“Nel 2016 ho ricevuto un premio giornalistico per un articolo nel quale spiegavo le virtù di un’imposta più spostata sui consumi che sulle persone. E qui mi fermo, perché si tratta di una posizione scientifica, non di una decisione politica“. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, intervistato dal Messaggero, ribadisce di essere a favore di aumenti dell’Iva – quelli previsti dalle clausole di salvaguardia e a cui sono assolutamente contrari i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini – per poi eventualmente ridurre l’Irpef, il cui taglio “è un atto di giustizia necessario, soprattutto per i ceti medi che per anni hanno subito gli effetti di un fiscal drag da tutti contestato ma che nessuno ha mai provveduto ad attenuare. Quindi sicuramente interverremo, il come lo vedremo in autunno”.
“In ogni caso”, afferma Tria, “nel Def vi sono indicazioni sui tagli di spesa che, insieme a un Pil che ci aspettiamo in crescita, potranno aiutare senza aggiungere squilibrio ulteriore al debito”. In più, dice, “avremo 87 miliardi dallo sblocca-cantieri“, soldi “bloccati da lacci burocratici che abbiamo cominciato a snodare”. “Con il decreto crescita – aggiunge – abbiamo introdotto il superammortamento, la mini-Ires semplificata, l’Imu sui capannoni industriali deducibile, l’aumento del finanziamento del Fondo garanzia per le imprese, altri 500 milioni per i Comuni destinati all’efficientamento energetico e molto altro. Di più non potevamo fare“, rivendica rispondendo alla domanda se il provvedimento riavvierà la crescita, considerato che il Def stima un impatto positivo sul pil solo dello 0,1% peraltro sommando agli effetti del dl crescita anche quelli dello Sblocca cantieri. Quest’ultimo “è ormai pronto al 98%: abbiamo modificato molto del Codice degli appalti per semplificare una procedura che era, quella sì, di ostacolo a qualunque progetto di sviluppo”.
“Quota 100 – rivendica infine parlando delle principali misure della legge di Bilancio – era necessaria, perché corregge i problemi di transizione creati dalla legge Fornero. Peraltro, soprattutto nel settore pubblico dove il turn over è ancora al 100%, consentirà un utile aggiornamento delle competenze contribuendo a svecchiare un organico con la più alta età media fra i Paesi Ocse”. Quanto al reddito, che nei primi due anni avrà un impatto negativo sull’occupazione, “la platea di coloro che cercano lavoro si allargherà di almeno 500mila soggetti che oggi sono “dormienti” e quindi l’impatto immediato è l’aumento del tasso di disoccupazione. Però alla fine del periodo il numero degli occupati sarà assai superiore in valore assoluto”.
“Ribadisco che non sarà necessaria alcuna manovra correttiva nel senso tradizionale del termine. Semmai ci saranno aggiustamenti quantitativi, ma senza modificare la struttura della legge di Bilancio. Con il Def che il governo ha approvato, siamo infatti in grado di soddisfare in pieno gli impegni con Bruxelles. Anzi, non escludo un miglioramento del deficit strutturale, se anche fosse dello 0,1 per cento”.