A Milano il 52 per cento degli spostamenti in città avviene senza inquinare l’ambiente. Perché si sceglie di andare in bicicletta o e-bike, con i mezzi pubblici a trazione elettrica, compresi i treni urbani o anche a piedi. Il capoluogo lombardo non è l’unica realtà dove è possibile scoprire che c’è una mobilità che cambia in Italia, da Nord a Sud, elettrica, connessa, condivisa e multimodale. Capace di ridurre lo smog e affrontare la sfida imposta dai cambiamenti climatici. È quanto emerge dal dossier ‘Le città elettriche’, il primo rapporto sulla mobilità a emissioni zero in italia, realizzato da Legambiente in collaborazione con MotusE (associazione per la mobilità elettrica). Sono stati analizzati i dati dei 104 capoluoghi italiani attraverso diversi indicatori: dalla disponibilità di mezzi elettrici all’inquinamento, dal tasso di motorizzazione alla presenza di piste ciclabili e al modal share, realizzando una prima mappatura sull’offerta di mobilità a zero emissioni su tutto il territorio nazionale. Sicuramente a farla da padrona in Italia è ancora una mobilità inquinata, congestionata, poco sostenibile, ma c’è una rivoluzione ormai in atto. “Il tasso di motorizzazione cala in quasi tutte le città d’Italia – spiega Legambiente – e non è un caso se il capoluogo lombardo in vent’anni ha perso 100mila auto e guadagnato altrettanti abitanti, grazie ad ambiziose politiche locali e agli strumenti che ne conseguono, tra tutti l’attivazione dell’Area B (low emission zone) dopo il successo dell’Area C (Congestion)”.
LE CITTÀ ELETTRICHE – Le grandi città italiane, seppur con percentuali molto diverse e ancora lontane da Milano, cercano di combinare sistemi per consentire spostamenti non inquinanti ai propri cittadini. Lo studio di Legambiente stima l’accessibilità a questi servizi, come la quota degli spostamenti con il mezzo pubblico o con servizi di sharing mobility. A Bologna ad esempio l’accessibilità raggiunge il 40% e gli spostamenti a zero emissioni (elettrici, bici, a piedi) rappresentano il 39%. A Torino a fronte di un’accessibilità (Tpl, bici e sharing) del 27% gli spostamenti zero emissioni sono il 40%. A Napoli i numeri evidenziano un 50% di movimenti che già avvengono con mezzi non inquinanti con un’accessibilità pari al 34%. A Genova il 39% degli spostamenti è a zero emissioni (accessibilità al 36%), a Firenze il 17% (accessibilità al 26%) e a Roma il 20% (accessibilità al 27%).
LEGAMBIENTE: “SEGNALI POSITIVI” – “Le storie e i numeri che raccontiamo nel nostro rapporto ci dicono che sono tanti i segnali positivi, con una disponibilità crescente dei cittadini a spostarsi con mezzi non inquinanti” sottolinea Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente. Secondo Andrea Poggio, responsabile Mobilità Sostenibile di Legambiente che ha curato il rapporto “la mobilità a zero emissioni, se demandata alla sola mobilità privata, con i pochi modelli proposti di auto e moto elettriche, tutti ancora piuttosto cari o poco competitivi, non ha i numeri oggi neppure per farsi vedere”. La vera differenza, dunque, la fa ancora il mezzo pubblico. “Ma sarebbe un errore – aggiunge – se si considerasse sufficiente. Il mezzo pubblico elettrico fa la differenza soprattutto se in città si va in bicicletta e ci sono servizi di sharing mobility. Insieme sono in grado di ricondurre alla minoranza gli spostamenti con il motore a combustione privato”.
