Saranno citati Palazzo Chigi e i ministeri della Difesa e dei Trasporti. L'iniziativa parte dalle conclusioni della commissione d'inchiesta del Senato: "Era compito della Capitaneria garantire la sicurezza"
Non solo l’inchiesta penale, che si puntella su quell’accordo assicurativo tra compagnie, anomalo e segreto per 27 anni. Ma anche una causa civile per accertare le responsabilità dello Stato nella morte dei 140 tra passeggeri e membri dell’equipaggio a bordo del Moby Prince, il traghetto che la sera del 10 aprile 1991 andò a fuoco dopo essere entrato in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, a due miglia e mezzo dal porto di Livorno. Un’azione legale, condotta da un pool di avvocati di Livorno, Pisa e Milano, che prende impulso – così come l’indagine della Procura, la terza in 28 anni – dalle conclusioni della commissione d’inchiesta del Senato. Una strategia analoga a quella dei familiari delle vittime di Ustica che poi hanno visto riconosciuta la loro tesi: non solo il fatto che lo Stato non abbia tutelato i propri cittadini sull’aereo Itavia, ma anche l’incapacità dello Stato (leggi depistaggi) nella ricerca della verità sull’abbattimento del DC-9. La causa, fanno sapere i legali, sarà nei confronti della presidenza del Consiglio, del ministero della Difesa e del ministero dei Trasporti.
Per Ustica è stato chiamato in causa lo Stato in virtù del “contatto sociale”: il rapporto giuridico presente tra la pubblica amministrazione e il cittadino che prevede un obbligo di protezione e diligenza degli organismi pubblici nei confronti dei cittadini. “Era compito della Capitaneria di Porto di Livorno garantire la sicurezza in mare – continua Taddia – sia per quanto riguarda la posizione in rada della petroliera sia per quanto riguarda il coordinamento dei soccorsi”. “Non dobbiamo essere noi a ricostruire l’evento ma è la controparte che deve dimostrare il contrario” precisa Taddia. Così anche la causa civile – parallela all’indagine penale – potrà essere uno strumento utile a far emergere ulteriori elementi sulla vicenda: “Intanto chiederemo un accertamento sulle responsabilità, riservandoci in un secondo giudizio di chiedere eventuali danni”.
Se l’inchiesta penale ha davanti a sé un sentiero più stretto per via della prescrizione – superabile solo se fosse contestata la strage -, la causa civile ha più margine, spiegano gli avvocati: il tempo a disposizione dei familiari per far valere i propri diritti è partito dal momento della pubblicazione della relazione finale della commissione d’inchiesta. Un anno fa, ventisette anni dopo la tragedia.