La nuova inchiesta sul disastro navale del 1991 dopo la commissione del Senato e il rischio della prescrizione
“Questo libro cerca di rendere comprensibile il frutto del lavoro di due anni di inchiesta parlamentare. È una Commissione che finalmente ha realizzato una perizia medico legale attesa da 27 anni che definisce una delle verità più importanti e cruciali. Ovvero che i 140 non sono morti entro la prima mezz’ora come hanno dichiarato le sentenze e la richiesta di archiviazione ma alcuni di loro sono sopravvissute per ore”. A dirlo è Francesco Sanna, autore insieme a Gabriele Bardazza del libro Il caso Moby Prince. La strage impunita edito da Chiarelettere in occasione della presentazione al pubblico nella libreria Feltrinelli di Livorno. Il libro sarà presentato lunedì 8 aprile, alle 18,30, alla Feltrinelli di piazza Duomo a Milano con il direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez.
“Abbiamo cominciato con due approcci differenti, il mio era decisamente più tecnico – afferma Bardazza – quello di Francesco decisamente più divulgativo. Questa è stata una sinergia importante perché ha consentito a me di spiegare alcuni passaggi tecnici, in primis a Francesco, e Francesco mi ha stimolato a essere chiaro e a non perdersi nei meandri di questa vicenda”. Il libro ripercorre tutti i passaggi fondamentali della vicenda del Moby Prince. Il traghetto passeggeri che la sera del 10 aprile 1991 entrò in rotta di collisione con la petroliera Agip Abruzzo, a due miglia e mezzo dal porto di Livorno. A bordo del Moby morirono 140 delle 141 persone a bordo.
“Grazie alla Commissione questa vicenda smette di essere il racconto di un incidente abbastanza surreale, atipico quanto meno, e diventa il racconto di una incredibile, enorme omissione di soccorso per cui qualcuno deve rispondere – afferma Sanna – Il tema del dolo eventuale è cruciale perché è il modo per non avere davanti un reato prescritto. Ed è cruciale anche perché effettivamente questa sembra essere una storia in cui l’accettazione del rischio morte è il cardine. È chiaro che spetta a chi aveva la responsabilità riguardo al coordinamento del soccorso dare una motivazione seria del perché queste persone non sono state soccorse“.
“Ci sono due fascicoli aperti uno presso la Procura di Roma e uno presso la Procura di Livorno che sono stati aperti in seguito alla trasmissione degli atti della relazione finale della Commissione parlamentare d’Inchiesta – spiega Bardazza – Spetta a questo punto alla magistratura trovare il coraggio di andare a chiudere quei due, tre passaggi che ancora mancano per capire esattamente cosa è successo la sera del 10 aprile 1991″.