Oltre 500 ragazzi e ragazze venuti da tutta Italia, circa cento comitati locali rappresentati: “Siamo quelli che si stanno svegliando e che ce la faranno a cambiare le cose” è il messaggio che si ripete di intervento in intervento nella grande aula magna Levi dell’Università Statale di Milano. Si possono definire i “fratelli e le sorelle di Greta”. Sono molto di più. Hanno deciso di far nascere la rete italiana di Fridays for Future, dopo le grandi manifestazioni del 15 marzo e un movimento che si è amplificato senza organizzazione e grazie al protagonismo dei giovani. Così come è avvenuto con il femminismo di Non una di meno. Lo hanno fatto al passo dei tempi: parole d’ordine chiare, rete leggera, interventi di pochi minuti, ma efficaci.
L’assemblea è fatta quasi esclusivamente da ragazzi e ragazze tanto che quando un’attivista di Belluno, che potrebbe essere la madre, prende la parola, perché i più giovani del comitato locale non sono potuti venire, sente il bisogno di scusarsi. E giù applausi.
In sala non si vede un giornale, solo smartphone, il contenuto che li lega tutti è il clima, l’imminente catastrofe e dunque, la rivendicazione unanime, il rispetto degli accordi di Parigi e la riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2030, la decarbonizzazione entro il 2050.
Tutti si dichiarano apartitici e apolitici, ma quando viene attaccato Matteo Salvini, non demagogicamente ma per le politiche relative all’Africa, si sente uno degli applausi più forti. In altri tempi sarebbero stati contigui al Movimento 5 Stelle, ma non nel momento in cui questo governa nel modo che vediamo e con gli alleati che sappiamo. Anzi, sembra proprio che con questa generazione il partito di Luigi Di Maio stia scavando un fossato. Sintomatico l’intervento del comitato di Pomigliano d’Arco: “Ho 17 anni e già da 4 anni lavoro e se mi offrono di lavorare in un inceneritore non potrò dire di no: il pane non si compra con la buona volontà”. Di reddito di cittadinanza non parla in nessun modo.
Sul piano politico si vede l’attivismo dei sindacati studenteschi, in particolare l’Unione degli studenti – che infatti propone un incontro estivo in campeggio al Riot Village – qualche centro sociale, in particolare del Nordest. Si vede Gianfranco Mascia, dei Verdi, ma la parola è ai ragazzi, alle dinamiche delle realtà locali. E la spinta generazionale si sente, soprattutto l’ansia di non avere più tempo: “Siamo la prima generazione a subire gli effetti del riscaldamento climatico e l’ultima che può fare qualcosa”.
C’è un richiamo costante al valore della scienza e delle competenze: “Se non vengono ascoltate è solo per il peso delle solite élites, dei poteri” e si fanno i nomi di grandi finanziarie come JP Morgan.
Si citano proverbi africani come quello che ricorda che “Le formiche quando si mettono d’accordo spostano l’elefante” e si parla del “sentimento nelle manifestazioni” che muove le mobilitazioni e che “ci può portare lontano”. Questo fa il paio con l’altro grande protagonista dell’assemblea: il comportamento individuale. In presidenza non ci sono bottiglie di plastica ma solo borracce, l’invito a cambiare gli stili di vita è ripetuto e con esso il no al consumismo e la battaglia per il “riciclo e il riuso”. C’è chi propone di istituire la tassa su chi inquina o misure come le cauzioni sui bicchieri di vetro per i locali invece di utilizzare la plastica.
Da Venezia c’è l’invito a collegarsi alle lotte dei comitati contro le “grandi opere” – vedi No Tav – si fa riferimento alle trivelle, ma su questo poi si sviluppa forse la vera divergenza, accennata con molta tranquillità e senza l’acrimonia delle assemblee dei movimenti tradizionali, tra chi sostiene che Friday for future debba avere come unico obiettivo il riscaldamento climatico e chi pensa ad alleanze con altre lotte ambientaliste e quindi con una visuale più ampia.
