Società

I miei primi 50 anni? Niente di che, pensavo peggio

Sono arrivati finalmente: 50 anni, compiuti il 2 aprile. Niente di che, pensavo peggio, tutto sommato. Ok, di notte mi alzo due o tre volte a fare pipì, ma a parte questo, non vedo significativi cambiamenti. Che sarà mai mezzo secolo? Se assumo il punto di vista delle stelle, mezzo secolo non è niente, nulla di nulla. Le stelle mi sono simpatiche.

Sono apparso tragicamente al mondo nel 1969, l’anno dell’uomo sulla luna, quando Armstrong saltellava sul nostro romantico satellite io mi facevo la popò nel pannolino, sono cose che capitano quando hai pochi mesi di vita. Mi dicono che era un bambino strano, tendevo sempre a sedermi, anche oggi sono così: se andate a una festa quello sempre seduto sono io. Non vi dirò che sono volati questi 50 anni, sarebbe ingiusto, sono successe tantissime cose: ho imparato a camminare per esempio, quindi anche a inciampare, inciampo con classe, non è da tutti. Ho finalmente visto da fuori mia mamma, e devo dire che è proprio una bella donna, nascere è divertente, soprattutto per un guardone come me, anche se sono nato con il cordone ombelicale attorcigliato al collo, ma si sa, nascere è anche un’avventura.

Dopo 4 anni di vita i miei mi hanno fatto anche un fratellino in modo da avere qualcuno da torturare, ho potuto esprimere tutto il mio naturale sadismo durante la mia giovinezza, e ora
mi è rimasto solo il masochismo: guai se una donna non mi tradisce, voglio soffrire, la fedeltà la lascio ai pinguini. Ho avuto un papà grande e grosso, buono come il pane, non per niente di cognome faccio Farina. Al suo funerale ho capito che la morte non esiste, esiste solo l’amore e la polvere. La polvere non è invincibile, ci sono i Folletti. Sono andato all’asilo dove mi hanno spaccato un labbro, alle elementari dove ho capito che non capivo la matematica, alle medie dove mi hanno bocciato perché tendevo a salire sulla schiena di quei compagni che facevano la spia: “Prof, Farina ha copiato!”. Ho fatto il liceo classico al Beccaria dove un giorno mi hanno detto: “Lo vedi quel piccoletto? E’ Roberto Vecchioni, ogni tanto porta la chitarra in classe”.

Al Beccaria ci sono stato solo un anno, ero un ribelle sessuale, invece delle traduzioni di latino e greco mi dedicavo all’autoerotismo, seconda bocciatura. Meglio così, era un covo di paninari. Per farmi recuperare i miei genitori mi mandarono all’Unione Professori, feci due bienni, 4 anni in due! L’ultimo anno al Tumminelli, dove incontrai Mariolina, la mia professoressa di italiano, una super tifosa del Milan e di Foscolo. Ci innamorammo. Dopo l’esame di maturità la vidi piangere, mi aveva presentato come uno dei migliori in italiano, ma l’esame non andò bene, presi un mediocre 42. In estate mi mandò una lettera con una poesia, ricordo solo un verso: tra il cielo e la cattedra c’eri anche tu. Quando tornai dalle vacanze ci mettemmo assieme, mi trascinava allo stadio a vedere il Milan, un giorno la sfidai: “Ma tra una vittoria del Milan e dieci orgasmi tu che cosa sceglieresti'”. Rispose: una vittoria del Milan. Ero geloso di Gullit, la lasciai.

Poi feci filosofia alla Statale di Milano, ricordo il godimento di andare ad ascoltare le lezioni di Franco Fergnani sul Nulla. Il Nulla è veramente interessante, da allora quando mi dicono “sei una nullità” lo prendo per un complimento. La gente non sa proprio nulla sul Nulla. Ci ho messo dieci anni per prendere la laurea, non sono mai stato un tipo frettoloso. La mia tesi si intitolava Esercizi di disperazione, era su Cioran, ma in realtà pensavo alla disperazione dei miei genitori che mi hanno mantenuto agli studi per tanto tempo. Ricordo una frase in particolare che dissi davanti alla commissione il giorno della laurea: “Studiando per tutti questi anni filosofia ho capito che un giorno moriremo tutti, ma proprio tutti”, Carlo Sini era il presidente, lo vidi sorridere, inspiegabilmente diventai dottore in filosofia ma senza abbraccio accademico. Durante i festeggiamenti mio padre mi disse: “E io ti ho fatto studiare filosofia per sentirti dire che moriremo tutti prima o poi?”. Lo abbracciai, papà era veramente una brava persona.

A 30 anni avevo un pezzo di carta che diceva che ero un dottore in filosofia, sono passati altri 20 anni ed eccomi qua, con un anno di lavoro alle spalle, e 19 anni di cazzeggio creativo che mi hanno portato a essere il più grande videoritrattista vivente e il blogger più affascinante del Fatto Quotidiano online (qualcuno osa mettere in dubbio queste affermazioni apodittiche?). Ecco, i primi 50 sono passati più o meno così, ora che ho fatto il giro di boa farò ancora qualche bracciata in questo mare cristallino, poi si vedrà, dicono che alla fine ci sia la morte, ma io non ho mai creduto alla morte, quando dissi durante la discussione di laurea che moriremo tutti in realtà mentivo.

Come ha detto qualcuno: muoiono solo gli stronzi. E io non sono stronzo, sono bello, bravo e intelligente. La morte non esiste, esiste solo l’Amore. E la polvere. Per la polvere ci sono i Folletti, come ho già detto, per l’Amore invece c’è la Follia, una deliziosa compagna di viaggio.