RADDOPPIATE LE COLONNINE PER LA RICARICA – Una rivoluzione, quella della mobilità elettrica, rappresentata anche dalla crescita esponenziale delle infrastrutture dedicate alla ricarica. Dallo scorso anno ad oggi, secondo l’elaborazione di Legambiente su dati EvWay, si è passati da 2.368 a 5.507 prese disponibili omologate per automobili e ricariche veloci (> 11 kW) in tutta Italia e da 1.885 a 2.684 prese di ricarica per due ruote e ricariche lente (< 11 kW). Anche su questo fronte c’è un’Italia che viaggia a due velocità. In Lombardia il maggior numero di prese per automobili: 1134, più che raddoppiate rispetto allo scorso anno (erano 519); mentre sono 499 quelle per le due ruote. Basilicata e Molise, invece, chiudono la classifica: per la prima 27 prese per auto e 7 per le due ruote, mentre in Molise 8 e 5.
LE ELETTROSTORIE – Il rapporto contiene anche 12 elettrostorie, racconti di buone pratiche già attivate nel territorio italiano. Si parte proprio dal capoluogo lombardo: già oggi l’offerta di trasporto pubblico nella città metropolitana di Milano è notevole, sia per entità (650 milioni di passeggeri all’anno), sia per il predominio della trazione elettrica, il 74% dell’offerta, con 960 vetture metropolitane, 535 tram e filobus in servizio, 30 autobus elettrici e idrogeno. Entro il 2030 la transizione sarà completata. Ancora, l’esperienza del Campus di Savona, dell’Università degli studi di Genova, trasformato in una piccola smart city dove, oltre a una microrete energetica intelligente, sono state installate anche quattro colonnine di ricarica per veicoli elettrici per promuovere una mobilità a zero emisioni. O come a Firenze dove il Comune ha sperimentato l’alleanza per flotte di taxi elettriche. A Ostuni (Brindisi), invece, e a Ostuni (BR), dove nel 2014 è nato ‘Forplay’, un sistema che punta alla promozione del territorio attraverso un il noleggio di vetture piccole e totalmente elettriche: 40 quadricicli disponibili a nolo per un minimo di sei ore fino a un massimo di un intero anno per escursioni dedicate con guide naturalistiche e culturali.
Ambiente & Veleni
Mobilità, ecco le città elettriche: Milano capofila ma c’è una rivoluzione in atto
È quanto emerge dal dossier sulla mobilità a emissioni zero in italia, realizzato da Legambiente in collaborazione con MotusE (associazione per la mobilità elettrica). Sono stati analizzati i dati dei 104 capoluoghi italiani attraverso diversi indicatori
A Milano il 52 per cento degli spostamenti in città avviene senza inquinare l’ambiente. Perché si sceglie di andare in bicicletta o e-bike, con i mezzi pubblici a trazione elettrica, compresi i treni urbani o anche a piedi. Il capoluogo lombardo non è l’unica realtà dove è possibile scoprire che c’è una mobilità che cambia in Italia, da Nord a Sud, elettrica, connessa, condivisa e multimodale. Capace di ridurre lo smog e affrontare la sfida imposta dai cambiamenti climatici. È quanto emerge dal dossier ‘Le città elettriche’, il primo rapporto sulla mobilità a emissioni zero in italia, realizzato da Legambiente in collaborazione con MotusE (associazione per la mobilità elettrica). Sono stati analizzati i dati dei 104 capoluoghi italiani attraverso diversi indicatori: dalla disponibilità di mezzi elettrici all’inquinamento, dal tasso di motorizzazione alla presenza di piste ciclabili e al modal share, realizzando una prima mappatura sull’offerta di mobilità a zero emissioni su tutto il territorio nazionale. Sicuramente a farla da padrona in Italia è ancora una mobilità inquinata, congestionata, poco sostenibile, ma c’è una rivoluzione ormai in atto. “Il tasso di motorizzazione cala in quasi tutte le città d’Italia – spiega Legambiente – e non è un caso se il capoluogo lombardo in vent’anni ha perso 100mila auto e guadagnato altrettanti abitanti, grazie ad ambiziose politiche locali e agli strumenti che ne conseguono, tra tutti l’attivazione dell’Area B (low emission zone) dopo il successo dell’Area C (Congestion)”.
