L’addio di Kirsjen Nielsen non arriva di sorpresa. Già da mesi era chiara l’insofferenza del presidente americano verso la sua gestione delle politiche migratorie al confine meridionale. A maggio, l'aveva pubblicamente umiliata, accusandola di non riuscire a bloccare l'onda migratoria dal Messico. Poche ore dopo silurato anche l'ex generale Alles, da due anni capo del Secret Service
È stata il “volto pubblico” di molte iniziative di Donald Trump in tema di immigrazione. Kirsjen Nielsen, la segretaria alla sicurezza nazionale dell’amministrazione Usa, si è dimessa. Lo ha annunciato lo stesso presidente in un tweet, a dire il vero non particolarmente caloroso: “Vorrei ringraziarla per il suo servizio” scrive Trump, che rivela anche il nome del successore, temporaneo, di Nielsen, Kevin McAleenan, attualmente a capo dello US Customs and Border Protection. A sua volta Nielsen spiega che resterà in ufficio fino a mercoledì, per passare le consegne a McAleenan.
Poche ore dopo il presidente ha silurato a sorpresa anche l’ex generale dei Marines Randolph ‘Tex’ Alles, da due anni capo del Secret Service, l’agenzia federale che si occupa della protezione del presidente, della sua famiglia e delle alte cariche dello stato e che dipende dal ministro degli interni. Dall’inizio di maggio al suo posto arriverà James M. Murray, un dirigente di carriera della stessa agenzia.
Al contrario di quello di Alles, l’addio di Nielsen non arriva a sorpresa. Già da mesi era chiara l’insofferenza di Trump verso la sua gestione delle politiche migratorie al confine meridionale. A maggio, il presidente l’aveva pubblicamente umiliata, durante una riunione del suo gabinetto, accusandola di non riuscire a bloccare l’onda migratoria dal Messico. Nei mesi, l’ira di Trump era cresciuta, tanto che a novembre il New York Times aveva scritto che la segretaria alla sicurezza nazionale era in procinto di essere sostituita.
Nielsen se ne va, lasciando pochissimi rimpianti sia tra i sostenitori di politiche migratorie più dure, sia tra chi ha combattuto quelle politiche. La sua gestione è apparsa oscillante, incerta, ambigua. Se, in privato, sembra aver tenuto testa all’escalation anti-migranti di Trump, in pubblico Nielsen ha sempre sostenuto le prese di posizione dell’amministrazione, che si trattasse della costruzione del Muro, della dichiarazione di emergenza nazionale per il confine, della politica di separazione per le famiglie che cercano di entrare negli Stati Uniti. Ancora venerdì scorso, Nielsen era accanto al presidente durante una vista al confine, in cui Trump ha ripetuto: “C’è un’emergenza al confine meridionale. È un aumento colossale di persone, una cosa che sta travolgendo il nostro sistema. Non vi possiamo più accogliere. Il nostro Paese è pieno”.
Particolare indignazione ha raccolto la posizione di Nielsen sulla questione della separazione delle famiglie di migranti. Ronald Newman, che è direttore politico dell’American Civil Liberties Union (ACLU), in un commento definisce Nielsen “l’ingranaggio chiave nell’agenda della paura incostituzionale di Trump”. Ancora durante un’audizione alla Camera, a inizi marzo, Nielsen aveva del resto negato che esista nell’amministrazione Trump e nel suo Dipartimento una politica ufficiale per separare le famiglie di chi cerca asilo negli Stati Uniti. Sotto pressione da parte dei deputati democratici, Nielsen aveva però ammesso che la politica di “tolleranza zero” ha in alcuni casi condotto alla separazione dei bambini dagli adulti. Le dichiarazioni di Nielsen sono state platealmente sconfessate sabato scorso quando, in risposta a una causa intentata proprio dall’Aclu, l’amministrazione ha dovuto ammettere che ci vorranno sino a due anni per identificare tutti i minori strappati ai genitori al confine meridionale.
Secondo fonti della Casa Bianca, riportate da CBS News che per prima ha dato la notizia, le dimissioni di Nielsen sono una vittoria personale – l’ennesima – per Stephen Miller, uno degli adviser più ascoltati da Trump. In un’amministrazione i cui membri vengono rapidamente bruciati e sostituiti, Miller rimane stabilmente al suo posto e riesce a condizionare in senso sempre più conservatore le politiche di Trump. Da mesi Miller non gradiva l’approccio a suo giudizio poco incisivo di Nielsen, e spingeva per una sua sostituzione. Nel senso di una radicalizzazione delle politiche migratorie va anche vista la decisione di non confermare Ronald Vitiello come nuovo direttore dello US Immigration and Customs Enforcement (ICE), l’agenzia responsabile dei controlli e della sicurezza alle frontiere. “Vogliamo andare in una direzione ancora più dura”, ha spiegato Trump, lasciando quindi presagire un ulteriore giro di vite in tema di immigrazione.
Politiche più dure delle attuali potrebbero essere sostenute proprio dal sostituto di Nielsen, Kevin McAleenan, un repubblicano che ha ricoperto diverse cariche in vari settori della sicurezza nazionale e che pare in totale accordo con le posizioni di Trump. Lo scorso marzo, proprio McAleenan era intervenuto in modo drammatico nella discussione, parlando di “un numero record di famiglie di migranti al confine tra Stati Uniti e Messico”. Potrebbe essere proprio lui, per il momento nominato in modo temporaneo, l’uomo capace di dare forma all’escalation dell’amministrazione in tema di immigrazione.
Aggiornato da redazione alle ore 22.34 del 08/04/2019