Economia

Def, il cdm dà via libera: crescita rivista al ribasso da +1 a +0,2%. Il deficit/pil risale al 2,4% e il debito arriva al 132,6%

Dai documenti che sono la cornice della prossima manovra emerge un Pil stagnante. Debolissima la spinta dei decreti Crescita e Sblocca cantieri: solo +0,1%, contro il +0,2% che arriva dal reddito di cittadinanza. Pareggio di bilancio rinviato al 2023. Gli aumenti Iva sono dati per fatti in attesa che si trovino coperture alternative, anche se i vicepremier intendono bloccarli. La flat tax è citata come obiettivo "per i prossimi anni". Nessuna conferenza stampa ma un altro vertice post cdm, senza Tria

Il rapporto deficit/pil italiano quest’anno è destinato a salire al famigerato 2,4%. Esattamente il livello su cui a fine 2018 è andato in scena un lungo scontro con la Commissione europea, fino all’accordo in extremis su quota 2,04% raggiunto il 12 dicembre in seguito al quale il governo gialloverde ha modificato la manovra. La crescita stagnante lo sta facendo lievitare più del previsto, fino a riportarlo al punto di partenza. E non è l’unica sorpresa negativa che emerge dalle bozze del Documento di economia e finanza – la cornice macroeconomica della prossima legge di Bilancio – approvato in mezz’ora da un Consiglio dei ministri convocato per le 16:30 ma iniziato alle 18:30 dopo due ore di prevertice politico. Il pil è quasi fermo: la previsione passa dal +1% dello scorso dicembre (già rivisto al ribasso rispetto al +1,5% inserito nel Def 2018) a +0,2%. Senza il reddito di cittadinanza sarebbe stagnazione, perché il decreto crescita – peraltro scomparso dopo l’approvazione “salvo intese” – e quello per sbloccare i cantieri avranno un impatto limitatissimo. Il debito/pil inevitabilmente è visto in salita, al 132,8% tendenziale e 132,6% programmatico dal 132,2% del 2018. E il governo conferma che resteranno congelati i 2 miliardi di spese dei ministeri messi a garanzia dell’andamento dei conti.

Il cdm non è stato seguito dalla usuale conferenza stampa ma solo da una nota della presidenza del Consiglio in cui si legge: “Confermati i programmi di governo: nessuna nuova tassa e nessuna manovra correttiva”. Il Def “conferma i programmi di governo della legge di bilancio e il rispetto degli obiettivi fissati dalla Commissione europea”. Secondo l’Ansa, che cita fonti di maggioranza, nel corso della riunione è spuntato il nodo di come disinnescare l’aumento dell’Iva, che il Def dà per fatto in attesa che si trovino coperture alternative. Il vicepremier Luigi Di Maio sarebbe stato “categorico”, sottolineano che l’ipotesi che salga “non esiste”. D’accordo sullo stop agli aumenti Matteo Salvini. Secondo l’Adnkronos il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che se n’è andato subito dopo il cdm e non ha partecipato alla riunione successiva tra Conte e i vice, avrebbe detto che la flat tax deve essere fatta con criteri precisi, ben definiti e circoscritti, altrimenti si bloccano le clausole per l’aumento dell’Iva: portare avanti entrambe le partire costerebbe 30-40 miliardi.

Il reddito spinge il pil di 0,2 punti, i decreti crescita e sblocca cantieri solo di 0,1 – Nelle bozze del Def il pil è previsto in progresso solo dello 0,1% in termini tendenziali (stima identica a quella diffusa nel frattempo dal Fondo monetario internazionale), valore che dovrebbe salire allo 0,2% per effetto del decreto crescita e dello sblocca cantieri. I due provvedimenti studiati per rilanciare l’economia avranno dunque un impatto molto limitato, solo uno 0,1% in più. Confermato invece che il reddito di cittadinanza, per effetto dei maggiori consumi, avrà un effetto espansivo di 0,2 punti nel 2019 e di 0,4 punti percentuali nel 2020. Senza quella misura, dunque, l’economia quest’anno risulterebbe del tutto ferma. Al contrario, l’effetto di quota 100 cifrato nelle tabelle è pari a zero. Negli anni successivi la situazione migliora lentamente: la crescita tendenziale è stimata a +0,6% nel 2020, +0,7% nel 2021 e +0,9% nel 2022.

Debito al 132,6% del pil. “Considerazioni sociali devono pesare come quelle per i saldi di bilancio” – Per quanto riguarda i principali indicatori dello stato di salute dei conti, la bozza del Piano nazionale di riforma allegato al Def riporta che il rapporto deficit/pil nel 2019 salirà dal 2% previsto nelle ultime stime del governo al 2,4% per poi scendere al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021. Entrambi i target sono più alti di quelli fissati a dicembre (1,8% e 1,5%). Il deficit strutturale scenderebbe dall’1,6 per cento del pil di quest’anno allo 0,8 per cento nel 2022. “Tenendo conto della flessibilità concordata con la Commissione, il risultato di quest’anno rientrerebbe quindi nei limiti del Patto di Stabilità e Crescita”, si legge in una nota di Palazzo Chigi, che parla di una variazione dell’indebitamento “di soli -0,1 punti “percentuali”.

