La scena si ripeteva uguale tutti gli anni quando era il momento della mitica “villeggiatura”. Dopo il triplo controllo obbligatorio ai rubinetti del gas, la rassegna degli interruttori della luce (erano quelli di bachelite a chiavetta, da ruotare sempre rigorosamente in senso orario: apriti cielo se per una volta ci vedeva cambiare verso), al momento della chiusura degli “scuri” – le imposte – mio padre immancabilmente ci offriva la sua versione del perbenismo dei poveri. “Sono in tanti a chiudersi in casa per far finta di essere in vacanza”. Sottointeso: non come noi che invece ci andiamo davvero. Dopodiché partivamo in tre con la nostra Topolino marrone (altri due seguivano in treno: la Topolino piena non sarebbe mai riuscita a superare la fatidica salita della Cavalera).
Un ricordo antico riaffiorato l’altro giorno quando, dopo un mio articolo, l’Aeronautica militare si è sentita in dovere di fare un comunicato per smentire l’inconfutabile. In sintesi estrema: nell’articolo raccontavo come sui KC-767A, le aerocisterne dell’Aeronautica italiana, fosse montato l’MCAS il dispositivo sospettato di essere la causa di due incidenti aerei che hanno coinvolto altrettanti Boeing 737 MAX 8 in Indonesia ed Etiopia provocando oltre trecento morti. La notizia c’era tutta, e anzi mi era stata confermata per iscritto dallo stesso ufficio stampa dello Stato maggiore e dalla communications manager della Boeing.
Non che avessi dovuto fare un gran lavoro di investigative journalism, lo ammetto. La notizia l’avevo ripresa da fonti “autorevoli” come si dice e soprattutto non sospettabili di un pregiudizio negativo quali il settimanale Aviation Week e il mensile Air Force Magazine, che non è una fanzine di dilettanti entusiasti né un covo di terrapiattisti, ma il mensile della Air Force Association statunitense, cioè una potente lobby pro Usaf, l’aeronautica di Washington. Così ufficiale che la stessa communications manager Boeing mi suggeriva di leggerlo (ma già l’avevo fatto).
Bene, l’articolo di Air Force Magazine aveva un titolo incontrovertibile: “USAF Reviewing Training After MAX 8 Crashes; KC-46 Uses Similar MCAS”, l’USAF rivede l’addestramento dopo l’incidente del MAX 8; il KC-46 usa un MCAS simile. Nell’articolo si cita il capo di stato maggiore dell’Aeronautica americana, generale David Goldfein che “ha dato disposizione ai capi dell’Aeronautica di assicurarsi che ci sia un addestramento adeguato sulle procedure di emergenza dei nostri aerei, e addestramento al simulatore”. Perfetto.
I nostri uomini nel blu dipinto di blu invece sembrano essersi risentiti perché un giornalista, per di più uno che scrive per un giornale “che si sa come la pensa”, si è chiesto coram populo che provvedimenti avesse preso l’AM rispetto alla notizia. Cito il comunicato come ripreso dall’Ansa: “L’Aeronautica sottolinea con assoluta fermezza (pregasi notare la maschia “assoluta fermezza”, n.d.r.), che i quattro Boeing KC-767A in linea presso il 14/o Stormo di Pratica di Mare – così come tutti i velivoli della Forza armata – rispondono a stringenti e rigidissimi requisiti e parametri di sicurezza ed efficienza, applicati dall’Aeronautica militare in linea con direttive e standard definiti in ambito internazionale”. Un classico esempio di excusatio non petita: nessuno, tantomeno il sottoscritto, ha mai dubitato del contrario. Prosegue il comunicato: “Riguardo, in particolare, al software MCAS (Maneuvering Characteristics Augmentation System), l’Arma azzurra precisa che “quello adottato sul KC-767A dell’Aeronautica militare è diverso da quello presente sul Boeing 737 Max”, cioè il modello di aereo caduto, e dunque “non è stato necessario implementare alcuna misura precauzionale supplementare, né alcuna tipologia di addestramento specifico per gli equipaggi della Forza armata che operano sull’assetto (sic, che cos’è un assetto?), in aggiunta agli stringenti protocolli addestrativi che vengono periodicamente già effettuati sia a terra con simulatori sia in missioni di addestramento in volo”. Ma anche quello dei KC-46 americani è diverso dal dispositivo dei 737 Max. Eppure Goldfein la pensa diversamente.
Dal comunicato dell’Aeronautica si evince in primis come i nostri protocolli addestrativi siano migliori di quelli statunitensi. Altrimenti perché il generale Goldfein avrebbe disposto “addestramento adeguato nelle procedure di emergenza” per i suoi piloti quando i nostri non ne hanno bisogno? In secundis, che applichiamo “rigidissimi” parametri di sicurezza. Bene, ma anche qui mi chiedo quali parametri vengano applicati dagli americani che si comportano in maniera diversa. Sono soddisfazioni, signora mia.
Il comunicato dell’Aeronautica (molto più lungo, sia detto per inciso, del mio articolo: forse erano sopraffatti dall’indignazione) si dilunga poi nel ricordare come i KC-767 siano impegnati a supporto della protezione civile, fanno trasporto sanitario a lungo raggio e, udite udite, possono portare malati in biocontenimento. Il compianto Di Pietro sarebbe sbottato con un “ma che c’azzecca con il MCAS?”.
Siamo insomma alle solite. Non si risponde nel merito, si insinua che sono tutte cazzate. Erano cazzate le storie sull’amianto nelle navi (ma la Corte di Cassazione ha ordinato che venga rifatto il processo a 5 ammiragli inizialmente assolti), l’uranio impoverito è roba da sfigati, e Ustica è stata una fatalità. Insomma loro non c’entrano mai.
Ero incerto se concludere con l’irriverente canzoncina di “tutto va ben madama la marchesa” o la più colta citazione manzoniana del Conte zio: “Sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire”. Poi sono ripiegato sull’immortale Alberto Sordi. “Com’è il rancio, soldato?”. “Ottimo e abbondante signor generale”. Ottimo e abbondante.