L'ex procuratore aggiunto della Dda di Palermo commenta con ilfattoquotidiano.ti l'episodio per cui è stata condannata a 40 giorni (pena sospesa) dal gip di Caltanissetta: "Nell'ottobre 2017 sono stata ascoltata come persona informata sui fatti, ero contenta di poter spiegare alcune vicende e al termine dell'interrogatorio ho commesso l'errore di chiamare questa persona a cui ero molto legata (Pulici ndr) per comunicargli ciò che lui già sapeva”
“L’unico errore della mia lunga carriera è stato questo”. Così il magistrato Maria Teresa Principato, ex procuratore aggiunto della Dda di Palermo, commenta l’episodio per cui è stata condannata a 40 giorni (pena sospesa) dal gip di Caltanissetta. “Ovviamente presenteremo un ricorso in Appello”, dice il magistrato che era accusata di “rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale” perchè nel corso di una telefonata svelò a un appuntato di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza, applicato alla sua segreteria, l’esistenza di un’indagine a suo carico. Si tratta di Calogero Pulici, finito a processo assieme al magistrato perchè accusato di “accesso abusivo ad un sistema informatico” – per cui Principato era stata riconosciuta come parte offesa – e adesso assolto dal gip nisseno.
Il finanziere nell’agosto 2015 era stato allontanato dagli uffici della Procura di Palermo ed era indagato assieme al magistrato Marcello Viola, all’epoca a capo della Procura di Trapani che stava conducendo le indagini sulla massoneria trapanese. Adesso i due sono stati prosciolti “nel merito” dal gup nisseno che aveva chiesto di ascoltare Principato, la quale si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Entrambi erano accusati di rivelazione del segreto d’ufficio per essersi scambiati una pen drive contenente materiale coperto da segreto investigativo (cioè i verbali del collaboratore di giustizia Giuseppe Tuzzolino che oltre ai fatti di mafia stava testimoniando sulle logge trapanesi) nell’ottobre 2015, a due mesi dall’allontanamento di Pulici dagli uffici della Procura di Palermo. “Nell’ottobre 2017 sono stata ascoltata come persona informata sui fatti, ero contenta di poter spiegare alcune vicende e al termine dell’interrogatorio ho commesso l’errore di chiamare questa persona a cui ero molto legata (Pulici ndr) per comunicargli ciò che lui già sapeva”, racconta l’ex aggiunto di Palermo.
Principato nel gennaio 2018 – poco dopo la sua iscrizione nel registro degli indagati – fu interrogata dai pm di Caltanissetta. “Ricordo che l’indagine a carico di Pulici (quella per “accesso abusivo” ndr) venne tenuta estremamente segreta, tanto che a me lo disse Pulici stesso – raccontò ai pm – al quale lo fece capire il suo comandante dell’epoca”. Nel day after della condanna, il magistrato commenta: “Io non so quale sia la ratio di queste indagini e quali siano le vere e autentiche motivazioni. Di certo tutto parte da Palermo. Gli atti sono partiti da Palermo e poi Caltanissetta ha fatto queste indagini intercettando Pulici e quindi anche la mia telefonata”.
I pm contestavano a Pulici di essersi “introdotto a più riprese” nel computer di Principato “visionando e copiando, sui propri dispositivi file di contenuto sia personale che professionale, anche contenenti atti coperti da segreto istruttorio, di pertinenza di quest’ultima, in particolare le dichiarazioni rese dal collaboratore Giuseppe Tuzzolino”. Accuse che Principato nel gennaio 2018 definì come “fatti estremamente banali” riferendo che “i file miei personali che avete trovato nei supporti sequestrati a Pulici siano stati copiati da quest’ultimo nell’ambito di una delle operazioni di trasferimento dati che ho descritto. Non vi è stata alcuna captazione non autorizzata”.