Rilascia un’intervista e viene licenziato per “giusta causa”. Protagonista di questa vicenda è Mario Cassino, impiegato alla Sevel di Atessa del gruppo Fca, che produce veicoli commerciali leggeri. Classe 1961, assunto da 33 anni come impiegato nelle categorie protette, l’uomo ha due invalidità alla gamba e non può svolgere mansioni in piedi. Per decenni non ha avuto problemi: lavorava nel reparto “preparazione”, dove poteva stare seduto. Ma l’estate scorsa, di ritorno da due operazioni chirurgiche, si è visto trasferire in una cosiddetta Ute (unità tecnologica elementare) in cui è obbligato al lavoro in piedi. Un compito impossibile per lui, che ha quindi chiesto all’azienda di spostarlo in un altro settore. A quel punto però, come ha raccontato al quotidiano Il Centro, gli è stato detto di timbrare il cartellino e sedersi per otto ore al dì nell’area relax.
Per sei mesi è andata avanti così. “Mi sento profondamente umiliato ed emarginato”, ha spiegato lui. “Chi passa e mi vede lì, chissà cosa pensa. Altri mi offendono, mi deridono. Mi sento colpito nella mia dignità di lavoratore e di essere umano. Ho chiesto tante volte a chi di dovere un incontro con il direttore di stabilimento, ma mi è stato sempre negato. Questa situazione mi sta danneggiando a livello psicologico. Mi stanno uccidendo mentalmente”. Poco tempo dopo gli è arrivata prima una lettera di contestazione, poi di licenziamento. “Mi sento disperato, ho bisogno di sostegno, di supporto morale”, spiega oggi l’ex impiegato al Fatto.it.
In sua difesa interviene Domenico Bologna, segretario generale della Fim (federazione metalmeccanici della Cisl) Abruzzo e Molise, di cui lui lo stesso Cassino è dirigente. “È stato licenziato per un articolo giornalistico in cui esprimeva il disagio di starsene otto ore non in una postazione idonea, ma nell’area relax – spiega Bologna -. Abbiamo impugnato il provvedimento e vedremo la reazione aziendale. Questo licenziamento è inaccettabile: parliamo di un invalido, di un padre di famiglia con gravi problemi fisici. Una soluzione (da noi cercata più volte nei mesi scorsi) poteva essere trovata. Invece Fca è andata avanti da sola, portando il lavoratore a una situazione di stress”. “Ci sembra strano”, aggiunge il sindacalista. “Per trent’anni non ha avuto mai problemi di postazione, poi all’improvviso è stato spostato e messo nella condizione di non lavorare più. Sarà una coincidenza, ma questo è avvenuto proprio quando si è iscritto alla Fim Cisl”. La sigla sindacale farà ricorso al giudice del lavoro per il reintegro dell’uomo. “Fiat Chrysler non intende fare commenti sulla questione”, replica al Fattoquotidiano.it il portavoce del gruppo dell’automotive.