Duemila in più solo nelle ultime 24 ore. La guerra tra le milizie fedeli a Khalifa Haftar e quelle leali al governo di Fayez Al Sarraj alle porte di Tripoli non cessa di produrre sfollati: secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari il numero dei libici che hanno deciso di lasciare le proprie case nella capitale e nei suoi dintorni è salito a 16mila. Nel pomeriggio il generale Mohammed Al Manfur, comandante dell’Aeronautica di Tripoli, ha annunciato che le forze governative libiche hanno abbattuto un caccia delle forze di Haftar nell’area di Wadi Rabie, a sudest della capitale. Intanto l’Organizzazione mondiale della sanità ha aggiornato il bilancio delle vittime: sono almeno 121 le persone che sono state uccise e 561 quelle ferite dall’inizio di un’offensiva, il 4 aprile, da parte dell’uomo forte della Cirenaica.

Che oggi è volato al Cairo per incontrare il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. “Il presidente Abdel Fattah al-Sisi, nel suo incontro oggi al palazzo Al Ittihadeya con il maresciallo Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico, ha esaminato novità e sviluppi della situazione in Libia”, scrive l’agenzia ufficiale egiziana Mena. Secondo Sky News Arabiya, emittente basata negli Emirati arabi uniti (che appoggiano Haftar), Al Sisi ha confermato “il sostegno dell’Egitto agli sforzi della lotta contro il terrorismo e le milizie estremiste per realizzare la sicurezza e la stabilità della Libia”. L’appoggio del Cairo è anche “agli sforzi mirati a porre le basi di uno Stato civile stabile in Libia e ad avviare la ricostruzione”, si legge ancora.

Nonostante i buoni rapporti con l’Italia sponsor del governo Sarraj, l’Egitto è insieme alla Russia e alla Francia grande alleato di Haftar. Sono i tre fattori che uniscono il presidente egiziano e il leader della Libyan National Army. Haftar in Libia è uno strenuo oppositore dei Fratelli Musulmani, al punto che la presenza dei rappresentati del Qatar – finanziatori di questi ultimi e del governo Sarraj – ha dato lo spunto al maresciallo per disertare l’assemblea principale della Conferenza sulla Libia organizzata dall’Italia a Palermo il 12 e il 13 novembre. Da parte sua contro l’organizzazione che mira a ricondurre l’islam al centro della vita politica e sociale della comunità musulmana Al Sisi ha condotto in Egitto una spietata repressione dopo il suo arrivo alla presidenza. La Libyan National Army di Haftar, inoltre, ha sconfitto l’Isis a Derna e a Sirte e controlla l’est del Paese, fungendo da argine contro le infiltrazioni terroristiche nel confinante Egitto.

Il Cairo ha a cuore, poi, la sorte delle centinaia di migliaia di egiziani emigrati in Libia per lavorare, che spediscono ogni anno in madrepatria miliardi di dollari in rimesse, vitali per un’economia piagata da una forte crisi economica e sociale come quella egiziana, e che con lo scoppio della guerra rischiano di dover tornare. Con la prospettiva certa che il tessuto sociale non abbia la capacità di riassorbirli. Poi c’è la questione energetica. Nell’ottica di un rilancio economico del Paese, Al Sisi mira a partecipare a una redistribuzione delle risorse libiche nel caso in cui Haftar riesca a prendere il potere.

Anche l’Italia si muove: Mohammmed Bin Abdulrahman Al Thani, vicepremier del Qatar sostenitore di Al Sarraj, sarà a Roma lunedì pomeriggio per un incontro bilaterale con il premier Giuseppe Conte, che propone per l’Italia “un ruolo di facilitatore” nel processo di stabilizzazione e pacificazione.

Sul terreno, intanto, i combattimenti proseguono sulle linee del fronte già aperte nella zona a sud di Tripoli, in Libia, in particolare ad Ain Zara e al-Swani. Rimane alto l’allarme per le vittime civili e sabato un raid aereo, attribuito dal governo di accordo nazionale all’Esercito nazionale libico, ha colpito una scuola ad Ain Zara, a sud della capitale. Le forze fedeli ad Haftar hanno a loro volta accusato i gruppi armati di Sarraj di aver condotto un raid aereo e “colpito dei civili” nella regione di Gasr Ben Ghachir, circa 30 chilometri a sud di Tripoli. Tra venerdì e sabato il Gna ha eseguito 21 attacchi aerei su “postazioni militari” dell’Eln e sulle sue linee di rifornimento, secondo quanto dichiarato dal colonnello Mohamad Gnounou, portavoce delle forze del Gna.

Gnounou ha anche rivendicato “grandi avanzamenti su tutti i fronti, e in particolare a el-Azizia, a circa 50 chilometri a sud di Tripoli, dove una caserma è più volte passata sotto il controllo di una o dell’altra parte in conflitto. “Non abbiamo cominciato questa guerra, ma saremo noi a decidere l’ora e il luogo in cui finirà”, ha proseguito il portavoce. Nel frattempo un altro portavoce del Gna, Mohanad Younes, ha aggiunto che le forze fedeli all’esecutivo con base a Tripoli si preparano a passare “dalla fase difensiva all’offensiva“. Da parte sua, anche il generale Ahmad Al Mesmari, portavoce delle forze di Haftar, ha indicato che queste ultimi “avanzano su tutti i fronti”, contro i “terroristi” e “criminali” delle forze di Serraj.

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