E anche quest’anno, si vince il prossimo anno. Ho letto su autorevoli giornali sportivi – in articoli che più che articoli somigliavano al consueto, morbido, tappeto rosso – che l’Olimpia Milano, seppure eliminata anzitempo, sarebbe “notevolmente migliorata” rispetto alle stagioni passate e che le basterebbe tanto così per mettere in fila le big d’Europa. Non è così. L’addio ai playoff d’Eurolega (la massima competizione di pallacanestro del Vecchio Continente) è un clamoroso flop. Ed è un brutto colpo per il basket italiano.
Re Giorgio (Armani) per la stagione 2018-2019 aveva messo in piedi un budget complessivo di 25 milioni di euro – che per la palla a spicchi è tantissima roba – rendendo Milano la quinta potenza economica europea. Davanti solo colossi come Real Madrid (42), Barcellona e Cska Mosca (36) e Fenerbahce (30). Le altre, tutte dietro. L’allenatore, Simone Pianigiani (ex tecnico della Nazionale, cinque scudetti con Siena e uno coi biancorossi) si era trovato tra le mani una squadra, potenzialmente, da Final Four. Tanto che l’obiettivo minimo, a inizio campionato, era proprio l’ingresso ai playoff. Ma in trasferta a Istanbul, l’Olimpia si è sciolta come neve al sole dopo essere stata in vantaggio di 13 punti: l’Efes le ha insegnato cosa significa difendere, con un parziale di 23 a 5, e le sconfitte consecutive sono diventate, come per magia, cinque. E in un amen, tanti cari saluti ai sogni di gloria.
Il coach, in tutto questo, ha gravi responsabilità: non chiama time-out nel terzo quarto dopo cinque punti subiti con annessa palla persa a metà campo e aspetta che la sua squadra sbandi, prendendo, alla fine, 14 punti di fila; lascia in ghiacciaia, inspiegabilmente, un sin lì positivo Kuzminskas; spreme, come al solito, il diversamente giovane Micov; e, soprattutto, non sa proporre uno straccio di gioco che non sia palla in mano al playmaker, Mike James, e che gli dèi della pallacanestro la mandino buona. Taccio sulla difesa, la seconda peggiore del torneo (87,17 punti incassati a partita).
Accanto a ciò, la dirigenza ha gravi responsabilità: da quando esiste il nuovo format d’Eurolega a 16 squadre, Milano è arrivata ultima (2016-17), penultima (2017-18) e 12esima (2018-19). Nello stesso periodo in Italia, dove non dovrebbe avere rivali, ha mancato lo scudetto di due anni fa (vinto da Venezia) e ha visto in tv le ultime due finali di Coppa Italia. Coi roster, nonostante le ottime disponibilità finanziare, sono state fatte scelte incomprensibili: dal fantasma Cory Jefferson all’acquisto dell’infortunato Patrick Young, che il giorno successivo alla firma del contratto venne operato e infatti non scese mai in campo fino all’addio consensuale con la società (indimenticato, qualche anno prima, il già finito e nonostante ciò super pagato Linas Kleiza, che dopo gli allenamenti e le partite aveva bisogno di immergersi in una vasca piena di ghiaccio perché muscoli, tendini e ossa non se la squagliassero e che, pensa un po’, appese le scarpe al chiodo subito dopo).
Per il bene dell’Olimpia, e quindi del basket italiano, non resta che sperare in una cosa. E cioè che il campionato lo vinca qualcun altro (faccio coming out: meglio se Cremona). Così, via la dirigenza e nuovo allenatore in panchina. Il sogno proibito sarebbe il lituano Šarūnas Jasikevičius, che ha fatto il miracolo di portare lo Žalgiris Kaunas ai playoff (13esimo budget in Europa, 10,7 milioni di euro) con sei vittorie consecutive e i cui giocatori sarebbero disposti a farsi mettere sotto un treno per lui.
Per quanto riguarda il movimento italiano, ahinoi, il piatto piange: Milano fuori in Eurolega; Trento, Torino e Brescia lontane anni luce dalle avversarie in Eurocup (la seconda competizione, per prestigio); Avellino e Venezia eliminate anzitempo in Champions. Dal punto di vista della solidità delle società, due anni fa abbiamo perso Caserta per inadempienze economiche, mentre in questa stagione a vedere nero sono in tre: Cantù, Torino e Avellino.
Le note positive? Qualcosa c’è: Bologna disputerà le Final Four in Champions, il 21enne Davide Moretti giocherà – primo italiano in assoluto – le finali della Ncaa da protagonista tra sabato e domenica con Texas Tech e, soprattutto, ci siamo qualificati per i Mondiali di Cina dopo un’assenza durata 13 anni. Vedremo a settembre come andrà, ma con Serbia e (molto probabilmente) Spagna sul nostro cammino non sarà per niente semplice.