[Questo intervento segue il post: Bolsonaro-Trump, ovvero il (tutt’altro che discreto) tanfo della dittatura]

Chi è Olavo de Carvalho? Data un’occhiata ad alcuni dei suoi molti libri, saggi e, soprattutto, video in quel di Youtube, assai forte è la tentazione di rispondere nel più scarno (e probabilmente corretto) dei modi, definendolo per quello che in ultima analisi davvero è: un “filosofo fai-da-te”, uno che in modo molto arruffato ma assai aggressivo manipola concetti e parole, uno che vende on line verità assolute – quelle che le famose “élite” vi tengono artatamente nascoste per poter rimanere tali – con la stessa baldanzosa credibilità (e anche, ahinoi, con la stessa fortuna) con la quale, nella famosa opera di Gaetano Donizetti, il dottor Dulcamara (Udite, udite o rustici) vendeva il suo elisir d’amore ai Nemorino di turno.

Molto più utile e interessante è tuttavia – proprio in virtù della fortuna di cui sopra – partire dal lato opposto. Ovvero: dalle alte parole che, a lui rivolte, ha pronunciato giorni fa Eduardo Bolsonaro, terzo figlio dell’attuale presidente del Brasile e a sua volta presidente della Commissione Relazioni Internazionali della Camera, nel corso della presentazione d’un film – O jardim das aflições, il giardino delle afflizioni – che proprio alla vita, alle opere e ai miracoli di Olavo-Dulcamara è (auto)dedicato. “De Carvalho – ha enfaticamente affermato Bolsonaro junior – è il personaggio più importante della storia del Brasile”. E ha altrettanto enfaticamente aggiunto: “Olavo è un’ispirazione. Senza di lui la presidenza di mio padre non esisterebbe”.

Teatro di questa molto solenne incoronazione, il Trump international hotel di Washington D.C. Organizzatore dell’evento: Steve Bannon, grande stratega della campagna presidenziale di Donald Trump (subentrò nel luglio del 2016 a Paul Manafort, poi finito in carcere nell’ambito delle indagini per il Russiagate) e oggi – dopo una breve ma intesa permanenza alla Casa Bianca nelle vesti di superconsulente – alla testa di quello che lui stesso chiama The Movement, una sorta di internazionale dell’estrema destra.

“Dell’esistenza di Olavo – ha detto Bannon – sono venuto a conoscenza casualmente ascoltando in video una sua discussione con Aleksandr Dugin (da molti considerato l’intellettuale più vicino a Vladimir Putin, nda)”. E ascoltatolo – ha raccontato – ne è rimasto affascinato al punto da andare in pellegrinaggio all’eremo, una fattoria in Virginia dove Olavo vive in compagnia della moglie, di molte armi da fuoco e d’un cane mastino di nome Big Mac. Il risultato dell’incontro? Una sorta di fulminazione sulla via di Damasco. “Oggi – ha infatti spiegato Bannon – considero Olavo un pensatore seminale (termine usato dagli antichi filosofi stoici e neoplatonici per indicare i principi vitali delle cose e dei pensieri, nda)”.

Insomma: tanto per Bolsonaro junior quanto per Bannon (e per tutti gli esponenti di The Movement che affollavano la sala pacchianamente arredata del Trump international), de Carvalho è molto più d’un filosofo. È il filosofo. E poco importa che lo sia (filosofo), esattamente come Dulcamara è “dottore”. Vale a dire: assolutamente motu proprio, senza aver mai frequentato alcuna università – anche perché Olavo considera tutte le università, senza eccezioni, dei “covi di comunisti” – e a quanto si dice senza neppure aver terminato gli studi superiori. Tutte caratteristiche, queste, che hanno contribuito ad alimentare, nel mondo dei Nemorino in rete, la sua fama di molto veritiero e quasi mistico pensatore “anti-elitario” e “anti-globalista”).

Ma che cosa pensa questo “pensatore seminale, anti-elitario e anti-globalista”? Per capirlo val la pena dare una sfogliatina al libro – il suo più comprensivo e fondamentale, a detta dei seguaci – dal quale è tratto il film (titolo completo Il Giardino delle Afflizioni: da Epicuro alla resurrezione di Cesare. Saggio sul materialismo e la religione civile), attraverso cui Olavo va alla ricerca di quelle che chiama le “vere radici e il vero senso dell’Occidente”, le une e l’altro individuati “nell’Impero”. Ovvero, in una vocazione di conquista che nulla ha che fare, anzi, che rifiuta e respinge la “perversa” (perché frutto d’una diabolica cospirazione) lezione dell’Illuminismo.

Oppure si può leggere Il minimo che devi sapere per non sembrare un idiota (il preferito da Jair Bolsonaro, forse perché è una sorta di “bigino” del pensiero olaviano). O ancora O imbecil coletivo, col quale Olavo da par suo rifà il verso all’Intellettuale collettivo (o organico) di Antonio Gramsci, il pensatore da lui forse più odiato e descritto come una perfida versione di Mandrake, impegnata a ipnotizzare le masse con la sua visione della “egemonia culturale” (secondo Olavo, le tesi gramsciane sono surrettiziamente protese a creare socialismo senza che il popolo se ne accorga.

Impagabile, per chi mastichi un po’ di portoghese, il video O engodo (l’esca, nda) gramsciano aplicado no Brasil. O, ancora si possono consultare i numerosi testi – e gli ancor più numerosi video – nei quali descrive come ciarlatani Galileo, Copernico, Newton, Einstein, colpevoli d’avere truffato il mondo a diversi livelli vendendo sballatissime teorie. Su tutte, quella “eliocentrica”. Secondo Olavo, infatti, non è provato che sia la Terra a girare intorno al sole. Cosa questa che non sorprende, considerato che all’astronomia Olavo ha sempre preferito l’astrologia, scienza che ha con grande successo praticato durante le sue piuttosto contorte peripezie ideologiche.

Olavo è stato in passato comunista – ovviamente della variante più dogmatica – e membro della Tariqa, ordine mistico mussulmano. Oggi (sempre, ça va sans dire, nella più feroce delle versioni) anti-comunista, anti-Islam, anti-immigrati, anti-scienza, anti-globalista, anti-liberale, anti-modernista, furiosamente impegnato a ricreare la Fede, i valori e le “identità: in una parola l’Impero, che il culto della Ragione ha distrutto.

Queste sono le idee sulle cui ali vola, grazie a personaggi come il ministro degli esteri Ernesto Araujo (un “raccomandato” di Olavo, del cui libro Trump e l’Occidente avrò spero modo di parlare), il “tanfo della dittatura” (o dell’oscurantismo) che va appestando le due Americhe e non solo, con epicentro in 1600 Pennsylvania Avenue e con filiale a Brasilia. Nell’opera di Donizetti, il dottor Dulcamara vende elisir d’amore. E la sua truffa si risolve nel più felice degli happy ending, con Nemorino che non solo convola a giuste nozze con l’amata Adina, ma diventa ricco grazie all’eredità d’uno zio. Olavo e le altre raffinate menti che circondano Trump e Bolsonaro vendono invece l’elisir d’odio. E difficile – molto difficile – è immaginare un finale che non sia un ritorno alle tragedie del passato.

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