I Paesi in via di sviluppo che hanno aderito al piano di sviluppo infrastrutturale hanno accettato massicci prestiti dalla Repubblica popolare senza essere in grado di rimborsarli. Pakistan, Maldive, Laos, Montenegro, Mongolia, Tagikistan, Kirghizistan e Gibuti hanno visto lievitare l'indebitamento e in alcuni casi hanno chiesto di rinegoziare le intese
C’è chi la chiama “trappola del debito” e finora sembrano esserci “cascati” Paesi in via di sviluppo come il Pakistan, le Maldive, il Laos, il Gibuti, ma anche l’europeo Montenegro. Tutti hanno firmato accordi con la Cina per prendere parte alla Nuova via della Seta, il grande piano geo-economico con cui il presidente cinese Xi Jinping punta a trasformare l’Eurasia. Ma tutti hanno accettato massicci prestiti per lo sviluppo delle proprie infrastrutture senza essere in grado di rimborsarli. Così, ora gran parte del loro debito pubblico è in mano alla Cina. Al progetto ha deciso di prendere parte anche l’Italia, primo Paese del G7 a farlo, con il memorandum firmato dal governo lo scorso 23 marzo. E sebbene si tratti di un’intesa non vincolante e diversa dai contratti già firmati da alcuni Paesi in via di sviluppo – le cui economie sono certamente meno solide di quella della Penisola -, non è ancora chiaro quali saranno i passi successivi dell’Italia (e a quali condizioni).