Un anno e sei mesi, con 25 mila euro di multa ciascuno, è la pena richiesta dalla procura generale di Torino nei confronti di quattro medici degli Spedali civili di Brescia accusati di somministrazione di farmaci guasti nell’ambito del caso “Stamina”. Il presidio sanitario lombardo sperimentò per qualche tempo la controversa terapia patrocinata da Davide Vannoni. I quattro imputati, la ex direttrice sanitaria Ermanna Derelli, l’ex dirigente e referente del comitato etico Carmen Terraroli, la biologa Arnalda Lanfranchi e il pediatra Fulvio Porta, in primo grado erano stati condannati a due anni di reclusione – con pena sospesa – e a 30mila euro di multa; erano anche stati assolti dalle accuse di associazione a delinquere, abuso d’ufficio e truffa. Il pg Daniela Isaia ha chiesto alla IV sezione penale della Corte d’appello di ridurre la durata della pena perché i fatti commessi prima dell’11 ottobre 2011 sono ormai prescritti.
“Questo è stato un tentativo di far entrare la magia negli ospedali” ha detto l’avvocato Sergio Bonetto, parte civile per Medicina Democratica. Il riferimento è l’accordo tra l’ente lombardo e la fondazione di Davide Vannoni per la sperimentazione della controversa terapia. L’avvocato Bonetto ha chiesto alla Corte d’appello di Torino la conferma delle condanne per somministrazione di farmaci guasti. La prossima udienza è prevista il 13 maggio.
Vannoni, presidente e fondatore di Stamina attraverso cui adescava pazienti per portarli all’estero (in particolare in Georgia) con promesse di cure, era stato arrestato nella sua casa di Moncalieri il 26 aprile scorso per associazione a delinquere con l’aggravante della transnazionalità, oltre che truffa aggravata e somministrazione di farmaci considerati non conformi. Il cosiddetto “metodo Stamina” proposto da Vannoni, era approdato agli Spedali Civili di Brescia nel 2011, nell’ambito di un progetto di collaborazione fra la struttura lombarda e Stamina Foundation – che aveva come coordinatore Porta e che ricevette il via libera del Comitato etico – in base al quale si prevedevano infusioni di staminali mesenchimali per 12 pazienti, fra cui diversi bambini. Dopo lo stop decretato dall’Aifa nel 2012, era scattata una pioggia di ricorsi di persone sotto trattamento che chiedevano la prosecuzione delle somministrazioni. Ricorsi che si erano moltiplicati dopo l’approvazione del Dl Balduzzi del 2013. Un comitato di scienziati, nominato dal ministero della Salute, aveva bocciato il metodo e detto no alla sperimentazione.