Famiglie rom nella periferia di Torre Maura? Un affronto nel territorio “governato” da CasaPound. E ora la procura di Roma indaga per danneggiamenti e minacce con l’aggravante dell’odio razziale. Le promesse della sindaca di Roma, Virginia Raggi, di spostare “entro una settimana” le 77 persone di etnia rom – di cui 34 minori – dal centro di accoglienza “Usignolo” gestito dalla Coop Tre Fontane ha soltanto mitigato la protesta. Che sta continuando “e proseguirà finché non saranno usciti tutti i rom dalla struttura”. L’automobile della Sala operativa sociale del Comune incendiata martedì sera da chi protestava è ancora lì davanti, quasi fosse un avvertimento. “Daremo fuoco al centro”, urlavano alcuni, prima che il comunicato del Campidoglio sciogliesse la protesta, alle 2.30 di notte. “Dovevamo farlo saltare in aria prima questo centro. È meglio fare i delinquenti con questi”, c’era chi urlava questa mattina tra i residenti delle case popolari ex-Isveur, sostenuti dai militanti della tartaruga neofascista e da alcune “presenzialiste” – riconoscibili nelle tante interviste video che circolano in rete e sui tg – appartenenti alla rete della manovalanza dell’estrema destra romana.
video di Luca Teolato
LA RETE DI CASAPOUND A TORRE MAURA – Non è un caso se proprio in questo quartiere CasaPound da almeno 2 anni consegni ogni settimana pacchi-spesa a 30-40 famiglie residenti nelle case popolari ed abbia dichiaratamente sposato la causa di numerosi occupanti abusivi, alzando le barricate quando arrivano gli sfratti attraverso la sua vasta rete di militanti, simpatizzanti e “aderenti”. Lo stesso tam-tam partito martedì quando “alcuni residenti ci hanno avvertito dell’arrivo dei rom e siamo subito arrivati, sostenendone la protesta”, come spiega a IlFattoQuotidiano.it Fabrizio Montanini, uno dei leader del territorio. Lo conferma anche Marzio Compagnoni, coordinatore di Cpi a Torre Maura: “Era necessario dare sostegno alle famiglie italiane”. E ovviamente, quando c’e’ da chiamare qualcuno, “i cittadini chiamano noi, perché noi ci siamo”. Lo schema, insomma, è chiarissimo: l’estrema destra “aiuta” la cittadinanza con pacchi spesa e barricate antisfratto e allo stesso tempo si assicura la presenza nei presidi più caldi. Sul posto, fra l’altro, anche persone che si dichiarano di ideologia opposta a quella dei manifestanti. “Io non sposo le idee di Casapound, non li ho votati ma li ammiro e gli faccio i complimenti”, ha spiegato un signore con indosso una felpa dei Fedayn, lo storico gruppo ultrà della Roma legato agli ambienti di estrema sinistra.
LA DIGOS LAVORA SULLE IMMAGINI – Una rete che va oltre la militanza stretta nella tartaruga neofascista e si estende agli altri movimenti d’area, come dimostra la presenza degli “urlatori”, coloro che davanti alle telecamere spingono le istanze dei contestatori e in alcuni casi vomitano odio. Alcuni erano presenti anche a San Lorenzo, nei giorni successivi alla morte di Desiree Mariottini, o alle proteste contro il centro d’accoglienza Tiburtino III. Non è un caso se, secondo fonti investigative, sarebbero al vaglio della Digos in queste ore video e riprese effettuate dalla polizia scientifica durante le proteste, per identificare i partecipanti e stabilire le singole responsabilità. “Non possiamo cedere all’odio razziale, non possiamo cedere contro chi continua a fomentare questo clima e continua a parlare alla pancia delle persone”, ha detto la sindaca Raggi.
IL BALLETTO DEI CENTRI D’ACCOGLIENZA – Per quanto siano censurabili gli scontri di martedì, va detto che qualcosa in Campidoglio non ha funzionato. Secondo Mauro Antonini, coordinatore regionale di CasaPound, “i cittadini non avevano alcun problema con il centro d’accoglienza finché c’erano i rifugiati”, aggiungendo che “nel quartiere si era creato un bel percorso di integrazione”. Il che, detto da un autorevole esponente dei “fascisti del terzo millennio”, è tutto dire. Ma allora cosa è cambiato? L’ex clinica fisioterapica di via Codirossoni da almeno un anno non ospita più rifugiati. La Coop Tre Fontane, invece, ha vinto un bando del Comune di Roma per ricevere queste 77 persone, che in realtà fino a pochi giorni fa erano ospitati in un altro centro, a via Toraldo, distante meno di 3 chilometri. Quest’ultima struttura, precedentemente gestita dalla Domus Caritatis, è stata assegnata senza bando nel 2015 dalla Cabina di Regia dell’Ufficio capitolino Rom, Sinti e Caminanti alla Coop. San Saturnino e Coop. Sociale Il Sol.Co. A loro volta, le circa 30 famiglie provenivano da un altro centro sgomberato, quello di via Amarilli a La Rustica.
CHE FINE HA FATTO IL PIANO ROM? – Nel 2016, la procura di Roma aveva effettuato degli arresti fra i responsabili dell’ufficio rom del Campidoglio, proprio gli stessi che avevano lavorato all’assegnazione delle famiglie al centro di Torre Angela, un’inchiesta che fra l’altro ha lambito anche una delle cooperative. L’inchiesta potrebbe essere fra i motivi che hanno spinto il Comune a non rinnovare la convenzione con il centro, optando per le famiglie. Secondo il piano rom approvato da Virginia Raggi nel 2017, tuttavia, queste avrebbero dovuto aderire a un percorso di “emancipazione”, che in realtà non le ha mai prese in considerazione. “Abbiamo capito che non è il caso di concentrare tutte le persone in un solo punto e stiamo lavorando per spostarle in vari centri diffusi sul territorio comunale, facendo attenzione a mantenere l’integrità dei nuclei famigliari e nell’interesse dei minori”, ha spiegato il delegato alla Sicurezza della sindaca, Marco Cardilli, giunto sul posto in mattinata. A Torre Maura anche il segretario romano del Pd, Andrea Casu: “È ovvio che se non metti in atto un percorso di condivisione con il quartiere, questo si ribella. I residenti non hanno mai contestato il centro perché funzionava bene. Ci troviamo davanti a un clamoroso autogol di questa amministrazione”.