Accordo sulla forma orizzontale e “flessibile” del coordinamento nazionale che non deve pesare sulle realtà locali e deve decidere consensualmente. E poi l’invito alla prossima grande giornata di mobilitazione, il 24 maggio, lo “strike”, lo sciopero generale per il clima. Ci sarà molta gente, molti giovani, così come ce ne saranno molti il 19 aprile, venerdì prossimo, a Roma all’appuntamento consueto del venerdì per protestare sul clima. Quel giorno è prevista la presenza della star del momento, quella che genera l’entusiasmo acritico e aprioristico dei “progressisti” e l’antipatia dei populisti antimondialisti. Greta Thunberg, la sedicenne che senza saperlo ha già spostato gli equilibri. In attesa di cambiare il mondo.
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Ambiente & Veleni
Fridays for Future, la prima assemblea in Italia: smartphone e borracce al posto di giornali e plastica. “Ci stiamo svegliando”
Nell'aula magna Levi dell’Università Statale di Milano si sono incontrati oltre 500 ragazzi e ragazze venuti da tutta la Penisola: è il movimento nato dal grande sciopero del 15 marzo scorso. Tutti giovanissimi, apolitici e apartitici, chiedono il rispetto degli accordi di Parigi, la riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2030, la decarbonizzazione entro il 2050
Oltre 500 ragazzi e ragazze venuti da tutta Italia, circa cento comitati locali rappresentati: “Siamo quelli che si stanno svegliando e che ce la faranno a cambiare le cose” è il messaggio che si ripete di intervento in intervento nella grande aula magna Levi dell’Università Statale di Milano. Si possono definire i “fratelli e le sorelle di Greta”. Sono molto di più. Hanno deciso di far nascere la rete italiana di Fridays for Future, dopo le grandi manifestazioni del 15 marzo e un movimento che si è amplificato senza organizzazione e grazie al protagonismo dei giovani. Così come è avvenuto con il femminismo di Non una di meno. Lo hanno fatto al passo dei tempi: parole d’ordine chiare, rete leggera, interventi di pochi minuti, ma efficaci.
In sala non si vede un giornale, solo smartphone, il contenuto che li lega tutti è il clima, l’imminente catastrofe e dunque, la rivendicazione unanime, il rispetto degli accordi di Parigi e la riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2030, la decarbonizzazione entro il 2050.
Tutti si dichiarano apartitici e apolitici, ma quando viene attaccato Matteo Salvini, non demagogicamente ma per le politiche relative all’Africa, si sente uno degli applausi più forti. In altri tempi sarebbero stati contigui al Movimento 5 Stelle, ma non nel momento in cui questo governa nel modo che vediamo e con gli alleati che sappiamo. Anzi, sembra proprio che con questa generazione il partito di Luigi Di Maio stia scavando un fossato. Sintomatico l’intervento del comitato di Pomigliano d’Arco: “Ho 17 anni e già da 4 anni lavoro e se mi offrono di lavorare in un inceneritore non potrò dire di no: il pane non si compra con la buona volontà”. Di reddito di cittadinanza non parla in nessun modo.
Sul piano politico si vede l’attivismo dei sindacati studenteschi, in particolare l’Unione degli studenti – che infatti propone un incontro estivo in campeggio al Riot Village – qualche centro sociale, in particolare del Nordest. Si vede Gianfranco Mascia, dei Verdi, ma la parola è ai ragazzi, alle dinamiche delle realtà locali. E la spinta generazionale si sente, soprattutto l’ansia di non avere più tempo: “Siamo la prima generazione a subire gli effetti del riscaldamento climatico e l’ultima che può fare qualcosa”.
C’è un richiamo costante al valore della scienza e delle competenze: “Se non vengono ascoltate è solo per il peso delle solite élites, dei poteri” e si fanno i nomi di grandi finanziarie come JP Morgan.
Si citano proverbi africani come quello che ricorda che “Le formiche quando si mettono d’accordo spostano l’elefante” e si parla del “sentimento nelle manifestazioni” che muove le mobilitazioni e che “ci può portare lontano”. Questo fa il paio con l’altro grande protagonista dell’assemblea: il comportamento individuale. In presidenza non ci sono bottiglie di plastica ma solo borracce, l’invito a cambiare gli stili di vita è ripetuto e con esso il no al consumismo e la battaglia per il “riciclo e il riuso”. C’è chi propone di istituire la tassa su chi inquina o misure come le cauzioni sui bicchieri di vetro per i locali invece di utilizzare la plastica.
