Il vero segreto del Ghana – che poi segreto non è – è forse proprio la stabilità politica: nel 1957 fu il secondo paese africano a diventare indipendente, liberandosi dal dominio inglese, sotto il quale portava il nome di Costa d’Oro (proprio per le ingenti miniere d’oro, già note e usate dal regno Ashanti). La zona era nota agli europei fin dal XV secolo e fu prima meta dei portoghesi, poi degli olandesi e più tardi di danesi e svedesi, per poi divenire ufficialmente un protettorato inglese alla fine del XIX secolo. Dalla costa partirono nei secoli migliaia di schiavi alla volta del Nuovo Mondo e oggi i forti di Elmina e Cape Coast sono memoriali della deportazione. L’indipendenza fu merito della lotta di Kwame Nkrumah, uno dei padri del panafricanismo, che divenne il primo presidente e avviò riforme per lo sviluppo, le infrastrutture, la scuola e la sanità, oltre che per l’emancipazione femminile.

Rovesciato da un golpe nel ‘66, il paese attraversò un periodo turbolento fino al 1980, con diversi colpi di stato. L’arrivo al potere di Jerry Rawlings creò infine le condizioni per la stabilità: nel 1992 fu votata la nuova costituzione e da allora l’alternanza democratica fra i due principali partiti (NPP e NDC) si dipana senza problemi. Caso più unico che raro nel panorama africano. Ed è proprio la stabilità continuativa, insieme alla tradizione storica legata agli ideali panafricanisti, il vero segreto non solo della crescita economica, ma anche e soprattutto della decisione dell’attuale presidente di rendersi indipendente dagli aiuti esterni. Una sfida certo non ancora vinta: la decisione passa ora alla prova dei fatti, per dimostrare che davvero l’indipendenza economica e culturale può e deve essere la via per lo sviluppo del continente.

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