Senza i trojan l’inchiesta sulla sanità umbra sarebbe stata probabilmente monca. È anche grazie alle intercettazioni registrate dal captatore informatico, che la procura di Perugia ha ottenuto l’arresto dell’ex sottosegretario del Pd Giampiero Bocci, dell’assessore alla Sanità della Regione, Luca Barberini, di Emilio Duca e Maurizio Valorosi, direttore generale e amministrativo dell’Azienda ospedaliera umbra. Nell’inchiesta è indagata anche la governatrice dem della Regione, Catiuscia Marini. Le accuse, a vario titolo, sono di abuso d’ufficio, rivelazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento e falso per le irregolarità commesse durante un concorso per le assunzioni in ambito sanitario.
Il trojan nel telefonino di Duca – A leggere le 80 pagine dell’ordinanza firmata dal gip di Perugia Valerio d’Andria si scopre che nelle indagini la Guardia di finanza ha utilizzato il trojan. Il captatore informatico, spiega il gip, è stato attivato ” sull’utenze cellulare di Emilio Duca” e “ha consentito di documentare il significativo contenuto di alcuni colloqui tenuti dall’indagato al di fuori del suo ufficio”. Nella sua stanza in ospedale, infatti, Duca aveva le cimici. Fuori, però, era impossibile sapere cosa dicesse. Grazie al trojan installato sul suo cellulare, quindi, gli investigatori hanno potuto ricostruire tre passaggi fondamentali delle indagini: quando il direttore generale va in consiglio regionale e consegna le domande alla segreteria della governatrice, quando lo stesso manager della sanità apprende di essere sotto indagine. E poi quando chiede al suo direttore amministrativo di pagare con i soldi dell’Azienda sanitaria la ditta che gli ha bonificato l’ufficio dalle microspie. Un dialogo che gli costerà anche la contestazione di peculato. “Diversamente da quanto succede con le conversazioni telefoniche durante le quali gli interlocutori mostrano di essere molto circospetti – segnala il giudice – durante le conversazioni ambientali i dialoghi sono nella maggior parte dei casi di tenore univoco e non suscettibili di letture alternative a quelle prospettate”. Ma andiamo con ordine.
Il virus e le leggi: dalla riforma Pd e quella M5s – Il trojan è una sorta di virus informatico che viene inoculato dagli investigatori su dispositivi elettronici portatili. In pratica trasforma i telefoni cellulari in microspie ambientali. Uno strumento utilissimo per gli inquirenti, e ovviamente contestatissimo dagli avvocati difensori. Nel dicembre del 2017 la riforma penale Orlando del governo Pd aveva ristretto l’utilizzo dei trojan: per i reati di mafia e terrorismo era sempre possibile usarlo. Negli altri casi, invece, si poteva attivare solo se vi era “fondato motivo di ritenere che si stesse svolgendo l’attività criminosa“. Come si fa ad avere tale “fondato motivo”? È molto difficile. E infatti la riforma aveva di fatto neutralizzato l’utilizzo del virus spia in molte indagini importanti. La più nota è probabilmente quella su Alfredo Romeo, l’imprenditore al centro del caso Consip. Nel dicembre scorso, infatti, la Cassazione aveva scritto che nel suo caso le intercettazioni con i trojan erano “inutilizzabili” dato che erano state disposte “senza una reale notizia di reato perchè Romeo non era interessato dalle indagini di criminalità organizzata che si stavano compiendo”. Nel gennaio scorso, però, la legge Spazzacorrotti voluta dal guardasigilli Alfonso Bonafede ha colmato quel vulnus abrogando la norma che ne limitava l’uso solo quando vi era motivo di ritenere in corso l’attività criminosa. E soprattutto estendendone l’utilizzo anche nei procedimenti per delitti contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore al massimo a cinque anni.
