Mi presento: sono Elena Grandi, ho 59 anni e vivo a Milano, mia città natale. Sono sposata, ho tre figli (un maschio e due femmine) ormai grandi e prima di avvicinarmi alla politica ho sempre lavorato nel campo dell’editoria. Da oltre dodici anni mi occupo di politica e di territorio: sono vicepresidente e assessore all’Ambiente, al verde e al demanio del Municipio 1 a Milano e dal dicembre dello scorso anno, con Matteo Badiali, sono co-portavoce nazionale della Federazione dei Verdi.

Perdonate la pedanteria, avrei voluto cominciare in altro modo il mio blog, ma consideratelo uno sfogo umano e politico, naturalmente: che cosa dobbiamo inventare per farci notare? Sembra una citazione di Nanni Moretti e invece è la dura realtà: per la televisione, e buona parte dei media cartacei, i Verdi non esistono, sono morti e, se non sono morti, non se la passano troppo bene. E morti vengono definiti da chiunque sia sollecitato a parlarne. Invece siamo qui, vivi, vegeti e ambiziosi, e vorremmo che tutti ne prendessero atto. A Il Fatto Quotidiano va la mia gratitudine per avermi ospitato con un blog. Agli altri, non tutti, agli indifferenti, agli ostili, vorrei ricordare che sarebbe ora di emanciparsi da un’interpretazione caricaturale della realtà che ci vede eterni comprimari e per giunta litigiosi.

So che in fisica il grande occupa più spazio del piccolo, ed è per questo motivo che interviene l’uomo a porvi rimedio. Soprattutto se si tratta, come nel caso della Rai, di un ente pubblico, qualcosa che appartiene a voi che mi leggete e a me: sì, anche a me, co-portavoce di un piccolo partito che pone oggi un problema, serio, di democrazia nel Paese. Noi siamo qui e vorremmo che i dirigenti della Rai, che da un anno ci hanno oscurato, invertissero la rotta e dunque mi appello agli elettori di tutti i partiti, affinché tutti i partiti – Verdi compresi – abbiano le stesse, identiche, possibilità. Se così non fosse, la partita sarebbe truccata. Facciamoci sentire, fatevi sentire. Io terrò la noiosa contabilità della nostra assenza dagli schermi Rai, dai dibattiti politici, dai programmi di approfondimento. Per adesso siamo a meno 365 giorni, vi terremmo informati e aggiornati. Ve lo prometto.

Siamo qui, vivi, vegeti e ambiziosi. Un piccolo partito, determinato, agguerrito, senza soldi né mezzi, una contro narrazione possibile di questi anni che vorrebbero la politica sporca e affaristica. Un piccolo partito necessario, a raccogliere la sfida di soddisfare la domanda di ambientalismo che cresce nelle piazze d’Europa e non solo. Siamo qui e ci saremo, a cominciare dalle Elezioni europee di domenica 26 maggio. Abbiamo costruito un progetto ecologista, europeista, femminista e solidale con Possibile. Abbiamo un simbolo che in due parole racconta il nostro progetto: Europa Verde. Come Verdi abbiamo portato in dote 12 priorità (nate dal lavoro congiunto di tutti i partiti Verdi europei), che qui presento in ordine sparso, per cambiare in meglio l’Europa. I Verdi italiani sono parte integrante e attiva di una forza politica paneuropea, gli European Greens. L’unica, autentica, forza politica paneuropea, transnazionale.

Lo dico subito: abbiamo idee forti non solo in materia ambientale, ma anche sociale, economica e sui diritti. Siamo in campo per combattere i cambiamenti climatici, per eliminare progressivamente il carbone, per promuovere l’efficienza energetica e scegliere con convinzione la strada delle rinnovabili. Vogliamo promuovere lo sviluppo, ma a modo nostro. Vogliamo rendere il trasporto su rotaia la vera alternativa a quello aereo e su gomma, vogliamo proteggere la salute dei cittadini combattendo l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, eliminando i rifiuti di plastica. Vogliamo produrre localmente cibo senza pesticidi e Ogm, vogliamo allevare senza inutili crudeltà. Investire nell’economia verde significa credere nella ricerca e nell’innovazione, creare sviluppo e crescita economica, ma anche garantire un reddito minimo dignitoso. Sosteniamo lo Stato di diritto, difendiamo il diritto d’asilo e vogliamo istituire canali legali e sicuri per chi fugge dalla violenza e dalla fame. Ci battiamo per garantire il libero accesso all’educazione, la progressività delle tasse, chi ha di più paghi di più, contro la violenza di genere e per bloccare l’esportazione delle armi ai dittatori e ai Paesi in guerra (l’elenco completo sul sito della Federazione Nazionale dei Verdi).

Una promessa: saremo nel cuore infranto del nostro Paese, saremo ad Amatrice, nelle località del terremoto, là dove bruciano i depositi illegali di rifiuti, al ponte Morandi di Genova, nella Terra dei fuochi, dove i fiumi esondano trascinandosi via case abusive o frutto di cementificazione selvaggia, a Taranto dove la contraddizione capitale-ambiente colpisce con brutale efferatezza la popolazione. Saremo là dove c’è bisogno di noi, di coniugare lavoro e legalità, ambiente e sviluppo, emergenza e tutela del territorio, benessere e sostenibilità, cultura ed educazione.
Abbiamo un compito difficile, ma non impossibile. Ce la faremo. Perché siamo ambiziosi, perché siamo l’unica alternativa credibile al fronte sovranista, ai governi della paura e dell’intolleranza. Perché la gente ce lo sta chiedendo: non solo i giovani che insieme a Greta Thumberg sono scesi nelle piazze del mondo, ma anche i loro genitori e i loro nonni.

La nostra è una visione europeista e cosmopolita, ultimo bastione contro l’estrema destra. Noi abbiamo un’idea diversa dell’Europa, un’idea ecologista e solidale su cui cementare un’appartenenza e un legame, per ricostruire una comunità di valori. La nostra è una sfida globale perché condividiamo lo stesso orizzonte politico, sociale e umano di chi vive oltre i nostri confini: soltanto così, unendo le forze con gli stessi obiettivi, possiamo pensare di cambiare l’ordine delle cose.

Non dobbiamo cercare altrove le ragioni del nostro presente e del nostro futuro. Le abbiamo già, in quel deposito di valori, ideali, rappresentanza d’interessi legittimi, che dà forma e sostanza alla nostra storia. Non abbiamo bisogno di scorciatoie, né d’interpretazioni improvvisate ed estemporanee, ma abbiamo il compito, quello sì, di ricomporre un quadro intorno a un’identità forte. Quattro sono i punti cardinali dell’Europa che vorremmo finalmente aperta, inclusiva e legalitaria: redistribuzione della ricchezza, innovazione, diritti e naturalmente ambiente, la nostra stella polare. Ne riparleremo: qui e ovunque ci sarà data la possibilità di farlo.

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