Se davvero servisse intentare una battaglia contro il testosterone ci si potrebbe veramente pensare, ma pare proprio non sia così. La castrazione chimica di tanto in tanto torna alla ribalta, come in questi giorni in cui le uniche parole utili al dibattito sono state quelle del professor Silvio Garattini, in collegamento dalla trasmissione Agorà: “Non esistono dati consistenti” sull’efficacia della castrazione chimica per “bloccare ciò che interessa. Ovvero: l’effetto anomalo sessuale che porta alla pedofilia oppure alle aggressioni”. Un intervento fatto dallo scienziato all’indomani dell’incrinatura (o prova di maggioranza alternativa, che dir si voglia) del governo giallo-verde, proprio sull’emendamento riguardante la castrazione chimica.

Stiamo parlando di una cura farmacologica che “neutralizza il testosterone”: in pratica toglie di mezzo la sua attività “sugli impulsi sessuali e i tratti maschili”. Ricapitolando le autorevoli parole di Garattini, quindi, si tratta di farmaci (solitamente usati come contraccettivi o antitumorali) che funzionano nell’inibizione della produzione dell’ormone. Ma chiede Garattini: “Si è sicuri di bloccare ciò che interessa e quindi l’effetto anomalo sessuale che induce alla pedofilia oppure alle aggressioni sessuali?”.

La ministra Giulia Bongiorno ha dovuto metterci la faccia (volontariamente o no) e dal mio punto di vista la questione è stata un autogol per la Lega, in quanto politicamente ha una forte valenza: ha aperto, infatti, un varco di dialogo fra il M5S e il Partito democratico, alla luce della votazione “congiunta” sull’ordine del giorno proposto anche da Fratelli d’Italia. Ma tornando al merito, attualmente Germania, Inghilterra, Francia, Svezia, Danimarca e Spagna hanno introdotto la castrazione chimica per i casi di pedofilia: chi ha commesso il reato si sottopone volontariamente alla cura per ottenere sconti di pena.

L’emendamento presentato questa settimana in tutta fretta dalla Lega ha più o meno le stesse caratteristiche (nel dettaglio sarebbe previsto per gli autori di reati puniti fino a due anni di reclusione) ma Garattini, molto chiaramente, pone un quesito: “Quante persone dobbiamo trattare perché una non abbia questi impulsi?”. Senza contare che questa terapia innesca grandi conseguenze: dai cambiamenti irreversibili dei tratti fisici della persona fino a causare gravi patologie croniche come il diabete, ma anche indurre alla depressione.

Il ministero della Salute al momento ha dato parere negativo alla proposta leghista, alla base della quale ci sarebbe l’intenzione di estendere la cura anche a chi viene condannato per violenza sessuale. Ma non serve il punto di vista di un esimio professore come Garattini per comprendere che le violenze non dipendono ovviamente esclusivamente da reazioni ormonali. Spesso vengono innescate dal desiderio di prevaricazione, di conferma della propria virilità o potenza, sia fisica che sessuale. Speriamo dunque che qualcuno non si inventi un ordine del giorno sulla castrazione cerebrale.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it

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