4) Controllo dei sistemi d’incentivazione. Gli incentivi non devono essere il fine ultimo dei collaboratori. La storia ci insegna che sono stati i benefit a favorire la vendita al pubblico di prodotti finanziari sporchi. Che la commissione indaghi anche sulla corretta applicazione della Mfid nella disciplina dei benefit al management. Consob e Bankitalia non l’hanno mai fatto.
5) Certificazione dell’etica del venditore/consulente. Si è sempre premiato chi vendeva di più, mai chi vendeva meglio. Basterebbe un esame basato sulla qualità della vendita attraverso una indagine di customer satisfaction fatta da un organismo terzo per risolvere la questione.
6) Pluralismo professionale nei Cda. L’Eba sta andando verso il criterio che imporrà a tutti gli amministratori di banca di essere esperti di finanza. Peccato, però, che in certi casi siano anche quelli che hanno maggiori abilità e chance per potere ingarbugliare meglio la finanza. La soluzione è stabilire nei consigli di amministrazione un buon mix di professionalità e competenze ( tra cui la responsabilità sociale d’impresa). Un consiglio con una buona biodiversità senza dubbio è maggiormente in grado di garantire un buon governo dell’azienda attraverso una sana dialettica. La seconda barriera riguarda l’onorabilità: un passo in più rispetto al casellario giudiziale si può fare. Una buona reputazione può essere evidenziata dal curriculum o da soggetti terzi così come si potrebbe valutare se questa persona ha manifestato in passato attitudini che la rendano degna del compito, se ha esperienze nel no-profit, nel volontariato o in iniziative filantropiche oppure se ha un consenso popolare positivo.
Habemus commissione e habemus uomini (tipo Paragone) capaci. Se i paletti non andranno di traverso alle ruote del cambiamento potremmo assistere ad un nuova stagione del sistema bancario italiano, fresca per risparmiatori e le persone oneste, calda, quasi infernale, per quelli delle lobby, i tiratori delle fila