe Di Renzo, ai medici legali Massimiliano Cardamone, Francesco La Cava e Mauro Notarangelo, ai medici Silvana Albani, Luigi Arturo Ambrosio (legale rappresentante della clinica “Villa Verde”), Domenico Buccomino, alla consulente di parte Sabrina Anna Maria Curcio. Ma anche ad Antonio Falbo, Santina La Grotteria (ex compagna di Mantella), Francesco Lo Bianco, l’ingegnere minerario Sergio Lupis 48 anni, di Vibo e ai due consulenti tecnici Massimo Rizzo e Antonella Scalise.
In sostanza, secondo il procuratore Nicola Gratteri e i sostituti Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso e Annamaria Frustaci, gli indagati avrebbero svolto un ruolo nel tentativo di fare uscire dal carcere Andrea Mantella che, nel 2006 aveva simulato un suicidio quando si trovava detenuto all’interno della casa circondariale di Siano, in provincia di Catanzaro. Un gesto che se da una parte non preoccupò il medico di guardia intervenuto nell’immediatezza, dall’altra consentì ai periti di parte di sostenere che il boss sarebbe stato affetto da “sindrome suicidiaria”, che era incompatibile con il regime carcerario e per questo andava posto ai domiciliari. In quell’occasione, anche il medico legale parlò di “disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso” consentendo all’avvocato Di Rienzo di presentare un’istanza di revoca della misura cautelare al gip di Catanzaro.
Quando Mantella iniziò a collaborare, confermò ai pm che era tutto falso e che anche i tecnici di parte Rizzo e Scalise sarebbero stati istigati da lui e dall’avvocato Staiano per redigere false attestazioni dalle quali era emerso un quadro clinico che lasciava pensare a un “rischio di suicidio” e a un’“instabilità emotiva”. Tra le accuse c’è anche quella di corruzione in atti giudiziari perché al medico legale Mauro Notarangelo sarebbe stata consegnata dall’ex fidanzata del boss, Santina La Grotteria, una somma di denaro. Soldi che, per il tramite dell’avvocato Staiano e del consulente di parte Massimo Rizzo, sarebbe stati promessi al perito nominato dal gip per “redigere una patologia psichiatrica inesistente”. Nell’inchiesta della Dda è finita anche la clinica “Villa Verde” dove Andrea Mantella e Francesco Scrugli (suo cognato ammazzato nel marzo 2012) trascorrevano indisturbati gli arresti domiciliari grazie alle cortesie del rappresentante della struttura sanitaria convenzionata Luigi Arturo Ambrosio.
Quest’ultimo, infatti, attraverso il medico Domenico Buccomino era riuscito a garantire il soggiorno a “Villa Verde” per Mantella che aveva la piena disponibilità dei locali dove si sarebbero svolti veri e propri summit di ‘ndrangheta. Tra il 2007 e il 2010, inoltre, Ambrosio avrebbe fornito a Mantella e Scrugli i documenti di ignari soggetti ricoverati nella clinica per attivare schede telefoniche con le quali comunicare con gli altri esponenti della cosca. Il tutto in cambio di denaro e regali come vini pregiati, divani per la figlia, Rolex in oro, una Mercedes per il figlio. Ma anche prosciutti, parmigiano, televisori, materassi e condizionatori che poi sarebbero serviti per il bed & breakfast della moglie.