di Franco Grillini*

A Verona si è consumato il festival dell’integralismo religioso, assieme ad un’accolita di personaggi improbabili dell’internazionale nera, filo Putin, in gran parte proveniente dall’est europeo e da Paesi ex comunisti che sono diventati la culla del sovranismo e della rinascita, o se vogliamo della rilegittimazione di tutti i gruppi dell’estrema destra neonazista. Per molti versi abbiamo assistito alla galleria degli orrori, feti di plastica (che invece vengono esibiti in formalina davanti alle varie maternità italiane), una copiosa libellistica omofoba soprattutto contro la presunta teoria gender, una moderna (si fa per dire) versione dei protocolli dei Savi di Sion, slogan contro le donne che abortiscono dipinte come assassine e gli aborti (della cui legge si chiede l’abrogazione) definiti come omicidi: 6 milioni di bambini non nati è stato il refrain (bambini, non embrioni).

La copertura mediatica è stata enorme: sia perché è la prima volta che l’adunata nera si tiene in un Paese della vecchia e civile Europa sia, soprattutto, per la messe di ministri dell’attuale governo, a partire dal vicepremier Matteo Salvini, apparso per una volta piuttosto imbarazzato e intento più a descrivere cosa non era l’accozzaglia di fanatici rispetto a ciò che si proponeva. Le giaculatorie salviniane erano le solite trite e ritrite contro “l’utero in affitto”, l’adozione alle coppie gay, per non parlare dell’ultimo nemico additato al pubblico ludibrio e cioè le case famiglia per gli affidamenti da tribunale, dove a dire del ministro dell’Interno si fa speculazione sui soldi pubblici.

Ma tutto ciò ha prodotto una grande eterogenesi dei fini, perché la reazione è stata corale, massiccia e ha prodotto mille iniziative di dissenso e una gigantesca manifestazione che ha percorso le vie di Verona sabato 30 marzo sfilando per 7 ore, mentre quella della fine del congresso clericale il giorno dopo era solo di alcune migliaia di persone senza vivacità, anzi possiamo dire con molta mestizia.

In sostanza l’adunata nera ha contribuito potentemente alla rinascita di un movimento per i diritti civili, dati per dispersi negli ultimi decenni. Soprattutto ha messo in primo piano nella politica italiana la questione delle libertà individuali, che anche a sinistra è sempre stata considerata residuale e comunque non prioritaria. Qui si è visto bene che la nuova vita dell’estrema destra sovranista e suprematista ha nella negazione dei diritti individuali di libertà il suo perno, e che non si può più dire che ci sono delle “priorità” o delle “urgenze” della politica che mettono in secondo piano le battaglie sui diritti delle donne, delle persone Lgbt, delle minoranze in generale.

In particolare, il congresso veronese ha funzionato da collante per una nuova e inedita alleanza tra movimento femminista, movimento Lgbt e sindacato, quel che rimane della sinistra e la galassia dell’associazionismo che si muove sul terreno delle libertà civili. L’idea è quella di una grande manifestazione nazionale in occasione del prossimo 17 maggio, giornata internazionale contro l’omofobia, ma soprattutto quella di rendere stabile la battaglia per i diritti civili, tornata centrale nella politica italiana.

Si dice che una rondine non faccia primavera, ma qui le rondini erano decine di migliaia e la primavera è appena arrivata. Ce n’est qu’un debut continuons le combat: è solo l’inizio, il bello verrà adesso.

* presidente onorario di Arcigay

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