A raccontarlo è il Corriere della Sera che dà notizia di tre audit commissionati dall'azienda a Kpmg, al penalista Paolo Siniscalchi e al giuslavorista Arturo Maresca e consegnati alla procura di Milano. Nessun commento da parte dell'azienda del cane a sei zampe che ha commissionato i rapporti e li ha consegnati ai pm. L'avvocato ha confessato di essere lui la mente del depistaggio per fuorviare le indagini sulla maxi-tangente pagata in Nigeria
Per anni lo hanno considerato come un legale esterno. Anzi: un ex legale esterno. E impiegato solo occasionalmente. Adesso, però, si scopre che lo studio dell’avvocato Piero Amara ha incassato dall’Eni 11 milioni di euro. A raccontarlo è il Corriere della Sera che dà notizia di tre audit commissionati dall’azienda a Kpmg, al penalista Paolo Siniscalchi e al giuslavorista Arturo Maresca e consegnati alla procura di Milano. Nessun commento da parte di Eni. Per i pm guidati da Francesco Greco l’avvocato siciliano fa parte di “un’associazione a delinquere” finalizzata a “concordare un depistaggio” del processo sulle tangenti Eni in Nigeria, tramite “esposti anonimi e denunce nel 2015-2016 alla procura di Siracusa” su un fantomatico “complotto contro l’amministratore delegato Eni Claudio Descalzi”. È la nota storia del dossier creato per fuorviare le indagini sulla maxi-tangente pagata dall’azienda del cane a sei zampe per acquisire il giacimento Opl 245 in Nigeria, in cui figurava indagato proprio Descalzi.
L’avvocato ha confessato di essere lui la mente di quel depistaggio. Amara, infatti, è finito al centro di più inchieste giudiziarie: arrestato a Messina per corruzione, ha patteggiato tre anni a Roma per le tangenti ai giudici del congilio di Stato. È il personaggio considerato al centro del cosiddetto “sistema Siracusa”. A questo legale dal 2003 l’Eni ha versato 11 milioni: ben 7,6 in 179 parcelle fra il 2011 e il 2017. Come racconta il giornalista Luigi Ferrarella i legami di alcuni manager con Amara, sommati ai “difetti di tracciabilità delle parcelle, significativi scostamenti e reiterate violazioni di procedure”, hanno portato a una serie di sostituzioni nelle poltrone al vertice dell’Eni. Massimo Mantovani, promosso nonostante fosse indagato nell’inchiesta sul depistaggio, perderà la guida della divisione Gas&Power, praticamente la casella numero tre del gruppo: Descalzi ha deciso di mandarlo a Londra, negli uffici di una società Eni in Norvegia. Andrà via anche l’ex vice degli affari legali, Vincenzo Larocca, dal 2016 al timone della società ambientale Syndial. Verifiche anche sul numero due della società energetica, Antonio Vella, che guida la divisione Esplorazione e produzione.
Dall’audit emerge che già nel 2012 era finita sui giornali la notizia del patteggiamento di Amara a 11 mesi per accesso abusivo a sistema informatico. Il 3 agosto di quell’anno Mantovani scrive a Larocca “Presumo tu abbia letto su procura Siracusa e menzione avv Amara. Abbiano pratiche su Siracusa dove siamo assistiti da Amara?”. Risposta: “Su Siracusa non credo proprio. Se c’ è qualcosa è roba minore. Verifico comunque”. Quella “roba minore” sarà liquidata ad Amara con una parcella da 395mila. L’audit ricostruisce anche i rapporti personali dei manager con Amara.
Mantovani non ricorda quando ha conosciuto “fisicamente Amara”. Kpmg scrive che Mantovani invita Amara a casa per una cena nel periodo di Pasqua nel 2017, quando era già noto il coinvolgimento nel “complotto anti Descalzi” (poi rivelatosi falso) di Alessandro Ferraro, braccio destro di Amara. Vella, invece, giustifica i 19 ingressi insieme al legale nella sede centrale di Eni come “aggiornamenti sulle vicende siciliane di Eni”. Aggiornamenti molto costosi.