I reati sono aggravati dall’aver agevolato un clan di mafia. Tra le persone iscritte nel registro degli indagati ci sono anche tre alti dirigenti. Le indagini sono affidate ai carabinieri di Caserta, su delega della Dda di Napoli. La nota di Rete ferroviaria italiana: "Piena collaborazione e fiducia nell'autorità giudiziaria"
I carabinieri di Caserta, su delega della Dda di Napoli, stanno eseguendo una serie di perquisizioni a Napoli e a Roma, nella sede di Rfi e negli uffici di alcuni dirigenti della stessa società nell’ambito di un’inchiesta anticorruzione su appalti concessi a ditte ritenute riconducibili, a detta degli inquirenti, a imprenditori strettamente legati al clan dei Casalesi. Una decina gli indagati per corruzione e turbativa d’asta, reati aggravati dall’aver agevolato un clan di mafia.
Tra gli indagati della inchiesta ci sono Nicola e Vincenzo Schiavone, lontani parenti del capo clan in carcere Francesco ‘Sandokan’ Schiavone. Con loro anche dipendenti Rfi, tra cui tre alti dirigenti. Uno è Massimo Iorani, a capo del Dac (Direzione acquisti di Rfi), che secondo l’attività investigativa è risultato molto amico di Nicola Schiavone che lo avrebbe ospitato in noti alberghi della costa campana, e al quale Schiavone, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe aiutato affinché facesse carriera. Un altro dirigente indagato è Paolo Grassi che, secondo la Dda. pm Antonello Ardituro e Graziella Arlomede coordinati dall’aggiunto Luigi Frunzio, si sarebbe occupato di alcuni appalti finiti nelle mani delle aziende riconducibili a Nicola Schiavone. Il terzo dirigente di Rfi è Giuseppe Russo, dirigente del Dipartimento Trasporti a Napoli.
Nicola e Vincenzo Schiavone, entrambi finiti nel maxi processo Spartacus (il primo ne è uscito indenne, il secondo, invece, è stato condannato) sono imprenditori ritenuti dagli inquirenti molto vicini al clan dei Casalesi. Il primo, che è risultato a capo di una società di consulenza in una serie di intercettazioni più volte ha ribadito di essere diventato imprenditore grazie all’aiuto di Sandokan, nel 1979 sugella lo stretto rapporto facendo da padrino di battesimo del primogenito di Sandokan, che si chiama anche lui Nicola, attualmente collaboratore di giustizia e, verosimilmente colui che ha dato impulso alle indagini anticorruzione della Dda. Sono, al momento, una decina gli appalti finiti sotto la lente di ingrandimento della procura che ritengono che siano stati assegnati in maniera sospetta al gruppo di ditte riconducibili a Nicola Schiavone, risultate intestate a prestanome. Solo la Bcs srl, i cui uffici, come anche altri sempre a Napoli e in provincia, sarebbe direttamente riconducile all’imprenditore. Rfi, in una nota, “garantisce la piena collaborazione per lo svolgimento dei necessari accertamenti da parte degli inquirenti e conferma la propria fiducia nell’autorità giudiziaria. In base agli sviluppi delle indagini, Rfi valuterà eventuali azioni a propria tutela”.