Macerata? In Toscana!”, dice con molta incertezza Greta, alunna di prima media. “Cremona? In Piemonte”, risponde Mattia, che frequenta la seconda media. Su “Belluno”, Jasmine, anche lei in prima media, non sa rispondere. E’ indecisa, molto. Non ricorda se si trova al nord oppure al sud e così chiede aiuto. Poi, decide. “E’ in Piemonte!”. Passare a fiumi e montagne non regala soddisfazioni maggiori. “Il Reno dove scorre? Nel Lazio!”. Ovviamente. “E le Alpi Apuane dove sono? In Veneto!”. Senza ombra di dubbio.

Chi pensi che si tratti di casi isolati, provi a fare qualche domanda ai propri figli, magari ai loro amici. Lasciando da parte l’Europa e gli altri continenti, si possono sperimentare le conoscenze sull’Italia. Per carità, nessun paese, noto per monumenti, oppure per essere stato teatro di qualche avvenimento storico. Al bando anche i laghi e gran parte dei corsi d’acqua. Il risultato imbarazzante anche se si chiede di città. Dei capoluoghi di Regione ad esempio.

La geografia è uscita da tempo dalla scuola. Sia da quella primaria, che da quella secondaria.

Mentre alle superiori, va anche peggio dopo i tagli della riforma Gelmini. Nei professionali le ore saranno due a settimana, ma nei tecnici industriali e nautici si studia geografia per una sola ora sola a settimana e per un solo anno nel biennio. Solo nei tecnici commerciali e del turismo si arriva a tre ore. La geografia da anni è diventata una materia alla quale, troppo spesso, si dedica poco tempo e una considerazione irrisoria. Non sono i maestri e i professori a relegarla in un angolo. Non sono i docenti a compiere l’omicidio. Loro sono soltanto i terminali di un sistema che tende ad escludere la geografia. Loro sono gli esecutori materiali di un disegno criminale. A farne nella sostanza una materia marginale sono prima di tutto i programmi ministeriali.

A completare l’opera, ci pensano poi sempre più frequentemente i libri di testo. Inadeguati al compito che dovrebbero svolgere. Semplificati oltre misura nei testi e ridotti al di là del lecito nelle informazioni fornite. Non di rado, con l’aggiunta di imprecisioni e qualche errore, qua e là. Potrebbe bastare, ma c’è dell’altro. Ci sono gli istituti scolastici, insomma le scuole. Con le loro dotazioni di carte geografiche. Il più delle volte ridotte nel numero e scadenti in quanto alla conservazione. Carte un po’ strappate, un po’ rovinate. Se c’è quella dell’Italia politica, quasi mai c’è quella “fisica”. L’Europa di tanto in tanto risalta in qualche aula.

Con queste premesse perché stupirsi che i ragazzi conoscano sempre meno la geografia? Perché mai indignarsi che le conoscenze in materia abbiano raggiunti livelli di guardia?
“Vorremmo che il ministro ci ascoltasse, chiediamo attenzione da parte dei decisori politici, la geografia ti dà gli occhi per leggere e interpretare il mondo, serve a capire le relazioni che ci sono tra problemi come i cambiamenti climatici e le migrazioni”, sostiene Riccardo Canesi, insegnante e voce del coordinamento “Sos geografia”. Il problema esiste.

Così per il quinto anno consecutivo SOS Geografia e l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia di Toscana e di Liguria, hanno organizzano, dal 22 al 30 marzo, i Campionati italiani e interregionali della Geografia, in collaborazione con I.I.S. “D. Zaccagna” di Carrara e Associazione “Zaccagna, ieri e oggi”, riservati agli studenti della secondaria di primo e secondo grado. I giochi, a squadre, hanno riguardato prove al computer, ricerca delle coordinate geografiche, carta muta, riconoscimento di alcune località attraverso fotografie di luoghi e personaggi, domande a risposta multipla e puzzle. Un’occasione per celebrare la geografia e rilanciare il problema. Nella speranza che l’Italia che decide risponda.

La circostanza che il ministro dell’Istruzione Bussetti, nonostante i reiterati inviti degli organizzatori, non abbia neppure inviato un saluto ai ragazzi che hanno partecipato ai campionati, non sembra lasciare grandi speranze. Intanto venerdì 5 aprile si celebra la notte europea della geografia. Una festa, dunque. Con un paradosso all’orizzonte. L’Italia che ha contribuito in maniera fondamentale alla conoscenza della geografia, ma anche della strumentazione tecnica necessaria per scoperte e definizioni, sembra aver deciso di voler fare a meno della geografia.

Deliberatamente.

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