Meno drammatico e più strettamente realistico è Pioggia di ricordi (1991) che tratta tematiche care all’autore quali la vita comunitaria e agricola e il rispetto della natura attraverso gli occhi di una donna in carriera di quasi 30 anni che si trova ad attraversare la sua linea d’ombra emotiva in un Giappone rurale e bucolico. In Pom Poko (1994), l’astrazione supera la mimesi quando un gruppo di tanuki (creature folkloristiche giapponesi simili a procioni) antropomorfi tenta disperatamente di riappropriarsi – prima con buone e poi con cattive intenzioni – del proprio habitat, una collina destinata alla speculazione edilizia.
Ancora più sperimentali a livello formale i due film successivi, I miei vicini Yamada (1999) e La storia della principessa splendente (2013). Il primo, più marcatamente legato al tratto stilizzato di un manga dai colori acquerellati, dipinge a tinte oniriche e umoristiche le relazioni famigliari degli Yamada, tentando di descrivere le dinamiche ideali con cui un nucleo ristretto di consanguinei dovrebbe (e potrebbe) funzionare.
Il secondo è una decostruzione della felicità terrena che si compie attraverso lo sguardo di Principessa, un’entità soprannaturale incarnatasi nel corpo di una ragazzina, destinata a sentirsi fuori posto in un mondo di artificio e sfarzo e quindi a lasciare la Terra, e con essa ogni ricordo di quell’esperienza. A queste memorie farà spazio un velato sentimento di nostalgia, di silente e malinconica contemplazione di un’occasione perduta.