Scienza

Cancro al colon, serve più prevenzione. Ma per combatterlo bisogna anzitutto saperne parlare

Nell’affollata conferenza in cui tutti ascoltavano in assoluto silenzio il professor Luc Colemont che parlava di retto, di colon, di primo stadio e secondo stadio, di colonscopia, di provetta e altro, mi è venuto in mente, apprezzando la grande capacità dell’oratore, le difficoltà della comunicazione della scienza. Un problema che ho seguito e affrontato negli anni della mia vita professionale e che ho messo in relazione a un problema quotidiano: i tanti medici che scrivono ricette incomprensibili e non spiegano al paziente quanto dovuto, per poi lamentarsi se gli stessi per capire qualcosa si rivolgono a Internet. Un problema annoso e di non facile soluzione.

Con delle eccezioni illustri, comunque. Chi non ha mai avuto problemi a spiegare il proprio lavoro, infatti, è stato il professor Umberto Veronesi. In un’intervista che feci a lui tempo fa, parlammo proprio dell’importanza della comunicazione della ricerca e della scienza, tema a lui molto caro. “Ho sempre pensato – mi rispose – che l’alleanza con la società è fondamentale per lo sviluppo della scienza e la condizione fondamentale perché questo avvenga è la trasparenza. Dunque credo che la comunicazione scientifica sia un bisogno che non dovrebbe sentire solo la gente, ma anche e soprattutto il mondo della ricerca scientifica. Per questo credo che sia un dovere etico del ricercatore far conoscere i risultati, i principi e i metodi del suo lavoro, non soltanto nell’ambito dei circuiti scientifici che accreditano il suo lavoro, ma anche alla società che si trova a capirne ed affrontarne le ricadute pratiche”.

Ecco, il lavoro che il professor Colemont sta facendo risponde proprio alle premesse del suo illustre collega. Chi è Luc Colemont? È un gastroenterologo di Anversa ed esperto di cancro al colon retto. È direttore di Stop Darmkanker, fondazione impegnata nella battaglia alla terribile neoplasia e gira il mondo per informare e convincere le persone ad aderire ai programmi di screening sul cancro al colon per avere salva la vita. Perché è un killer silenzioso, spiega. Quando viene diagnosticato in fase precoce, ci sono più del 90% di possibilità di guarire. Per questo è importante la prevenzione. Termine che ripete più e più volte, invitando al contempo tutti a fare il test. Fai il test è il suo slogan. Insomma, “informare ed educare la gente è il nostro primo dovere”, chiarisce.

Ecco. In una tranquilla serata in cui ti cala un avviso di questo tipo, quanti dietro di me avranno pensato “ma non era meglio andare al cinema, anziché venirmi a deprimere qua?”. Invece no. Il silenzio assoluto e le successive domande hanno dimostrato quello che ho sempre pensato negli anni in cui ho diretto Researchitaly, il portale internazionale di scienza del ministero dell’Istruzione, università e ricerca, fortemente voluto dal ministro Francesco Profumo per far conoscere a tutti problematiche altrimenti sconosciute ai più.

La gente vuole sapere. La gente vuole essere informata. La gente è assetata di conoscenza perché vuole vivere bene, salvaguardare la propria salute e salvarsi da malattie terribili come il cancro. “E’ la consapevolezza che salva la vita – ribadisce Colemont – perché questa è una patologia che si ferma con la prevenzione”. Lo testimoniano i visi dei suoi pazienti che appaiono sullo schermo. Ma non fa sconti però quando dice “questo ce l’ha fatta e questo no. Questo lo ha preso in tempo e quest’altro quando è venuto lo aveva già in fase avanzata”. Insomma la sua sfida è quella di rendere la malattia al colon il più popolare possibile. E quindi più affrontabile. Un po’ come è accaduto per il cancro al seno, che si avvale di una propria simbologia, il nastro rosa e il mese dedicato alla prevenzione, ottobre. Per il cancro al retto ora c’è il nastro blu e il mese di marzo per diffondere il messaggio con conferenze, monumenti pubblici illuminati di blu e altro ancora per sensibilizzare a questo concetto di cura.

Perché in futuro questa malattia deve diventare rara, ripete il professore andando avanti e indietro sul palco. E sciorina cifre. Cifre per nulla confortanti. Nei primi tre mesi di quest’anno in Italia ci sono stati 141 nuovi casi e 52 morti al giorno. Dopo il cancro al polmone è lui il killer. Un killer che in fase iniziale si presenta senza sintomi, ma che poi può dare dei segnali che non si devono per niente sottovalutare e si dovrà davvero correre subito ai ripari. Il killer nasce da piccole formazioni benigne dai nomi noti: polipi e adenomi. Di questi, e per fortuna il processo è molto lento, solo una piccola percentuale può trasformarsi in tumore. Ci impiega dagli otto ai dieci anni. Per cui è importante – lo ripete ancora una volta – fare il test, perché la diagnosi precoce è importantissima. A supporto lo dice anche anche Dirk, il suo fumetto di 56 pagine scritto in quattro lingue. Prossimamente sarà anche in italiano.

Colemont, scienziato e comunicatore a tutto tondo, è molto attivo anche sui social. E quando può risponde, assicura. Ammettiamolo. Ha stregato tutti e nessuno si è pentito di non essere andato al cinema. In molti alla fine lo circondano riempiendolo di domande, mentre altri sono già pazientemente in fila ai tavoli organizzati dalla Asl a prendere le provette del test. Il messaggio professore è dunque arrivato. Chiaro e forte. Grazie.