Gigante del cinema animato mondiale, il maestro è stato autore di lungometraggi meno noti al pubblico generalista occidentale rispetto a quelli del collega fraterno, ma non per questo meno vibranti e innovativi sia dal punto di vista dei contenuti che da quello formale.

In Una tomba per le lucciole (1988) affronta l’orrore della Kōbe martoriata dai raid aerei nella Seconda Guerra Mondiale attraverso gli occhi di un bambino, Seita. Strazianti i passaggi in cui il reale e lo stupore fanciullesco dell’immaginario si confondono, come quando il protagonista si rende conto solo dopo aver visto le case del suo villaggio bruciare che le bombe incendiarie sganciate dagli aerei non sono affatto quella meraviglia pirotecnica che aveva catturato i suoi occhi in un primo momento. Altrettanto straziante il momento in cui la sorellina Setsuko agonizza per via della denutrizione, succhiando delle biglie che crede caramelle, e offrendo al fratellino grumi di fango che è convinta siano polpette di riso.

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