Accordo sulla forma orizzontale e “flessibile” del coordinamento nazionale che non deve pesare sulle realtà locali e deve decidere consensualmente. E poi l’invito alla prossima grande giornata di mobilitazione, il 24 maggio, lo “strike”, lo sciopero generale per il clima. Ci sarà molta gente, molti giovani, così come ce ne saranno molti il 19 aprile, venerdì prossimo, a Roma all’appuntamento consueto del venerdì per protestare sul clima. Quel giorno è prevista la presenza della star del momento, quella che genera l’entusiasmo acritico e aprioristico dei “progressisti” e l’antipatia dei populisti antimondialisti. Greta Thunberg, la sedicenne che senza saperlo ha già spostato gli equilibri. In attesa di cambiare il mondo.
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Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - I leader arabi concordano di istituire un fondo fiduciario per finanziare la ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dalla guerra, sollecitando il contributo internazionale per accelerare il processo di ricostruzione. Secondo il comunicato finale del vertice della Lega araba al Cairo, visionato dall'Afp, il fondo "riceverà impegni finanziari da tutti i paesi donatori e dalle istituzioni finanziarie" per realizzare progetti di ricostruzione nel territorio.
Tel Aviv, 4 mar. (Adnkronos) - Il Ministero degli Esteri israeliano afferma che la dichiarazione del vertice arabo tenutosi al Cairo per discutere della ricostruzione di Gaza non ha affrontato la realtà della situazione successiva al massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. "È degno di nota che il feroce attacco terroristico di Hamas non venga menzionato e che non vi sia nemmeno una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate", afferma la dichiarazione.
il ministero elogia invece il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di trasferire i cittadini di Gaza, sostenendo — nonostante Trump parli di trasferire tutta la popolazione della Striscia — che in base a questo, "c'è un'opportunità per i cittadini di Gaza di scegliere liberamente. Questo deve essere incoraggiato".
Sana'a, 4 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno abbattuto un drone statunitense nei cieli della città portuale di Hodeidah nello Yemen. Lo ha dichiarato portavoce del gruppo, Yahya Saree, in un post su Telegram.
Washington, 4 mar. (Adnkronos) - Secondo due fonti informate sui colloqui, gli Stati Uniti e l'Ucraina potrebbero firmare l'accordo sui minerali già oggi. Lo rende noto Abc News, secondo cui Trump ha indicato ai suoi principali consiglieri che vorrebbe concludere l'accordo prima del suo discorso congiunto al Congresso.
Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - Il vertice arabo convocato al Cairo ha adottato un piano egiziano per la ricostruzione di Gaza. Lo ha affermato il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi in una dichiarazione conclusiva. Il piano mira a contrastare le proposte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per una "Riviera mediorientale" con un piano per ricostruire la Striscia devastata senza sfollare la sua popolazione.
Parigi, 4 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente francese Emmanuel Macron ha accolto con favore la volontà del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky “di riprendere il dialogo con gli Stati Uniti d'America”, secondo quanto riferito dall'Eliseo.
Il capo di Stato “ha ribadito la determinazione della Francia a lavorare con tutte le parti interessate per attuare una pace solida e duratura in Ucraina”, ha dichiarato la presidenza.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - Elly Schlein è netta sul piano lanciato oggi da Ursula Von der Leyen. "Noi non ci stiamo", la posizione della segretaria del Pd. Una linea che, pur con sfumature diverse, trova d'accordo anche l'area riformista dem. Servono "modifiche", dice Lorenzo Guerini. In particolare, a mettere tutti d'accordo è la bocciatura della proposta della presidente della Commissione Ue sulla possibilità di dirottare i fondi di Coesione sulle spese per la difesa. E non solo. Anche la deroga al patto di Stabilità da parte dei singoli Stati, fuori da regia e investimenti comuni sulla difesa, è giudicata un errore trasversalmente tra i dem.
Schlein ha già annunciato che porterà la posizione del Pd alla riunione dei Socialisti e Democratici giovedì mattina a Bruxelles, il pre-vertice che precede il Consiglio europeo straordinario. In vista dell'appuntamento Schlein oggi ha sentito il premier spagnolo Pedro Sanchez. "Una lunga conversazione sullo scenario internazionale e la complicata situazione mondiale", fanno sapere fonti dem. Quella del Pd è la delegazione più numerosa nella famiglia socialista europea. Senza l'ok dei socialisti il piano Von der Leyen traballa. "È il momento delle scelte e della chiarezza. Abbiamo bisogno di una risposta all'altezza della sfida globale - strategica, economica, politica - al ruolo dell'Europa nel mondo. E questa risposta non è quella presentata oggi", rimarca Schlein.
