C’è anche Unicredit tra le otto banche sospettate dalla Commissione europea di aver fatto cartello, tra il 2007 e il 2012 cioè nel pieno della crisi finanziaria, per distorcere la concorrenza nell’acquisto e nello scambio di titoli di Stato europei. La banca ha diffuso la notizia mercoledì sera su richiesta della Consob, più di due mesi dopo che l’Antitrust Ue ha rivelato che alcuni trader appartenenti agli otto istituti avevano scambiato informazioni sensibili e coordinato le strategie di trading sui bond denominati in euro. L’unico commento dell’ad Jean Pierre Mustier, a margine dell’assemblea dei soci, è stato: “Citando l’opera di Shakespeare: ‘Molto rumore per nulla‘. Non posso commentare su temi regolatori, ma se sapeste quello che so io, dareste a questa vicenda il titolo di questa commedia di Shakespeare”.
Piazza Gae Aulenti ha spiegato che la Commissione sospetta che “una delle controllate” (si tratta della tedesca Hvb) abbia violato le regole antitrust e potrebbe essere soggetta a una sanzione, pur ritenendolo improbabile. Secondo le norme europee, in questi casi è possibile applicare una multa fino al 10% dei ricavi annui globali della società. Nel comunicato Unicredit spiega che “sulla base delle informazioni attualmente a disposizione, non risulta possibile quantificare in maniera attendibile l’importo di un’eventuale sanzione”. La banca “ha avuto accesso a tutti gli elementi del fascicolo il 15 febbraio 2019” e ora “non considera più remoto, ma possibile, sebbene non probabile, un esborso di cassa volto al pagamento di una potenziale sanzione”. La scadenza per la presentazione di una risposta alle obiezioni sollevate dalla Dg Concorrenza “è fissata al 29 aprile”, salvo proroghe. A quel punto la Commissione “potrà concedere alle parti una apposita audizione”, anche se non è possibile sapere se ci sarà né quando. Inoltre, “non esistono termini legali che impongono alla Commissione di concludere le indagini antitrust entro scadenze prestabilite”.
Secondo l’esecutivo comunitario, i trader che lavoravano per le banche coinvolte si sarebbero scambiati informazioni sensibili e avrebbero concordato le rispettive strategie di trading sui titoli di Stato. I contatti sarebbero avvenuti principalmente, ma non solo, tramite chat on line. L’indagine riguarda i trader e non implica che la presunta condotta anticoncorrenziale fosse una prassi generalizzata nel settore dei titoli di Stato.
La Commissione non rivela i nomi delle banche coinvolte: sono queste ultime che, alla spicciolata, vengono allo scoperto quando si configura un obbligo informativo, come è successo per l’istituto di piazza Gae Aulenti. La comunicazione degli addebiti è un passo formale nell’iter di un’indagine Ue sulle violazioni delle norme sulla concorrenza, con il quale la Commissione informa per iscritto le parti delle contestazioni mosse nei loro confronti. Se la Commissione ritiene che ci siano sufficienti prove che una violazione si sia verificata, può adottare una decisione, con multe che possono arrivare fino al 10% del giro d’affari annuale mondiale della società in questione, cioè, in questo caso, del gruppo Unicredit. Raramente però le sanzioni arrivano al massimo teorico previsto: l’importo della multa dipende da una serie di fattori, tra cui la condotta, collaborativa o meno, che tiene il soggetto sanzionato.