Il debito è dato poi in rialzo al 132,6% del pil a causa della “bassa crescita nominale” e “rendimenti reali relativamente elevati“, con un calo nel 2020 al 131,7% e “via via fino al 129,8 per cento nel 2022”. L’obiettivo del pareggio dei conti, mantra dei Documenti programmatici degli anni scorsi, si fa sempre più vago e più lontano. Secondo la bozza del Piano nazionale di riforme, il target dell’azzeramento del deficit non sarà raggiunto prima del 2023. Il Tesoro scrive che il governo “condivide l’enfasi” di Bruxelles “sulla riduzione del debito ma opta per un miglioramento del saldo strutturale più graduale” rispetto alle raccomandazioni Ue in quanto “ritiene che considerazioni di carattere sociale debbano ricevere altrettanta attenzione dei saldi di bilancio nella definizione della politica economica”. E “un aggiustamento strutturale di 0,6 punti percentuali di Pil l’anno, unito all’effetto della chiusura dell’output gap, implicherebbe un’eccessiva restrizione di bilancio”.

Obiettivo di introiti da privatizzazioni allo 0,3% del pil – Stando alla prima bozza non aiutano a rimettere in sesto i conti – come invece Roma aveva promesso alla Ue prevedendo di ricavarne 18 miliardi in un anno – gli introiti da privatizzazioni: “Per il 2018 i proventi derivanti dalle vendite di immobili pubblici dovrebbero ammontare a 600 milioni. Nel triennio 2019-2021 il programma di dismissioni immobiliari prevede un ammontare di 1,25 miliardi, oltre agli 1,84 già previsti. Confermati introiti da privatizzazioni e da altri proventi finanziari per circa lo 0,3 per cento del pil in entrambi gli anni 2019 e 2020″. Ma la tabella diffusa dal Tesoro cifra i proventi 2019 all’1% del pil, il livello comunicato a Bruxelles.

Confermate le clausole di salvaguardia in attesa della manovra – Il Def, in attesa delle difficili decisioni da prendere con la prossima legge di Bilancio, non può che confermare gli aumenti di Iva e accise da 23 miliardi previsti dalle clausole di salvaguardia. “Per quanto riguarda il prossimo triennio – si legge nel testo – lo scenario programmatico conferma la legislazione vigente in materia fiscale nell’attesa di definire nel corso dei prossimi mesi, in preparazione della Nota di aggiornamento del Def, misure alternative e un programma di revisione della spesa pubblica“.

Sul fronte della riforma del sistema fiscale in direzione della flat tax, al centro del dibattito politico degli ultimi giorni, la prima bozza del Pnr si limitava a spiegare che “il sentiero di riforma per i prossimi anni prevede la graduale estensione del regime d’imposta sulle persone fisiche a due aliquote del 15% e 20%, a partire dai redditi più bassi, al contempo riformando le deduzioni e detrazioni”. Una seconda bozza, uscita dopo il cdm, specifica che “il governo, in linea con il Contratto di Governo, intende continuare, nel disegno di Legge di Bilancio per il prossimo anno, il processo di riforma delle imposte sui redditi (“flat tax”) e di generale semplificazione del sistema fiscale, alleviando l’imposizione a carico dei ceti medi“. “Tenendo conto della flessibilità concordata con la Commissione, il risultato di quest’anno rientrerebbe quindi nei limiti del Patto di Stabilità e Crescita”. E’ quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi sul Def, che parla di una variazione dell’indebitamento “di soli -0,1 punti “percentuali”.

“Sforzo per diffusione banda larga e sviluppo 5G” – Per rilanciare la crescita, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi, “accanto all’investimento in infrastrutture fisiche si prevede anche un ampio sforzo nel campo dell’innovazione tecnologica e della ricerca, nella diffusione della banda larga, nello sviluppo della rete 5G e per il rilancio della politica industriale dell’Italia. Il Governo rafforzerà il sostegno alla green finance e alla sperimentazione e adozione delle trasformazioni digitali e delle tecnologie abilitanti che offrano soluzioni per produzioni più sostenibili e circolari”. Infine, per favorire la ripresa delle nascite e la partecipazione femminile al mercato del lavoro, “il Governo intende proseguire sulla strada dell’alleggerimento del carico fiscale e della destinazione di maggiori risorse a favore delle famiglie, con particolare riguardo a quelle numerose e con componenti in condizione di disabilità“.