“L’incontro con Marini:Qui ce so le domande, sta tranquillà”- In pratica è il caso dell’inchiesta umbra. L’episodio più importante va in scena tra il 9 e 10 maggio del 2018. Secondo gli inquirenti, Duca si muove per avere in anticipo le tracce del concorso sanitario per poi girarle ai politici. Dalle ambientali piazzate in ufficio, gli investigatori registrano Duca mentre si ripromette di consegnare le tracce a Bocci il giorno dopo. “Ah, anche Bocci è a Roma, me lo ha detto lui, ora gli mando un messaggio e domani pomeriggio quanto tornava su…gli porto le domande”. Quelle domande, secondo la ricostruzione del gip, Duca riesce ad averle il 10 maggio. “Si tiene così nello stesso 10 maggio una riunione tra Valorosi, Duca i tre presidenti delle commissioni dei concorsi in essere, Conte, Franconi e Ambrogi, durante la quale esplicitamente il Duca fa riferimento alla necessità di rispettare gli interessi dei loro ‘amministratori’. La consegna delle tracce scritte al Duca viene documentata quella stessa mattina, allorché la presidente della commissione Franconi consegna al Duca una busta con gli ‘argomenti”. Dopo la riunione il manager “si reca in consiglio regionale e ha un incontro con la presidente della regione Umbria Catiuscia Marini“. Come fanno gli investigatori a sapere cosa si dicono i due? Con il trojan. “Colloquio intercettato dal captatore informatico installato sull’utenza dell’indagato”, annota il gip. Che poi riporta la registrazione del telefonino di Duca: “Qui ce so le domande, tra quelle lì…sta tranquillà“, dice il manager alla governatrice. “Il Duca – scrive il giudice – riferisce alla Marini di avere le ‘domande’ in vista dello scritto che ci sarà tra cinque giorni e consegna un foglio al di lei segretario Valentino Valentini, al quale viene affidato il compito di portarlo ad una donna, nominativamente indicata come Cataldi”. All’epoca l’utilizzo del virus era stato scelto dagli investigatori perché pensavano che – dopo aver ottenuto le domande – Duca stesse chiaramente consegnandole ai politici indagati, commettendo così un reato. Ritenevano, in pratica, che si stesse svolgendo attività criminosa, come previsto dalla vecchia legge Orlando. Ma se così non fosse stato, avrebbero dovuto distruggere ogni registrazione ottenuta con il trojan. Oggi, invece, l’uso del virus spia è blindato dalla nuova legge Anticorruzione.
La fuga di notizie – La stessa cosa succede il 13 luglio quando Duca e Valorosi discutono dei timori legati all’esistenza di indagini in corso. È il passaggio in cui gli investigatori ricostruiscono la fuga di notizie sull’inchiesta in corso. “Duca dice che ha intenzione di far venire Pasquale Coreno per chiarire la situazione. Fissa un appuntamento presso un hotel insieme a Maurizio Valorosi”, annota il gip spiegando anche qui che “alcune parti della conversazione intercorsa tra i tre vengono intercettati mediante il captatore informatico”. All’incontro in hotel, ricostruisce il giudice, “Coreno rende edotti i suoi interlocutori sull’esistenza di un’indagine che, a quanto da lui appreso, starebbe per chiudersi (”stanno proprio chiudendo“). Il Coreno aggiunge che costituisce ragione di timore quanto è stato acquisito fino ad adesso (”che cosa hanno acquisito … omissis … quando nessuno sapeva niente e si parlava liberamente”)”.
La bonfica a spese dello Stato – Avendo saputo dell’indagine in corso, Duca corre ai ripari. Il 19 luglio il suo cellulare registra i colloqui del manager con Valorosi, Diamante Pacchiarini e Pasquale Coreno. “Costoro – riassume il giudice – si mostrano preoccupati di quanto riscontrato e Coreno consiglia agli interlocutori di cambiare i telefoni cellulari. Poi, si sente Duca fornire a Valorosi i dati da inserire nel documento fiscale da emettere in favore della ditta del Modena e in particolare indicare come intestatario la ‘direzione azienda ospedaliera’”. Modena è il titolare di una ditta di sicurezza: poche ore prima era entrato nell’ufficio di Duca e per verificare la presenza di microspie piazzate dagli investigatori. Subito dopo, grazie al trojan, gli inquirenti registrano Duca mentre chiede al suo direttore amministrativo d’intestare la fattura da 1.342 euro all’Azienda ospedaliera. In pratica si è fatto pagare con soldi pubblici la bonifica del suo ufficio.
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