“Ikea ha informato oggi il sindaco di Verona della decisione di non portare avanti il progetto per l’area della Marangona”. Poche parole affidate a un comunicato dalla multinazionale svedese per annunciare che non si farà lo sbarco in riva all’Adige, con una enorme punto vendita e un centro commerciale. Poche parole per cancellare un progetto che, secondo il colosso  dell’arredamento low cost, valeva 1000 posti di lavoro e un indotto da 250 milioni di euro l’anno. È giunta così all’epilogo una storia infinita, iniziata una decina di anni fa e che aveva avuto la benedizione dell’allora sindaco scaligero Flavio Tosi, all’epoca ancora della Lega e quindi molto potente in Regione, dove era stato assessore alla Sanità. Passato il tempo e cambiata l’amministrazione, tutto viene azzerato, a causa anche della legislazione regionale in materia di urbanistica e grande distribuzione. Ikea non ritene esistano le condizioni per impegnarsi nell’investimento.

La nota della società indirizzata a Federico Sboarina prosegue: “Purtroppo, l’incertezza degli scorsi mesi rispetto alla possibilità di procedere con il progetto originario di negozio Ikea e centro commerciale – una soluzione che avrebbe garantito una sostenibilità finanziaria nel lungo termine – non ha creato le condizioni per poter procedere con la pianificazione di un investimento così importante, anche in ragione delle più generali valutazioni strategiche che Ikea sta svolgendo a livello internazionale”.

All’incontro in Comune si è presentato uno dei responsabili Sviluppo di Ikea Italia, Paolo Del Mastro Calvetti, che ha illustrato all’assessore Ilaria Segalla una decisione ormai definitiva. Nel Nord-est Ikea è presente a Padova e a Villesse (Gorizia), e ha un punto commerciale (praticamente un ufficio) nel centro commerciale di Marcon, alle porte di Mestre. Verona entrava, quindi, in un’ottica di servizio al Veneto occidentale, in linea di continuità con la presenza in Lombardia.

Lo scontro tra la multinazionale e la giunta del sindaco Sboarina era stato frontale, dentro una cornice politica. Perché lo scorso anno Sboarina aveva accusato il predecessore Flavio Tosi di aver avvalorato un processo impossibile. “Fin dall’inizio è stata venduta alla città un’opera che non si poteva fare, promettendo ai cittadini l’arrivo di un insediamento contrario alla legge regionale in vigore e omettendo che, insieme a Ikea quale struttura di vendita di mobili e accessori per la casa, sarebbe stato realizzato anche un grande centro commerciale. Un’opera impattante e insostenibile, con una superficie tre volte quella di Adigeo (un altro centro commerciale, ndr)”. L’ipotesi iniziale di tutto il complesso era di 120 mila metri quadri, ovviamente non solo Ikea, che ne avrebbe occupati circa un terzo.

La prima richiesta formale di Ikea al Comune di Verona, per la costruzione di un maxi store di mobili in zona Marangona, risale al 2014. L’area è quella di Quadrante Europa, non lontano dal casello di Verona Est. Nell’estate 2016 il sindaco Tosi (finì il mandato nel giugno 2017) aveva scritto alla Regione chiedendo una modifica al piano d’area, le cui destinazioni non consentivano la realizzazione dell’intervento. Ma dalla Regione non è mai arrivato il via libera. Un anno dopo, nel luglio 2017, nonostante una legge regionale ancora più restrittiva sul consumo di suolo, Ikea e il Consorzio Zai, che gestisce l’area industriale di Verona, avevano stipulato un accordo preliminare, condizionato dalla approvazione in Regione delle modifiche al regolamento regionale sul commercio.

Nel giugno 2018 la Regione Veneto aveva risposto a Sboarina che in precedenza aveva chiesto a Luca Zaia chiarimenti sulla fattibilità del polo commerciale secondo le leggi regionali. La Regione aveva spiegato che in caso di realizzazione sarebbero stati violati il Piano d’area (Paqe) che interessa 22 comuni del Veronese, la legge sul commercio numero 50 del 2012 (grandi interventi solo nel caso di riqualificazione di aree dismesse), la legge 14 del 2017 (contenimento del consumo di suolo) e la legge urbanistica numero 45 del 2017 (obbligo di una pianificazione coordinata tra il Comune interessato a realizzare un intervento superiore agli 8mila metri quadri e i comuni confinanti).

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