“Chi più chi meno, siamo furbi, ci aggiustiamo a seconda di chi abbiamo di fronte; io no: reagisco di pancia, sbrocco“. Non aveva reagito bene alla sconfitta al Festival di Sanremo e aveva fatto parlare di sé per il suo disappunto nei confronti della sala stampa e del meccanismo del televoto ora però, sbollita la rabbia, Ultimo ha deciso di spiegare in un’intervista a Vanity Fair come mai ha reagito così e respinge le critiche che lo hanno travolto dopo l’esperienza sanremese. “Mi hanno dato del coatto, fascista, omofobo, ma la verità è che non sono niente di tutto questo. Io di politica non ne so, e le generalizzazioni, come le strumentalizzazioni, mi amareggiano. Ho agito d’istinto, ed esprimersi d’istinto è pericoloso. Ma è il mio carattere: schietto, incontrollabile. Sto lavorando per migliorare. Ho pensato che chiedendo scusa sarei tornato a far parlare di me ma non della mia musica”
Poi Ultimo ha spiegato come mai abbia scelto proprio questo nome d’arte: “Successe in un bar di San Basilio, la borgata romana da cui vengo. Con un gruppo di amici ci eravamo chiamati Les Misérables, dal romanzo di Victor Hugo. Al singolare suonava brutto, ‘miserabile’, così è venuto da sé Ultimo: che ce l’ha con tutti, ma non ce l’ha con nessuno, perché in fondo ce l’ha solo con sé stesso. Per essere nato con la predisposizione a sentirmi colpito, un bersaglio incompreso.
Il cantautore romano ha poi rivelato di aver vissuto momenti difficili durante l’infanzia a causa degli insegnanti che, sin dalle elementari, si erano lamentati del suo comportamento, accusandolo di essere un “nullafacente” e “marcio dentro”: “Avrò avuto una decina d’anni, ricordo facevo cose in effetti un po’ irrequiete, tipo lanciare le mele in classe, quando mi mandarono da una, nella speranza mi curasse questa ‘inadeguatezza’. Solita predica, solito dito puntato. Ma davvero c’è un modo giusto per vivere? Questa ambizione di riscatto non mi passerà mai”.