LE CITTÀ ELETTRICHE – Le grandi città italiane, seppur con percentuali molto diverse e ancora lontane da Milano, cercano di combinare sistemi per consentire spostamenti non inquinanti ai propri cittadini. Lo studio di Legambiente stima l’accessibilità a questi servizi, come la quota degli spostamenti con il mezzo pubblico o con servizi di sharing mobility. A Bologna ad esempio l’accessibilità raggiunge il 40% e gli spostamenti a zero emissioni (elettrici, bici, a piedi) rappresentano il 39%. A Torino a fronte di un’accessibilità (Tpl, bici e sharing) del 27% gli spostamenti zero emissioni sono il 40%. A Napoli i numeri evidenziano un 50% di movimenti che già avvengono con mezzi non inquinanti con un’accessibilità pari al 34%. A Genova il 39% degli spostamenti è a zero emissioni (accessibilità al 36%), a Firenze il 17% (accessibilità al 26%) e a Roma il 20% (accessibilità al 27%).
LEGAMBIENTE: “SEGNALI POSITIVI” – “Le storie e i numeri che raccontiamo nel nostro rapporto ci dicono che sono tanti i segnali positivi, con una disponibilità crescente dei cittadini a spostarsi con mezzi non inquinanti” sottolinea Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente. Secondo Andrea Poggio, responsabile Mobilità Sostenibile di Legambiente che ha curato il rapporto “la mobilità a zero emissioni, se demandata alla sola mobilità privata, con i pochi modelli proposti di auto e moto elettriche, tutti ancora piuttosto cari o poco competitivi, non ha i numeri oggi neppure per farsi vedere”. La vera differenza, dunque, la fa ancora il mezzo pubblico. “Ma sarebbe un errore – aggiunge – se si considerasse sufficiente. Il mezzo pubblico elettrico fa la differenza soprattutto se in città si va in bicicletta e ci sono servizi di sharing mobility. Insieme sono in grado di ricondurre alla minoranza gli spostamenti con il motore a combustione privato”.
RADDOPPIATE LE COLONNINE PER LA RICARICA – Una rivoluzione, quella della mobilità elettrica, rappresentata anche dalla crescita esponenziale delle infrastrutture dedicate alla ricarica. Dallo scorso anno ad oggi, secondo l’elaborazione di Legambiente su dati EvWay, si è passati da 2.368 a 5.507 prese disponibili omologate per automobili e ricariche veloci (> 11 kW) in tutta Italia e da 1.885 a 2.684 prese di ricarica per due ruote e ricariche lente (< 11 kW). Anche su questo fronte c’è un’Italia che viaggia a due velocità. In Lombardia il maggior numero di prese per automobili: 1134, più che raddoppiate rispetto allo scorso anno (erano 519); mentre sono 499 quelle per le due ruote. Basilicata e Molise, invece, chiudono la classifica: per la prima 27 prese per auto e 7 per le due ruote, mentre in Molise 8 e 5.
LE ELETTROSTORIE – Il rapporto contiene anche 12 elettrostorie, racconti di buone pratiche già attivate nel territorio italiano. Si parte proprio dal capoluogo lombardo: già oggi l’offerta di trasporto pubblico nella città metropolitana di Milano è notevole, sia per entità (650 milioni di passeggeri all’anno), sia per il predominio della trazione elettrica, il 74% dell’offerta, con 960 vetture metropolitane, 535 tram e filobus in servizio, 30 autobus elettrici e idrogeno. Entro il 2030 la transizione sarà completata. Ancora, l’esperienza del Campus di Savona, dell’Università degli studi di Genova, trasformato in una piccola smart city dove, oltre a una microrete energetica intelligente, sono state installate anche quattro colonnine di ricarica per veicoli elettrici per promuovere una mobilità a zero emisioni. O come a Firenze dove il Comune ha sperimentato l’alleanza per flotte di taxi elettriche. A Ostuni (Brindisi), invece, e a Ostuni (BR), dove nel 2014 è nato ‘Forplay’, un sistema che punta alla promozione del territorio attraverso un il noleggio di vetture piccole e totalmente elettriche: 40 quadricicli disponibili a nolo per un minimo di sei ore fino a un massimo di un intero anno per escursioni dedicate con guide naturalistiche e culturali.
