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Transamazonica, su TvLoft l’avventura in bici attraverso la foresta “fragile”: “4500 km dall’Atlantico al Pacifico”

L’Amazzonia è la foresta tropicale più vasta del mondo. Da sola produce il 20% dell’ossigeno mondiale e questo ne fa il polmone del pianeta. Negli ultimi 40 anni, il 20% della foresta è stato abbattuto. Negli anni ’70 è cominciata la costruzione dell’autostrada Transamazonica. Lunga 4260 km, rese accessibile la foresta e aprì la strada al disboscamento selvaggio e all’insediamento umano. Minatori, taglialegna di frodo, allevatori di bovini: questa terra ora appartiene a loro. Gli antichi guardiani dell’Amazzonia, le tribù che hanno vissuto qui per secoli stanno scivolando velocemente e silenziosamente verso l’estinzione. Reza Pakravan, esploratore e ciclista estremo, ha alle spalle numerose avventure, tra cui “Kapp to Cape”. Il suo obiettivo, ora è attraversare l’Amazzonia insieme alla giornalista inglese Pip Stewart per analizzare i problemi che questa terra lontana e ostile deve affrontare. “Si sente smesso parlare dei problemi dell’Amazzonia, io voglio concentrami sui fatti positivi e sulle soluzioni”, dice Stewart. “Il nostro cammino percorrerà l’intero continente – spiega Pakravan – Partendo dall’Oceano Atlantico percorreremo in bici la Transamazonica per 4500 km, scaleremo montagne e attraverseremo deserti per arrivare all’Oceano Pacifico”. Per prepararsi al viaggio i due amici chiedono consigli ad altri esploratori. Da Rob Penn, presentatore tv e ciclista estremo che ha percorso la Transamazonica in bici, Reza e Pip imparano tutto sull’attrezzatura necessaria. Da Ed Stafford, il primo uomo ad aver percorso a piedi la Transamazonica apprendono altri strumenti necessari: l’uso dell’amaca per riposare, del machete per farsi strada.

La partenza è programmata da Belem, proprio sulla foce del Rio delle Amazzoni. Reza e Pip si dirigono verso la riserva di Alto Rio Guama, la terra della tribù indigena dei Tembe minacciata pesantemente da taglialegna di frodo e latifondisti. Arrivati nella riserva, vengono ricevuti nella casa di Naldo, il capo di 40 famiglie Tembe, circa 1500 persone. Nella casa degli uomini, dove solo Reza può entrare, si discutono i problemi del villaggio, si socializza con giochi di gruppo. “Qui ci sono i taglialegna, i coltivatrori e consumatori di marijuana, accaparratori di terre, proprietari di ranch e fattorie. “La nostra terra è invasa – racconta Naldo – I politici non ci hanno aiutato. Abbiamo molti problemi nell’organizzare le nostre feste tradizionali, non possiamo cacciare bovini e suini, mangiamo solo selvaggina che presto scomparirà”. Per proteggere il loro territorio, i Tembe hanno nuove attrezzature che stanno testando, un progetto per monitorare la loro terra indigena: dei sensori sparsi per la foresta che segnalano il passaggio di veicoli mandando le foto a un computer che invia alle autorità le foto delle violazioni. Nonostante questo, chi dovrebbe agire, non lo fa, quindi i Tembe agiscono da soli. Con armi piuttosto vecchie, un piccolo gruppo di indigeni raggiunge con il furgone il punto in cui il computer ha segnalato una violazione. Arrivati al punto, scoprono di essere giunti troppo tardi: i taglialegna hanno già fatto razzia di alberi. Tornando indietro, però, sentono il rumore di una motosega, lo raggiungono e fermano il taglialegna. Dopo avergli requisito l’attrezzo, che poi sarà bruciato, lo consegneranno alle autorità federali.

La tappa successiva è la città di Tome Acu dove sembra di stare in un Giappone in miniatura. Qui incontrano Kozaboro Mineshita, proprietario di un’azienda agroforestale sostenibile, arrivato in Brasile negli anni ’60 con la seconda ondata di immigrati giapponesi. Le piantagioni forniscono una gran varietà di frutti esotici e cacao. La prossima tappa del viaggio prevede di raggiungere l’autostrada Transamazonica che condurrà Reza e Pip direttamente ad Altamira. Arrivati sulle sponde del fiume Xingu, riescono appena in tempo a prendere l’ultimo traghetto per l’altra sponda. Il giorno dopo superano la diga di Belo Monte, la diga più discussa al mondo per i danni incalcolabili causati all’ambiente dalla sua costruzione. Antonia Melo Da Silva, attivista del movimento “Xingu vivo para sempre”, è convinta che il governo brasiliano si sia affrettato a costruire la diga senza ascoltare le comunità locali. Le proteste sono state vane. Antonia spiega a Reza come le riserve di pesce si siano decimate a causa della diga, di come sia aumentata la disoccupazione. “E’ un mostro di distruzione e morte”, dice l’attivista. Un altro grande problema dell’Amazzonia è l’estrazione di oro: il mercurio prodotto dall’estrazione presto arriverà all’acqua e quel poco pesce rimasto sarò contaminato. Quando Pip, accompagnata da un pescatore locale prova ad avvicinarsi a una miniera, arriva il benvenuto: gli spari delle guardie.

“Transamazonica” (6 episodi x 25 minuti) è disponibile in esclusiva su sito e app di TvLoft per gli abbonati.