L'addebito contestato alle aziende tedesche nell'opinione preliminare della Commissione Europea è quello di aver formato un cartello che impediva l'immissione sul mercato di sistemi di catalizzazione in grado di tenere sotto controllo le emissioni inquinanti. Se confermate, le accuse porterebbero a multe salatissime: fino al 10% del fatturato mondiale dei costruttori
Potenzialmente si tratta di una nuova tempesta perfetta: poche ore fa, infatti, l’Antitrust dell’Unione Europea ha ufficialmente accusato BMW, Daimler e Volkswagen Group di essere colluse in una strategia studiata per bloccare deliberatamente il lancio delle tecnologie necessarie a combattere le emissioni inquinanti. Un cartello antiambientale che potrebbe costare multe miliardarie ai colossi tedeschi dell’auto.
Lo riporta Reuters, specificando che le accuse arrivano a quasi due anni di distanza dalle perquisizioni che avevano interessato gli uffici delle suddette compagnie automobilistiche. La Commissione sostiene che la presunta collusione si è verificata tra il 2006 e il 2014 e si è materialmente consumata durante gli incontri tecnici delle case automobilistiche.
“Daimler, VW e BMW potrebbero aver infranto le regole di concorrenza dell’UE e, di conseguenza, ai consumatori europei potrebbe essere stata negata l’opportunità di acquistare auto con la migliore tecnologia ambientale disponibile”, ha dichiarato in una nota il commissario europeo per la concorrenza, Margrethe Vestager.
“Le aziende possono cooperare in molti modi per migliorare la qualità dei loro prodotti, ma le regole di concorrenza dell’UE non consentono loro di colludere esattamente per il fine opposto: non migliorare i loro prodotti, non competere”, spiega la Vestager: “Siamo preoccupati che Daimler, VW e BMW possano aver violato le regole di concorrenza dell’UE”.
L’attenzione dell’UE si sta concentrando sulla regolarità dei sistemi di riduzione catalitica selettiva, studiati per ridurre le emissioni nocive di ossido di azoto dei motori diesel attraverso l’iniezione di urea (anche indicata col nome di AdBlue) nel flusso dei gas di scarico. Ma al centro delle indagini ci sono pure i filtri antiparticolato adoperati lungo la linea di scarico.
L’opinione preliminare della Commissione è che il comportamento delle case automobilistiche abbia mirato a limitare la concorrenza sull’innovazione per i sistemi di catalizzazione e, così facendo, abbia negato ai consumatori la possibilità di acquistare automobili meno inquinanti, nonostante la tecnologia fosse a disposizione dei produttori.
Daimler, che per prima aveva fatto “mea culpa” un paio di anni fa autodenunciando il cartello, mastica amaro: la società, infatti, sperava di schivare le sanzioni derivanti ed essere premiata per la sua onestà a posteriori (che, comunque, si è appalesata solo dopo lo scoppio dello scandalo emissioni diesel Volkswagen). Gruppo VW rimane sulla linea del ‘no comment’, mentre BMW sta studiando le accuse che le sono state mosse. In ballo ci sono, come scritto pocanzi, multe da miliardi di euro: fino al 10% del fatturato globale delle multinazionali in questione.
Va specificato che questa indagine è limitata a una presunta violazione del diritto sulla concorrenza e, al momento, non si parla di possibili irregolarità in materia di legislazione ambientale. L’indagine sui cartelli è, inoltre, separata e distinta da quelle in corso a seguito dello scandalo emissioni, comprese le investigazioni sui dispositivi illegali per ingannare i test di omologazione.