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Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - I leader arabi concordano di istituire un fondo fiduciario per finanziare la ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dalla guerra, sollecitando il contributo internazionale per accelerare il processo di ricostruzione. Secondo il comunicato finale del vertice della Lega araba al Cairo, visionato dall'Afp, il fondo "riceverà impegni finanziari da tutti i paesi donatori e dalle istituzioni finanziarie" per realizzare progetti di ricostruzione nel territorio.
Tel Aviv, 4 mar. (Adnkronos) - Il Ministero degli Esteri israeliano afferma che la dichiarazione del vertice arabo tenutosi al Cairo per discutere della ricostruzione di Gaza non ha affrontato la realtà della situazione successiva al massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. "È degno di nota che il feroce attacco terroristico di Hamas non venga menzionato e che non vi sia nemmeno una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate", afferma la dichiarazione.
il ministero elogia invece il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di trasferire i cittadini di Gaza, sostenendo — nonostante Trump parli di trasferire tutta la popolazione della Striscia — che in base a questo, "c'è un'opportunità per i cittadini di Gaza di scegliere liberamente. Questo deve essere incoraggiato".
Sana'a, 4 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno abbattuto un drone statunitense nei cieli della città portuale di Hodeidah nello Yemen. Lo ha dichiarato portavoce del gruppo, Yahya Saree, in un post su Telegram.
Washington, 4 mar. (Adnkronos) - Secondo due fonti informate sui colloqui, gli Stati Uniti e l'Ucraina potrebbero firmare l'accordo sui minerali già oggi. Lo rende noto Abc News, secondo cui Trump ha indicato ai suoi principali consiglieri che vorrebbe concludere l'accordo prima del suo discorso congiunto al Congresso.
Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - Il vertice arabo convocato al Cairo ha adottato un piano egiziano per la ricostruzione di Gaza. Lo ha affermato il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi in una dichiarazione conclusiva. Il piano mira a contrastare le proposte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per una "Riviera mediorientale" con un piano per ricostruire la Striscia devastata senza sfollare la sua popolazione.
Parigi, 4 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente francese Emmanuel Macron ha accolto con favore la volontà del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky “di riprendere il dialogo con gli Stati Uniti d'America”, secondo quanto riferito dall'Eliseo.
Il capo di Stato “ha ribadito la determinazione della Francia a lavorare con tutte le parti interessate per attuare una pace solida e duratura in Ucraina”, ha dichiarato la presidenza.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - Elly Schlein è netta sul piano lanciato oggi da Ursula Von der Leyen. "Noi non ci stiamo", la posizione della segretaria del Pd. Una linea che, pur con sfumature diverse, trova d'accordo anche l'area riformista dem. Servono "modifiche", dice Lorenzo Guerini. In particolare, a mettere tutti d'accordo è la bocciatura della proposta della presidente della Commissione Ue sulla possibilità di dirottare i fondi di Coesione sulle spese per la difesa. E non solo. Anche la deroga al patto di Stabilità da parte dei singoli Stati, fuori da regia e investimenti comuni sulla difesa, è giudicata un errore trasversalmente tra i dem.
Schlein ha già annunciato che porterà la posizione del Pd alla riunione dei Socialisti e Democratici giovedì mattina a Bruxelles, il pre-vertice che precede il Consiglio europeo straordinario. In vista dell'appuntamento Schlein oggi ha sentito il premier spagnolo Pedro Sanchez. "Una lunga conversazione sullo scenario internazionale e la complicata situazione mondiale", fanno sapere fonti dem. Quella del Pd è la delegazione più numerosa nella famiglia socialista europea. Senza l'ok dei socialisti il piano Von der Leyen traballa. "È il momento delle scelte e della chiarezza. Abbiamo bisogno di una risposta all'altezza della sfida globale - strategica, economica, politica - al ruolo dell'Europa nel mondo. E questa risposta non è quella presentata oggi", rimarca Schlein.