Negli equilibri interni al Pd, la sollecitazione dei riformisti è quella di lavorare per modificare il piano Von der Leyen, "aiutare ad andare nella direzione giusta" ed evitare che ci si arrocchi in un "no a tutti i costi". L'importante, si spiega, "è non mettere in discussione la necessità dell'aumento di risorse per la difesa europea". Per Guerini si tratta di un'esigenza "ineludibile". Quindi la sollecitazione del presidente del Copasir: "Ora bisogna mettersi al lavoro, innanzitutto all’interno del Pse, per confermare in maniera convinta il nostro impegno per maggiori investimenti e capacità militari europee provando a dare un indirizzo più coerente agli strumenti per farlo".
Per Schlein "quella presentata oggi da Von Der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse". Anche il titolo 'Rearm' ha fatto sobbalzare più di uno e anche la segretaria lo mette in evidenza. "Il piano Von Der Leyen, a partire dal titolo, punta sul riarmo e non emerge un indirizzo politico chiaro verso la difesa comune".
Quindi elenca i nodi: "Indica una serie di strumenti che agevolerebbero la spesa nazionale ma senza porre condizioni sui progetti comuni, sull’interoperabilità dei sistemi. Ci sono molti aspetti da chiarire, ad esempio su come funzionerebbe il nuovo meccanismo in stile Sure, per capire se finanzia progetti comuni o spesa nazionale. Ma questa -avverte- non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo".
"Noi -insiste- abbiamo un’idea precisa. Quello che serve oggi è un grande piano di investimenti comuni per l’autonomia strategica dell’Ue, che è insieme cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e anche difesa comune. Anche, ma non solo! Magari cancellando le altre cruciali priorità su cui i governi sono più divisi. È irrinunciabile contrastare le diseguaglianze che sono aumentate. Per questo è inaccettabile utilizzare i fondi di coesione per finanziare le spese militari nazionali".
Punti critici che vengono rilevati anche dai riformisti. Per Guerini "la proposta Von der Leyen definisce giustamente l’obiettivo in termini di risorse", ma "così come è stata prospettata necessita di essere modificata: è sbagliato l’utilizzo dei fondi di coesione e c’è poco coraggio a sostenere un vero salto in senso europeo delle spese per la difesa". Avverte Alessandro Alfieri: gli strumenti "che mettiamo in campo devono portare ad una maggiore integrazione delle principali aziende della difesa europea. In questo senso, se non vengono messe condizionalità alle deroghe al patto di stabilità, l’aumento dei bilanci dei singoli Paesi verrà speso prevalentemente su mercati extra Ue, da cui oggi dipendiamo per l’80%. Aumentando la dipendenza strategica dagli Usa anziché diminuirla".
Per il coordinatore della minoranza dem, il Pd non dovrà far "mancare il proprio contributo in tutte le sedi così come spiegheremo che serve una narrazione diversa che convinca le opinioni pubbliche europee a sostenere la sfida ineludibile della costruzione della difesa europea. Magari chiamando questa sfida Protect Europe invece di Rearm. Perché anche il linguaggio ha la sua importanza...”.
Interviene anche Giorgio Gori a sollevare criticità: sarebbe "un errore - ritengo, da parte della Commissione Europea - autorizzare maggiori spese per la difesa dei singoli Stati membri, in deroga al patto di stabilità, fuori da una comune regia. Ciò finirebbe per approfondire la frammentazione, senza apprezzabili benefici per la sicurezza comune. La deroga dal patto dovrebbe invece essere autorizzata solo per gli investimenti comuni: così si porrebbero le condizioni per l'avvio di un vero sistema di difesa europeo". E poi "ugualmente discutibile appare poi la contrapposizione tra spesa per la difesa e spesa sociale, suggerita dalla facoltà per gli Stati membri di attingere ai fondi per la coesione". Intanto questa mattina la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno ha lanciato un appello via social per un'Europa 'Libera e forte' in 5 punti, difesa comune compresa. Oltre duemila, finora, le adesioni.