Negli equilibri interni al Pd, la sollecitazione dei riformisti è quella di lavorare per modificare il piano Von der Leyen, "aiutare ad andare nella direzione giusta" ed evitare che ci si arrocchi in un "no a tutti i costi". L'importante, si spiega, "è non mettere in discussione la necessità dell'aumento di risorse per la difesa europea". Per Guerini si tratta di un'esigenza "ineludibile". Quindi la sollecitazione del presidente del Copasir: "Ora bisogna mettersi al lavoro, innanzitutto all’interno del Pse, per confermare in maniera convinta il nostro impegno per maggiori investimenti e capacità militari europee provando a dare un indirizzo più coerente agli strumenti per farlo".
Per Schlein "quella presentata oggi da Von Der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse". Anche il titolo 'Rearm' ha fatto sobbalzare più di uno e anche la segretaria lo mette in evidenza. "Il piano Von Der Leyen, a partire dal titolo, punta sul riarmo e non emerge un indirizzo politico chiaro verso la difesa comune".
Quindi elenca i nodi: "Indica una serie di strumenti che agevolerebbero la spesa nazionale ma senza porre condizioni sui progetti comuni, sull’interoperabilità dei sistemi. Ci sono molti aspetti da chiarire, ad esempio su come funzionerebbe il nuovo meccanismo in stile Sure, per capire se finanzia progetti comuni o spesa nazionale. Ma questa -avverte- non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo".
"Noi -insiste- abbiamo un’idea precisa. Quello che serve oggi è un grande piano di investimenti comuni per l’autonomia strategica dell’Ue, che è insieme cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e anche difesa comune. Anche, ma non solo! Magari cancellando le altre cruciali priorità su cui i governi sono più divisi. È irrinunciabile contrastare le diseguaglianze che sono aumentate. Per questo è inaccettabile utilizzare i fondi di coesione per finanziare le spese militari nazionali".
Punti critici che vengono rilevati anche dai riformisti. Per Guerini "la proposta Von der Leyen definisce giustamente l’obiettivo in termini di risorse", ma "così come è stata prospettata necessita di essere modificata: è sbagliato l’utilizzo dei fondi di coesione e c’è poco coraggio a sostenere un vero salto in senso europeo delle spese per la difesa". Avverte Alessandro Alfieri: gli strumenti "che mettiamo in campo devono portare ad una maggiore integrazione delle principali aziende della difesa europea. In questo senso, se non vengono messe condizionalità alle deroghe al patto di stabilità, l’aumento dei bilanci dei singoli Paesi verrà speso prevalentemente su mercati extra Ue, da cui oggi dipendiamo per l’80%. Aumentando la dipendenza strategica dagli Usa anziché diminuirla".
Per il coordinatore della minoranza dem, il Pd non dovrà far "mancare il proprio contributo in tutte le sedi così come spiegheremo che serve una narrazione diversa che convinca le opinioni pubbliche europee a sostenere la sfida ineludibile della costruzione della difesa europea. Magari chiamando questa sfida Protect Europe invece di Rearm. Perché anche il linguaggio ha la sua importanza...”.
Interviene anche Giorgio Gori a sollevare criticità: sarebbe "un errore - ritengo, da parte della Commissione Europea - autorizzare maggiori spese per la difesa dei singoli Stati membri, in deroga al patto di stabilità, fuori da una comune regia. Ciò finirebbe per approfondire la frammentazione, senza apprezzabili benefici per la sicurezza comune. La deroga dal patto dovrebbe invece essere autorizzata solo per gli investimenti comuni: così si porrebbero le condizioni per l'avvio di un vero sistema di difesa europeo". E poi "ugualmente discutibile appare poi la contrapposizione tra spesa per la difesa e spesa sociale, suggerita dalla facoltà per gli Stati membri di attingere ai fondi per la coesione". Intanto questa mattina la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno ha lanciato un appello via social per un'Europa 'Libera e forte' in 5 punti, difesa comune compresa. Oltre duemila, finora, le adesioni.